Triste, e preoccupante, quando il dibattito culturale si muove attraverso le tecniche della violenza e del sotterfugio.
Tuttavia, nel nostro amato (detto senza alcuna ironia, anzi con autentico dolore) paese, è sempre più spesso così.
Ecco la storia.
Cantelmi accetta.
Dopo qualche mese escono su Liberazione degli articoli del "paziente" di Cantelmi, che racconta come in Italia esista una rete nascosta di terapeuti cattolici che pretendono di guarire i gay dalla loro omosessualità, malgrado sia stranoto che la stessa non è una patologia.
Indignazione dello stesso giornale, del partito di cui è espressione, di Arcigay ed altri che non ricordo, che, dando voce all\’anima liberale che li contraddistingue, chiedono immediati interventi repressivi, in particolare dall\’Ordine degli psicologi, contro Cantelmi e gli altri reprobi che congiurano per convincere i gay ad abbandonare ogni gaiezza.
Cantelmi ha nel frattempo querelato penalmente il finto paziente/giornalista e scritto su Avvenire che le opinioni personali dei pazienti vanno certamente rispettate (come lui fa da sempre): quelle dei gay, ma (già che ci siamo) anche quelle dei credenti che vengono assai spesso irrise e derise da psicoterapeuti per nulla tolleranti verso i sentimenti di fede.
A questo punto il presidente dell\’Ordine degli psicologi, Giuseppe Luigi Palma, scrive una lettera a Liberazione (o gli trasmette un documento dell\’Ordine, non si capisce se l\’iniziativa è personale o dell\’Ordine) che il quotidiano di Rifondazione presenta così: "L\’Ordine degli psicologi condanna Cantelmi".
Il che non può essere, perché io sono stato nel direttivo dell\’Ordine (lombardo) e so che per dare una condanna ci vuole prima un procedimento, con accuse precise, difesa dell\’imputato, eccetera.
Ma in tempi di roghi, e non solo di spazzatura, anche di idee e di uomini, non si va per il sottile. Una lettera del presidente diventa una condanna.
In realtà, poi, Palma, com\’è sua funzione, cita il codice deontologico: «Nell\’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all\’autodeterminazione e all\’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, non opera discriminazioni.».
Quindi, verrebbe da dire, lo psicologo prende in terapia l\’omosessuale scontento della sua sessualità, come fa con l\’eterosessuale.
No, la storia è un\’altra.
Come proclama il presidente di Arcigay in prima pagina di Liberazione, esultando, «da qualche anno denunciamo, come associazioni lgbt, una campagna di propaganda portata avanti da diversi medici e psicologi che sostengono come con la fede, la disciplina, la volontà sia possibile redimere i fratelli e le sorelle omosessuali e lesbiche».
Ecco finalmente la verità, ottenuta con metodi, naturalmente, veritieri!
Un pubblicista si spaccia per paziente.
Una citazione del codice deontologico viene spacciata per condanna.
In questa vittoria della trasparenza, preparate i roghi, campioni del libero pensiero.
Ci sono dei bei polli da arrostire.
di Claudio Risè
Tempi num.3 del 17/01/2008