di Giacomo Samek Lodovici
in «Avvenire», “è famiglia”, 13.04.2007
«Il Family Day non giova». È la tesi sostenuta anche da alcuni sacerdoti e sigle del mondo cattolico. Le ragioni addotte sono diverse. Da un lato si ritiene che i Dico non danneggino il matrimonio (cosa che invece Avvenire sta dimostrando da mesi); dall’altro che una manifestazione porti allo scontro e cancelli il dialogo sociale. Certamente è importante che il Family day non si trasformi in un Gay pride alla rovescia. Gli insulti, le parodie (anche blasfeme), le manifestazioni di disprezzo, che molto spesso caratterizzano i cortei gay, vanno banditi dal Family Day.
Ma, detto ciò, il Family Day può essere un’occasione unica, quasi storica, a disposizione di quella parte silenziosa della società civile che viene quasi sempre ignorata dai media, i quali, invece, garantiscono una sovraesposizione impressionante solo agli esponenti della cultura radical-libertaria (o alle poche sigle dissenzienti del mondo cattolico). Durante la campagna referendaria sulla fecondazione artificiale, leggendo la grande stampa e i sondaggi, guardando le televisioni, sembrava che la stragrande maggioranza del Paese volesse una legislazione molto più permissiva rispetto alla legge 40. Invece sappiamo come è andata: solo il 24 % ha votato, e solo il 20 % voleva modificare la normativa vigente: il peggior risultato referendario nella storia della nostra Repubblica.
Una grande manifestazione a sostegno del matrimonio è un’opportunità formidabile per dare la parola ad un popolo a cui non viene mai data voce (a parte le meritorie prese di posizione del Forum delle famiglie, a cui, comunque, viene dato ben poco spazio, pur rappresentando circa tre milioni di famiglie), che viene spesso ignorato, che cresce le nuove generazioni in mezzo a molte difficoltà, con amore, laboriosità e dedizione e che è assolutamente contrario ai Dico.
Un popolo che chiede da tempo la fine di un regime di discriminazione fiscale che penalizza le famiglie con i figli, che sono la più importante risorsa del paese, perché una società che non procrea si suicida. Un popolo che i politici non potranno più far finta di non vedere.
I media mettono in scena quasi solo matrimoni che si sfasciano e famiglie che si disgregano: è vero che queste disgregazioni avvengono, ma esistono altresì moltissimi matrimoni riusciti, dove, come è inevitabile, le difficoltà ci sono, ma vengono superate e dove l’amore resiste nel tempo e si approfondisce per tutta la vita. Il Family Day sarà il loro palcoscenico.
Se poi ciò che preoccupa queste sigle cattoliche (ma speriamo di sbagliarci) è preservare il dialogo piuttosto che il matrimonio, va detto che il dialogo è sì un metodo fecondo di confronto, ma non può essere di per sé il fine, bensì solo un mezzo per il reperimento della verità. Sia permesso ricordare a questi cattolici che Gesù interviene molte volte (con l’espressione “in verità, in verità vi dico”) per indicare la preminenza della verità e che egli addita se stesso come quella meta dell’uomo che è “via, verità e vita”.