La nuova agenda abortista dell'Onu passa nel silenzio generale
(Fonte: Nocristianofobia.org) Si aspettavano delle reazioni. Ma non ce ne sono state. Neanche una protesta, un dissenso, una critica. Nemmeno in politichese stretto. Così venerdì scorso è passata nel silenzio generale e senza obiezioni di sorta la Nota orientativa presentata all’Onu dal Segretario Generale, Ban Ki-moon, e messa a punto dai suoi alti funzionari. Ch’erano sulle spine, temendo battaglia. Invece niente. E chi tace, di solito, acconsente. Questa è stata una sorta di lancio ufficiale del new style, alle Nazioni Unite. Lancio perfettamente riuscito. Almeno al momento.
Cosa prevede tale direttiva? Che nelle zone di conflitto si promuova la pratica abortiva come sorta di «risarcimento» in caso di violenza sessuale. Certo, mai prima d’ora si era osato tanto, almeno pubblicamente. Andando ben oltre le proprie competenze istituzionali, infischiandosene dei confini del proprio mandato e della sovranità degli Stati membri. Anzi, di più: per la prima volta in assoluto, a questi livelli dell’Onu, si è parlato di promozione dell’aborto così esplicitamente. Il documento approvato sprona addirittura tutti coloro che siano in grado di esercitare pressioni e promuovere azioni di lobby ad intervenire nel proprio Paese, affinché vi si modifichino al più presto le leggi troppo pro-life, liberalizzando l’interruzione di gravidanza.
Nessuno può giustificarsi, dicendo di non aver capito: Phumzile Mlambo-Ngcuka, direttrice dell’agenzia Onu per le donne, nel suo breve discorso ha sottolineato chiaramente e volutamente, indugiandovi, il passaggio della Nota, che contiene la nuova direttiva pro aborto. Ha detto che quest’iniziativa fa parte di una «grande battaglia» nell’«eguaglianza di genere». Il tono era quasi quello di una sfida, nel tentativo di provocare una reazione. Che non c’è stata. Alla fine, ha tuttavia dovuto anche riconoscere come tale direttiva non abbia alcun valore né normativo, né giuridico, tanto meno vincolante, qualora non fosse recepita dai singoli Stati: “Se abbandonata a questo livello, da sola non è sufficiente”, ha ammesso, spronando quindi i Paesi membri a modificare le proprie leggi. Anche Ivan Šimonović, viceresponsabile dell’ufficio per i Diritti Umani dell’Onu, ha confermato come il contenuto della Nota, di per sé, sia del tutto inutile. Così ha suggerito un possibile contrattacco verso le Nazioni eventualmente “inadempienti”: secondo lui, si potrebbero esercitare su di esse pressioni tramite gli organismi previsti dai Trattati, mediante relazioni speciali o ricorrendo alla procedura denominata Revisione Periodica Universale, così da giungere all’obiettivo, quello di liberalizzare ovunque le leggi abortiste.
Perché, allora, quei silenzi, di fronte ad un simile annuncio anche da parte dei Paesi normalmente a favore della vita? Vi sono tante possibili spiegazioni. Una è, ad esempio, che, non essendo la Nota in alcun modo vincolante, si sia preferito star zitti, per passare ad occuparsi delle cose che contano e delle vere priorità, riservandosi poi di affossare tale disposizione, non dandovi alcun seguito in casa propria. Inutile sollevar battaglie sul nulla, insomma, quando si ha bisogno dell’Onu per finanziare programmi molto più urgenti e vitali. Il mutismo immobilista, cui si è assistito, appare comunque deprecabile, perché è sulle questioni di principio, che di solito i “buoni” latitano ed i “furbi” sguazzano.
In ogni caso l’Onu, pur intascando un punto a favore, sa che la battaglia resterà provvidenzialmente tutta in salita. Già lo scorso marzo la Colombia si è rifiutata senza tanti giri di parole di qualificare l’aborto come un diritto in caso di stupro nelle situazioni belliche. Lo ha fatto ufficialmente e formalmente. Non solo: secondo diverse fonti, vari Stati membri delle Nazioni Unite, principalmente dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia, starebbero preparando un avvertimento al Segretario Generale su questa ed altre questioni, ritenendo che l’Onu si sia immischiato in faccende e prerogative, che non gli competono e che anzi appartengono esclusivamente alla sovranità degli Stati nazionali.
Ma quale voleva essere l’obiettivo principale, cui hanno puntato gli alti funzionari del Palazzo di Vetro? I Paesi africani in primis, molti dei quali si trovano per l’appunto in una situazione di conflitto o ne sono appena usciti. A far problema, è il fatto che questi Stati per la maggior parte vietino l’aborto senza se e senza ma. Per questo sono finiti nel mirino di questa nuova campagna delle Nazioni Unite, che viceversa, in tali aree del pianeta, dovrebbero limitarsi ad aiutare le persone in pericolo.
Secondo l’agenzia InfoCatólica,«il fatto che il Segretario Generale dell’Onu usi le situazioni post-belliche come clava per promuovere l’aborto costituisce uno scandaloso fallimento morale ed un tradimento della fiducia riposta nell’istituzione, ch’egli rappresenta». Venerdì scorso ha vinto una battaglia. V’è da sperare che non vinca anche la guerra…
(Fonte: Nocristianofobia.org)