La destra e la sinistra

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Jean Madiran, La destra e la sinistra, Fede e Cultura 2012, pp. 96, Euro 10,50

 

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Prefazione di Francesco Agnoli

Quante volte, alla fine di una discussione sulla famiglia, l’aborto, l’attualità o altro, mi sono sentito dire, con tono inquisitorio, da un interlocutore accigliato e inorridito: «Ma tu, allora, sei di destra?».

Ogni volta mi sono trovato disarmato, incapace di comprendere l’importanza di una simile etichetta appiccicata, con rabbia e con un non velato senso di superiorità, all’avversario. Ogni volta ho risposto: «Non sono certamente di sinistra».

Una risposta breve, chiara che però appariva, anche a me, cresciuto come tutti nel dualismo categorico destra-sinistra, in qualche modo incompleta.

Dopo la lettura di questo saggio di Madiran, invece, mi sento sollevato. Come nota il grande scrittore francese, infatti, la destra altro non è che una invenzione, una prigione, un lazzaretto per lebbrosi, creato dalla sinistra per rinchiudervi tutti coloro che non sono omogenei al suo pensiero unico e dogmatico. Chi è di destra, lo decide la sinistra. La destra è un ghetto in cui la sinistra rinchiude, etichettandoli, gli avversari. Che saranno sempre "conservatori", "antidemocratici", "reazionari" eccetera, mentre a sinistra vi è il bene, sempre e comunque.

Non si chiamava "democratica", sino a pochi anni fa, la parte della Germania in cui vigeva una dittatura comunista? Così come si chiama ancora oggi "popolare" la Cina dittatoriale e comunista. Il Partito Comunista Italiano non è prontamente diventato PDS (Partito dei Democratici di Sinistra), appena caduto il muro di Berlino e si è vista quale fosse la "democrazia" di Germania dell’Est, Romania, Albania, URSS, eccetera? E non si chiama oggi PD, cioè "Partito Democratico", nonostante sia guidato ancora da chi è cresciuto inneggiando alla Russia "patria dei lavoratori", con la bandiera rossa in mano?

Loro, quelli che stanno a sinistra, sono la democrazia, il popolo, il progresso. Contro ogni verità rivelata e trascendente, possiedono ogni verità umana e immanente, conoscono ciò che è bene e ciò che è male, sebbene siano relativisti; condannano al paradiso o all’inferno, senza credere in Dio.

È un fatto storico. Inizia con la Rivoluzione Francese, madre di tutte le rivoluzioni: quella comunista, quella fascista, quella nazional-socialista.

Madiran, che è francese, lo sa molto bene. I maestri di tutto – esaltati da Lenin e dai rivoluzionari russi che cantavano la Marsigliese ed esaltavano la ghigliottina, ma anche da Mussolini, da Mao e da Pol Pot – sono i membri della sinistra rivoluzionaria francese: i "democratici" giacobini. Coloro che scriveranno, nella Costituzione del 1793, che tutti hanno diritto di voto e che il potere appartiene al popolo. Gli stessi che erano andati al potere, eliminando con la galera e la ghigliottina i loro vecchi compagni, i girondini, sino a poco prima seduti anch’essi a sinistra. Quelli che una volta ottenuto il potere e confezionata la Costituzione democratica, non la applicheranno mai, e perderanno il loro potere solo dopo aver ghigliottinato migliaia e migliaia di persone e dopo essersi uccisi tra di loro.

Robespierre è il padre di tutte le sinistre: lui, l’"incorruttibile", il "virtuoso", il moralista, che agisce per il bene del popolo, ma non attraverso il popolo; che forse neppure ha mai visto, come racconta qualche storico, quella ghigliottina che ha fatto funzionare senza tregua per mesi. Robespierre: colui che vuole portare la democrazia, passando per la dittatura. Sempre in nome della libertà, della eguaglianza, della fraternità. Lui che impone il prezzo massimo delle merci, distrugge l’economia francese e spinge un intero popolo a cercare nell’esercito e nella guerra l’unico modo per sopravvivere. Lui che consegna a Napoleone, giovane ufficiale giacobino, un popolo disperato, destinato a oltre vent’anni di guerra ininterrotta per esportare la "libertà" con le baionette.

È l’amico di Robespierre, il giacobino Danton, che, prima di essere mandato a morte dallo stesso Robespierre, gli fornisce gli strumenti: il tribunale rivoluzionario, cioè l’antenato dei tribunali del popolo sovietici, nazisti, cubani… e la "legge dei sospetti", quella per cui ogni cittadino è un potenziale nemico, un "controrivoluzionario di destra", anche se non lo sa o se, per paura, non lo ha mai detto neppure a sua moglie.

Chi studia la storia di questi ultimi due secoli e mezzo, si accorge, dunque, molto chiaramente di cosa intenda Madiran, quando allude alla capacità della sinistra di guidare il gioco "destra-sinistra", stabilendo lei dove piazzare personaggi e pedine. Decidendo spesso di mettere a destra persone che sino a qualche tempo prima accoglieva, nutriva, coccolava e scaldava nel suo seno.

"Stalin" ricorda Madiran "trovava ancora uomini di destra da fucilare anche all’interno del Partito Comunista", dopo più di vent’anni di comunismo. Le purghe staliniste, grandi e piccole, colpirono rivoluzionari della prima ora, da Troskij a Bucharin, passando per milioni di iscritti al Partito Comunista. Come aveva fatto Robespierre, eliminando Danton, Desmoulins, Hébert… e come avrebbero fatto Mao e i suoi successori in Cina, in una notte dei lunghi coltelli durata decenni.

E Mussolini, l’inventore del fascismo? Non era forse il brillante anarchico-socialista romagnolo, che Lenin aveva elogiato come l’unico vero rivoluzionario italiano, leader dei socialisti massimalisti italiani e direttore del quotidiano socialista l’"Avanti!"? Non era forse cresciuto leggendo e declamando Marx, Sorel e tutta la saggistica e la letteratura di sinistra? Non era forse l’amico del socialista irredentista trentino Cesare Battisti, che lo avrebbe introdotto all’interventismo nazionalista?

In verità, si potrebbe notare quanta somiglianza vi sia tra la statolatria comunista e quella fascista! Tra il Mussolini antidemocratico socialista, che predicava la chiusura del Parlamento, in nome della dittatura del proletariato, e il Mussolini fascista, circondato di ex socialisti come lui, da Farinacci a Bianchi, che delegittimò il Parlamento in nome della dittatura propria!

È un fatto storico innegabile che il fascismo e il nazionalsocialismo siano debitori, per molti versi, del socialismo; che la rivoluzione comunista venga prima di quella fascista e di quella nazista, non solo in ordine di tempo; che le guardie rosse vengano prima delle squadracce fasciste; che i gulag siano sorti prima dei lager e che i lager siano stati costruiti prendendo esempio dai gulag. Sono fatti storici la somiglianza tra il materialismo comunista e il materialismo biologico nazionalsocialista, come pure il patto von Ribbentrop-Molotov tra la Germania di Hitler e l’URSS di Stalin, che aprì la porta alla seconda guerra mondiale!

Anche la destra moderna, nazionalista e statalista, insomma, è un’invenzione, in buona parte, della sinistra: sia perché la sinistra spesso le ha fornito i capisaldi, sia perché sempre la sinistra ha poi stabilito dove piazzare chi. Per stare all’attualità italiana: non erano ardenti fascisti, prima di passare a sinistra, i Malaparte, gli Scalfari, i Bocca, i Fo?

Se la destra è allora un’invenzione della sinistra, in molti sensi, non rimane che riconoscere, con Madiran, che fuori della sinistra non vi è che il Cristianesimo. Fuori dal mondo salvato dall’Uomo, dall’Utopia, dal messianismo politico comunista o nazionalsocialista, dalla statolatria, dallo scientismo, dall’ecologismo eccetera, non vi è che l’uomo creato da Dio e salvato da Cristo.

Oltre la giustizia e l’eguaglianza imposte dall’alto, dallo Stato che prende il posto di Dio, non vi è che la rivoluzione "interiore e personale", la conversione dei cuori, la libertà cercata da Dante nel suo cammino spirituale. Fuori dalle religioni atee della politica, che ci hanno regalato campi di concentramento e guerre mondiali, non c’è un altro partito, un’altra rivoluzione, un altro Potere mondano, perché "la porta stretta del Cristianesimo è, sicuramente, di cercare dapprima il regno di Dio e la sua giustizia e il resto sarà donato in sovrappiù".

Buona lettura.

Francesco Agnoli

Introduzione di Roberto de Mattei

La pubblicazione di questo volumetto di Jean Madiran, ottimamente curato da Carlo Manetti, giunge in Italia particolarmente opportuna in un momento di estrema confusione politica

Una delle cause del fallimento dello schieramento convenzionalmente riconosciuto come "destra" è proprio la mancanza di quella riflessione assiologica sulla politica di cui l’opera di Madiran ci offre un eccellente esempio.

Sul piano semantico, la nascita, o l’"invenzione", della diade destra-sinistra si situa, nel contesto storico della Rivoluzione francese. Si può risalire anche ad una data precisa: quella del venerdì 28 agosto 1789, quando l’Assemblea nazionale costituente affrontò il problema del "veto" sovrano. Alla destra del presidente si raggrupparono i deputati favorevoli al veto, a sinistra coloro che erano ostili a questa attribuzione di poteri al sovrano. Più in generale, a partire da questo momento, alla destra dell’emiciclo si schiereranno i difensori del Trono e dell’Altare, a sinistra i fautori di quello che sarà il trinomio rivoluzionario «Liberté-Egalité-Fraternité». Ben presto però, in un processo di inesorabile slittamento verso sinistra, a destra si schiereranno i "girondini" e a sinistra il partito giacobino. Il Centro comprendeva la maggioranza dei parlamentari: una massa debole e ondivaga, priva di una precisa ideologia, che venne facilmente agganciata e trainata dalla minoranza di Sinistra nella sua marcia allucinante verso il Terrore. Risale alla Convenzione il termine efficace di "palude", in francese "Marais", quando tra la destra girondina e la sinistra montagnarda, si allargò un confuso acquitrino politico, pronto a tutti i compromessi e a tutti i tradimenti. La palude è da allora il prototipo di ogni centro politico: uno spazio privo di anima e di contenuti, geometricamente equidistante dai poli estremi, ma ideologicamente e psicologicamente dipendente dalla sinistra. Può essere che destra e sinistra siano categorie storiche. Ma la "terza forza", il centro moderato è una categoria perenne. A differenza dei termini destra e sinistra, che hanno una chiara connotazione politico-ideologica, quello di centro ha infatti un significato ambivalente. perché non si riferisce solo all’ambito politico, ma evoca allo stesso tempo un’attitudine mentale ed è presente in tutti i campi, compreso, purtroppo, quello ecclesiastico.

Delio Cantimori, a cui si devono le voci Destra e Sinistra nel Dizionario di Politica apparso nel 1940, ha sottolineato come "il paese dove il termine ‘destra’ in senso ideologico ha (come l’altro antitetico di ‘sinistra’) un significato più preciso e fondato su una interrotta tradizione è la Francia".

È in Francia infatti, che il processo aperto dalla Rivoluzione si dipana nel corso del XIX e del XX secolo con maggiore linearità e chiarezza, anche se i termini di destra e di sinistra sono stati impiegati per descrivere realtà complesse, multiformi, talora contraddittorie. René Rémond ha ben descritto la storia della destra francese, dal 1815 ai nostri giorni, considerandola nelle sue tre principali anime e tendenze: la ultra, la bonapartista e l’orléanista. "La prima di esse riprende la dottrina della contro-rivoluzione, già propria degli ultras della Restaurazione; è la tradizione fatta sistema e eretta a politica. La seconda, conservatrice e liberale, eredita dall’orléanismo la sua base ideologica. La terza ha operato un amalgama di elementi eterogenei all’insegna del nazionalismo di cui il bonapartismo era stata un’anticipazione".

Nella storia francese, mentre assistiamo a un incessante processo di rinnovamento e di trasformazione della sinistra che finisce col coinvolgere tutte le destre diverse da quella contro-rivoluzionaria, quest’ultima continua a rappresentare il polo stabile e permanente dello schieramento. È a questa scuola contro-rivoluzionaria che dichiara di appartenere Jean Madiran, che ricorda, tra gli esponenti contemporanei di questa scuola in Francia, i nomi di Henri (1883-1975) e André Charlier (1895-1871), Henri Massis (1886-1970), Louis Salleron (1905-1989), Marcel De Corte (1905-1994), Jean Ousset (1914-1994).

La via maestra della Contro-Rivoluzione cattolica, che Madiran indica in questo saggio, è "la politica del Vangelo", l’unica che un cattolico può contrapporre ai tentacoli proteiformi della vera sinistra e delle false destre. "La porta stretta del Cristianesimo – scrive – consiste, sicuramente, nel cercare dapprima il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto sarà donato in sovrappiù. È la regola principale di tutto, e dunque anche in politica". Il rispetto della legge naturale è il primo passo che lo scrittore francese suggerisce per osservare tale regola aurea. Le grazie della Redenzione seguiranno. Tutto ciò che di buono e di grande ha prodotto la storia nasce dal fecondo incontro tra la natura e la Grazia. Le tragedie politiche, economiche e sociali del nostro tempo nascono dalla misconoscenza di questo principio, di cui l’opera di Jean Madiran vuole essere una testimonianza.

Roberto de Mattei