II DOMENICA DI PASQUA “della Divina Misericordia”

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Seconda Domenica di Pasqua

LETTURE
Atti 2,42-47;
Salmo 118;
1Pt 1,3-9;
Gv 20,19-31

TEMA DELLE LETTURE

Il Vangelo di oggi narra l’impatto della presenza di Gesù Cristo, risorto dai morti, sui pavidi discepoli, timorosi del mondo. Nel linguaggio simbolico tipico di san Giovanni, il Vangelo riferisce del saluto di Gesù, del suo alitare sui discepoli e di come impartì loro lo Spirito Santo insieme al potere di rimettere i peccati. Il successivo racconto dell’apparizione di Gesù a Tommaso serve a dar rilievo al merito di coloro che, pur non avendo visto Gesù, crederanno nella sua presenza e nel suo insegnamento. Solo così il credente "avrà la vita" (v. 31).

Gli Atti degli Apostoli riportano le semplici caratteristiche della vita cristiana; la preghiera ed il sacrificio eucaristico, l’istruzione nella fede, la vita e le proprietà in comune. Questa genuina semplicità è motivo di ammirazione da parte degli altri.

Il salmo 117 narra di come il salmista si allieta della presenza e della potenza del Signore. In particolare, Egli ha protetto e salvato il giusto dalle persecuzioni e dagli attacchi dei nemici. Il rifiuto e l’apparente fallimento del salmista, che paragona se stesso ad una pietra, scartata dai costruttori, sono stati trasformati dal Signore in successo e rivendicazione, cioè in una pietra angolare.

La prima lettera di san Pietro parla di un’eredità che è garantita per coloro che rinascono come cristiani. Già ora i cristiani sono ricolmi di una gioia che è "indicibile e gloriosa" (v. 8). Con questa gioia si possono affrontare le prove della vita terrena, le quali purificano e fortificano la fede nella nostra eredità futura: la vita eterna.

MESSAGGIO DOTTRINALE

L’esperienza di Gesù Cristo. Quel che appare evidente dal testo evangelico è l’impatto emotivo sui discepoli provocato dalla presenza di Gesù: ´i discepoli gioirono al vedere il Signoreª (v. 20). In senso reale la nostra fede si riflette non solo nel contenuto intellettuale di ciò che crediamo, ma nell’esperienza della presenza personale di Gesù Cristo nella nostra vita. Noi non vediamo Gesù, ma possiamo sperimentarne la presenza nella nostra quotidianità. La nostra fede non è solo un pegno della gloria futura: già da ora dovrebbe aprirci la mente e il cuore all’esperienza concreta della presenza di Gesù.

Riferimenti nel Catechismo: i paragrafi 426-429 trattano di Gesù Cristo quale cuore della catechesi; il paragrafo 1618 si riferisce a Gesù Cristo quale centro di tutta la vita cristiana.

Il modo cristiano di vivere. Gli Atti degli Apostoli descrivono le caratteristiche della vita cristiana. Vi è presentato un senso del vivere "in" e "per" una comunità; tale senso è così forte che le proprietà individuali vengono divise fra tutti i membri secondo le necessità. La preghiera, il lavoro necessario a sostenere i bisogni essenziali, il dare e ricevere l’istruzione nella fede, riempiono l’agenda quotidiana del cristiano.

Riferimenti nel Catechismo: i paragrafi 787-795 trattano della Chiesa quale Corpo di Cristo e in comunione con Gesù; i numeri 949-953 si riferiscono alla comunione dei beni spirituali della comunità cristiana.

Un tempo di prove. San Pietro ricorda alle varie comunità che può loro capitare di "essere un po’ afflitte da varie prove" (cfr. v. 6). Il testo suggerisce la persistenza della fede (la quale implica l’esperienza della gioia) anche nel mezzo della sofferenza. In questo senso l’esperienza della fede vale ben più dell’oro vagliato col fuoco. Questa è certo la testimonianza dei primi martiri cristiani, che furono sostenuti dall’esperienza di una fede solida, granitica. Il testo petrino non pare voler implicare che il vaglio "col fuoco" sia voluto da Dio, ma sembra piuttosto far risaltare l’esperienza di persistenza nella fede da parte del cristiano, sebbene questi debba attraversare e superare il "fuoco" terreno.

Riferimenti nel Catechismo: il paragrafo 157 si riferisce alla certezza della fede; il paragrafo 163 parla della fede quale inizio della vita eterna; i paragrafi 1817-1821 trattano della virtù della speranza e dei suoi effetti sulla nostra vita.

APPLICAZIONI PASTORALI

Il cristiano di oggi si vede limitato nelle sue aspettative. Siamo arrivati a considerare la fede cristiana come una sorta di unguento da strofinarsi addosso in caso di necessità. La fede è ridotta a poche vaghe parole di conforto e consolazione, quando non c’è nient’altro da dire o da fare. È diventata, forse, una dottrina soltanto teorica, un’astratta spiegazione di idee.

Il centro della vita cristiana è l’esperienza della persona di Gesù Cristo. Questo contatto è vero, personale e soverchiante; dà alle persone un coraggio ed una convinzione che essi sanno essere per loro più importante di qualsiasi altra cosa abbiano. Dà poi anche una gioia autentica, che nulla può minare. Il cristianesimo non è un palliativo momentaneo per i mali della vita, un mero "oppio dei popoli"; è l’esperienza del fuoco interiore, uno spirito incrollabile che conquista tutti. È un amore che ha sempre più da dare.

Leggendo la vita cristiana della comunità così come è descritta negli Atti degli Apostoli, si può forse pensare che si parli di qualche strana setta (e ce ne sono molte) con pratiche rituali assai distanti dalla vita normale. Potremmo anche pensare che si tratti di un ideale di semplicità di vita del tutto inverosimile, poco pratico, quasi naif. Ci siamo abituati ad un modo di vita cristiano stereotipato? Cosa crediamo che sia la vita di parrocchia? Pensiamo che sia necessario desiderare di mettere in comune ogni cosa, voler vivere insieme come fratelli e sorelle, condividendo l’esperienza comune di Gesù Cristo? La vita di oggi è certamente diversa da quella delle comunità cristiane del primo secolo dopo Cristo, ma nulla dovrebbe ostacolare il nostro desiderio di vivere e costruire una comunità autenticamente cristiana.

Desideriamo vivere in comunione con gli altri; sappiamo quanto sia difficile allacciare e mantenere legami autentici, personali. Dobbiamo riesaminare lo stato della nostra comunione cristiana con gli altri, cominciando da coloro che ci sono più vicini.