Il Timone: Messori e la conversione degli atei

  • Categoria dell'articolo:Fede e ragione

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Vittorio Messori per il Timone N° 70 (febbraio 2008): www.iltimone.org

  • Che i credenti non lo dimentichino: certi confronti non vanno condotti sul piano della teologia ma della psicolo­gia. Dietro le “ragioni” presentate co­me oggettive e portate in campo da­gli avversari della fede, ci sono grovigli personali per sciogliere i quali serve si l’esperto; ma non di religioni, bensì di abissi psicologici.

C’è ancora qualcuno, magari anche tra cattolici, che pren­de sul serio quel carrozzone —  nutrito della peggiore ideo­logia politicamente corretta e gestito da vecchi accademici alla rincorsa delle mo­de ideologiche — che è il Premio Nobel. Un Premio che, tanto per dirne una, è andato per Ia letteratura nientemeno che a Dario Fo del quale ben pochi, anche in Italia, ri­cordavano qualcosa di scritto. Insignito, in­somma, di quello che gli ingenui credono il massimo riconoscimento mondiale un vec­chio guitto demagogo che ha campato per decenni di proclami “antifascisti”, di esal­tazioni della Resistenza ma che, finché ha potuto, ha cercato di nascondere (in que­sto sull’esempio del suo collega nel Pre­mb, Gunther Grass, volontario nelle SS) di essersi presentato come volontario nei paracadutisti della Repubblica Sociale e di avere dunque combattuto i partigiani.
Ma l’ipocrisia dei giudici scandinavi, preoc­cupati solo di rispettare il conformismo del momento, ha il suo massimo trionfo nel Nobel per Ia Pace: a leggere i nomi, chi sa come stiano davvero le cose si mette spes­so le mani nei capelli. Di recente ricordava­mo qui quella Rigoberta Menchù, premia­ta in base a un’autobiografia commoven­te ed eroica ma che si è rivelata poi in gran parte falsa.
Quest’anno, il Premio (che ha una “borsa” miliardaria) é andato, “per l’instancabile im­pegno a favore della salvezza dell’ambien­te”, a un politico, a quell’ Al Gore che é sta­to vicepresidente americano con Bill Clin­ton e, presentatosi alle elezioni presiden­ziali, é stato battuto per un pugno di voti da George Walker Bush. Ancora una volta, una scelta che dimostra quali siano gli “eroi”, gli “esempi”, i “santi laici” dell’attuale cultura egemone. Come ha sintetizzato Ia Svipop, una seria agenzia specializzata, di ispira­zione cattolica, che si occupa di problemi climatici e demografici, “II Nobel per Ia pa­ce a un simile personaggio è una vergogna e una follia”.
Una vergogna, si spiega, perché “ancora una volta si premiano figure che fanno della menzogna e dell’ipocrisia il proprio stile di vita”. Come tutti i moralisti “laici”, in effetti, Al Gore predica assai bene ma razzola ma­lissimo. Così, questo guru ritorna ossessi­vamente sulla necessità e sul dovere del ri­sparmio energetico ma, come ovvio, solo per gli altri. Un’inchiesta — che i suoi avvo­cati non hanno potuto smentire — ha rivela­to che la sua grande, lussuosa villa nel Ten­nesee brucia in un mese venti volte l’ener­gia consumata in un anno da una famiglia media americana. Nel suo grande garage, poi, sono allineati alcuni dei modelli di au­tomobile più avidi di benzina, a cominciare dagli enormi SUV, il modello più detestato e demonizzato dagli ambientalisti come lui. Insomma, Ia solita storia: I’ecologo è un si­gnore che cerca di vietare agli altri quello che lui ha già e già fa.
Ma, consuete contraddizioni a parte (già Gesù ci avvertiva: “Fate quel che dicono, non fate quel che fanno”) ce qualcosa di ben più grave. Gore, infatti, ha raggiunto fa­ma mondiale — con incassi adeguati a que­sta fama — con un film documentario, An Inconvenient Truth, cioé una “scomoda ve­rità”, su un mondo che starebbe andando alla distruzione a causa dell’attività umana, Ia quale provocherebbe quel “riscaldamen­to globale” che, più che una verità, sembra essere Ia maggiore sòla (per dirla alla roma­nesca) del nostro tempo. Ebbene, per cita­re Ia Svipop, “questo documentario è pieno di menzogne ideologiche e di affermazio­ni senza alcuna base scientifica presentate come oggettive e irrefutabili, come ha rico­nosciuto il tribunale britannico che, per non ingannare i giovani, ne ha vietato Ia proie­zione nelle scuole, a meno che non si pre­cisi chiaramente che non si tratta di scien­za ma di fiction”.
Un vergogna, dunque, l’assegnazione del Nobel a un simile “profeta”. Ma perché an­che una follia? La durezza degli esperti di Svipop non demorde: “Una follia perché si dà un premio per Ia pace a chi diffonde terrorismo ideologico e psicologico spac­ciandolo per scienza, con un Al Gore che si spinge a dire che i fantomatici “cambia­menti climatici” sarebbero “una minaccia ben più grave del terrorismo islamico”. Eb­bene, continua I’agenzia, non si dimentichi che “una delle minacce più gravi alla pace viene proprio da chi cerca di convin­cere Ia gente che una bella giornata di sole a gennaio è più pericolosa di una bomba in metropolitana”. Ma è una follia, anche perché sostiene e pre­mia un ecologismo fanatico che cerca in tutti i modi di bloccare lo sviluppo dei Paesi poveri, impedendo l’acces­so a fonti di energia sufficienti ed eco­nomiche. Non a caso, un’associazio­ne ambientalista in piena sintonia con Al Gore ha proposto Ia Cuba affamata e carente di tutto come vero esempio di sviluppo sostenibile”.
Questi, insomma, i “santi laici”, i “pro­feti del nostro tempo” proposti a mo­dello. Ogni cultura ha gli esempi che si merita. Ma, per scendere dalla di­mensione internazionale a una ben più casereccia, questo mi fa ricordare un episodio recente, in due tempi.
II primo tempo é costituito da una pun­tata di “Porta a Porta”, il salotto tele­visivo di Bruno Vespa, dedicato a Pa­dre Pio e al libro di uno studioso ebreo che cerca di demolirne quello che per lui è un inaccettabile “mito”. Quella sera, partecipavo anch’io alla trasmis­sione, in una compagnia assortita, do­ve accanto al monsignore c’era l’attri­ce, lo sportivo, Ia casalinga. C’era an­che Piergiorgio Odifreddi, autore del ben noto best seller, Perché non pos­siamo dirci cristiani (e meno che mai cattolici). Per capire l’ossessione non solo anticattolica ma antireligiosa tout court di un Odifreddi — che conosco da tempo e che ha a lungo insistito, inu­tilmente come ovvio, per fare un libro insieme — non bisogna mai dimentica­re che egli pure, come tanti diffamato­ri dei credenti (il cristiano é per lui un cretino) viene dal seminario. Una fami­glia molto religiosa — è stato battezza­to come Piergiorgio in onore di Fras­sati, veneratissimo in Azione Cattoli­ca — Ia decisione precoce di farsi sa­cerdote e poi I’uscita e (come capita a molti, troppi “ex”) il bisogno di ven­dicarsi del proprio passato, di rimuo­vere il senso di colpa convincendosi che Ia vocazione che aveva abbando­nato non era che una dannosa illusio­ne. Che i credenti non lo dimentichino: certi confronti non vanno condotti sul piano della teologia ma della psicolo­gia. Dietro le “ragioni” presentate co­me oggettive e portate in campo da­gli avversari della fede, ci sono grovigli personali per sciogliere i quali serve si l’esperto; ma non di religioni, bensì di abissi psicologici. Ma torniamo a quella puntata di “Porta a Porta”. II gior­no dopo, il critico televisivo di Repub­blica inveiva contro Vespa perché co­me “difensore della laicità e della ra­gione” di fronte a quella superstizio­ne che sarebbe “il culto di padre Pio” aveva invitato solo Odifreddi, lascian­dolo isolato in una banda di fanatici e di idolatri. Non era andata affatto così. Comunque il giornale romano parla­va, testualmente, di un “eroico mate­matico” che, malgrado Ia solitudine in cui era stato relegato “da quel vecchio democristiano di Vespa”, si era battu­to con coraggio ed efficacia.
Questo il primo atto del piccolo aned­doto. II secondo atto é costituito da un’altra “comparsata” televisiva chie­stami pochi giorni dopo dalla concor­renza, da Mediaset cioè, per il conte­nitore domenicale della sua rete mag­giore, quell’interminabile pot-pourri che inonda il pomeriggio sullo scher­mo. Mi si chiedevano due minuti — non pochi in tv — di dichiarazioni a propo­sito del solito libro su padre Pio già al centro del dibattito a “Porta a Porta”. D’istinto rifiutavo, come faccio qua­si sempre, ma alle mie considerazioni, per farmi perdonare Ia renitenza, sull’impossibilità di prendere in tempo un volo per Roma, mi si replicava che non c’era problema. Una troupe mi avreb­be raggiunto a casa. Cercavo allora altre scuse, alle quali perô rinunciavo, quando mi si diceva che, se non fos­si intervenuto, sarebbero rimasti solo i due minuti sullo stesso tema già con­cordati con il professor Odifreddi.
A questo punto, era doveroso accet­tare, non potevo — per pigrizia e fasti­dio — lasciare che su quel santo di cui sono io pure devoto, come innume­revoli altri, parlasse solo un ex-semi­narista invelenito. Detto fatto: poche ore dopo, davanti alla troupe piomba­ta non so da dove nel mio giardinetto, registravo i due minuti. I quali erano ri­versati alla regia di Roma, dalla quale mi giungeva subito una telefonata en­tusiastica: ottimo intervento, tempi ri­spettati, già registrato anche Odifred­di, saremmo andati sullo schermo uno dopo I’altro: un “pro” e un “contro” perfetto, due opinioni speculari, un servizio imparziale. Altre telefonate mi giungevano per indicarmi l’ora esatta dei nostri interventi, chiamava anche un funzionario per rallegrarsi con me e per farsi fare i complimenti per I’equa­nimità, per lo spazio dato sia alla fede che alla incredulità.
AII’ora stabilita, accendo il televisore, con puntualità che mi stupisce il con­duttore, nel grande studio multicolo­re, attacca il discorso su padre Pio, sul libro appena uscito, sulle polemi­che che ne sono seguite. E, annuncia, “per permettere ai nostri spettatori di farsi un’idea su questa vicenda, sen­tiamo l’opinione del professor Pier­giorgio Odifreddi”. Un po’ mi stupi­sco, mi era stato detto che, per rispet­tare l’ordine alfabetico, sarei andato in onda per primo. Mi stupisco ma non me ne rammarico, penso che é meglio così, in fondo Ia difesa parla sempre dopo I’accusa. Ascoltato il matemati­co travestito da teologo, mi accingo a verificare come sia andata Ia mia re­gistrazione che, ovviamente, non avevo ancora vista. E, invece, ecco il con­duttore: “Abbiamo sentito l’autorevole parere dello specialista su padre Pio. E ora, colleghiamoci con Ia redazione sportiva per i risultati dell’odierna gior­nata calcistica”.
Tutto qui. II giorno dopo, su Repubbli­ca, nessun critico si é lamentato che, su un tema cosi popolare e importan­te per i credenti, si sia sentita una sola campana. Nessuno ha esaltato “l’eroi­co Messori”: anche perché di lui e del­la sua opinione non é apparsa neppu­re una traccia.