Ho due mamme

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Claire Breton, Ho due mamme, Sperling & Kupfer, 2006, Euro 15,00 ISBN: 8820040786

Claire è cresciuta con due mamme, vive in Francia, ha ventisette anni e si è sempre sentita perduta. Martine le dice che non deve, perché a Parigi l’omosessualità dei genitori è vista come “un fatto chic”, e lei stessa che prima nascondeva al mondo la gayezza di suo padre, ora la esibisce: “In certi ambienti parigini, essere cresciuti in una famiglia diversa dalle altre è di tendenza, è qualcosa in più”.
A Claire sembra “una cosa pazzesca”, visto che ha avuto bisogno di uno psicoterapeuta, visto che per un sacco di tempo ha temuto di diventare lesbica come le sue madri, visto che non si è mai sentita un’eroina di Almodóvar, e oggi ha scritto un libro per provare a capirci qualcosa temendo, come sempre, la reazione della madre (biologica). Perché non tutti stanno perfettamente in mezzo al casino, e non per tutti c’è il pranzo della domenica sul terrazzo di un film di Ozpetek, stoviglie e vite colorate. “Sognavo di avere una vita banale, quella che hanno tutti”, e piangeva davanti alle pubblicità simil Mulino Bianco, mamma papà figli cane insieme a colazione. Come Irène, che ha avuto una mamma e diverse matrigne passate per casa, voleva i cerchietti in testa e le scarpe di vernice e la madre la vestiva a righe e pois: “Mia madre voleva che mi facessi notare, mentre io passavo il tempo a rasentare i muri”.
L’autobiografia di Claire Breton, giovane giornalista francese, tradotta in Italia per Sperling&Kupfer (“Ho due mamme – Crescere in una famiglia diversa”, 15 euro), è anche un’inchiesta sulle altre vite incasinate, quelle di figli in provetta per mamme lesbiche, di figli naturali che a undici anni scoprono che “la zia” con cui vivono fa delle cose nel letto con la mamma, e a scuola non sanno che dire, allora inventano la storiella della migliore amica mollata dal fidanzato che si è trasferita da loro, ma in un’altra stanza. Mentre la mamma e la zia pensano in fondo non c’è problema perché c’è amore, ed Emma, a diciannove anni, ha conosciuto il padre biologico (un donatore di seme) e ha detto al fidanzato: “Sai, oggi ho sentito al telefono il mio sperma…”, cioè tutto quel che le resta di un papà.

Ken travestito da drag queen
Katlyn non sapeva nemmeno cosa fosse un padre, non ne aveva mai visto uno e le sue due mamme, quando giocavano tutte assieme sul tappeto, organizzavano matrimoni tra due Barbie e provavano a travestire Ken da drag queen, costruivano un mondo femminile senza maschi tra i piedi. Katlyn aveva pochi anni ma voleva una cosa soltanto: che Barbie sposasse Ken e non baciasse le altre Barbie.
Ci sono anche le storie d’orgoglio, però, c’è Emile che è nata in provetta ventitré anni fa (una delle prime adulte dell’inseminazione artificiale), ha una mamma naturale e una coparentale, le brillano gli occhi, si sente speciale e parla delle sue due mamme come di due regine.
Claire Breton ha parlato con ognuna di loro, e in tutte ha cercato un dolore, magari nascosto, che somigliasse al suo: l’ha trovato nei silenzi, negli psichiatri, nel desiderio ossessivo di una famiglia normale, nella mitomania di Louise che a vent’anni sosteneva di conoscere Madonna o che il suo migliore amico si era suicidato, o che suo fratello aveva la leucemia, perché era l’unico modo che trovava per sopportare le bugie che continuava a raccontarsi su sua madre e la matrigna, vera coppia di lesbiche cui Louise non aveva mai voluto credere.
Da qualche parte hanno scritto che la madre di Claire Breton non le parla più, dopo che si è vista nel libro della figlia, dopo che ha letto: “Voglio creare la famiglia che mi è mancata”, e ha scoperto le lacrime e la fatica. Ha scoperto che il casino non è sempre allegro e a pois.
© Il Foglio, 28 marzo 2006
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Unioni civili. I disagi che creano raccontati da una ragazza con due madri
Libero Salute, 31 marzo 2006

Ci è voluto uno psicoterapeuta per Claire Breton, la ventisettenne francese che per un’infinità di tempo, cresciuta con “due mamme”, ha temuto di diventare lesbica come loro. Sulla sua sofferta vicenda ha scritto un libro che è stato tradotto anche in Italia (“ Ho due Mamme” – Crescere in una famiglia diversa) in cui ha riversato tutto il suo disagio.
“Sognavo una vita banale, quella che hanno tutti”. Voleva trovarsi nella “naturale struttura della famiglia quale unione tra un uomo e una donna basata sul matrimonio” ed invece ha avuto una vita, a suo dire, “incasinata”.
“Credevo che mio padre e mia madre mi avessero già esposta alle situazioni più pazzesche e invece no. Questa le batte tutte. Oltre ad essere la figlia di un divorzio, presa tra i fuochi di due genitori pazzi, ecco che vengo cresciuta da una coppia di donne omosessuali. Mia madre è un’omosessuale che per di più mi mente ogni santo giorno, da sempre.”

Nel libro in cui Claire afferma che in Francia si calcola che sarebbero circa centomila i figli che vivono o provengono da un nucleo omoparentale e tuttavia non si sa granché del loro sviluppo, e dei loro traumi, sono narrate anche storie di altri soggetti che si sono trovati nella stessa situazione di Claire, come è scritto anche sul sito www.trovanozze.it. E in tutte queste vicende la Breton, (commento de “Il FOGLIO” di Giuliano Ferrara) “ha cercato un dolore magari nascosto che assomigliasse al suo: l’ha trovato nei silenzi, negli psichiatri, nel desiderio ossessivo di una famiglia normale.
Racconta di Katlyn la quale non sapeva nemmeno cosa fosse un padre: non ne aveva mai visto uno e le sue due mamme quando giocavano tutte insieme sul tappeto, organizzavano matrimoni tra due Barbie e provavano a travestire Ken da drag queen, costruivano un mondo femminile senza maschi tra i piedi. Katlyn aveva pochi anni ma voleva una cosa soltanto: che Barbie sposasse Ken e non baciasse le altre Barbie”.
“Anne-racconta Claire- ha avuto una madre come la mia: affettuosa ma aggressiva quando si trattava di parlare della vita con la compagna. Per moltissimo tempo Anne non si è resa conto dei suoi veri stati d’animo. Solo diventando madre ha cominciato a sentirsi male fisicamente. Aveva dolori misteriosi. Si è sottoposta ad ogni forma di esami , di check-up ma nessun medico è stato in grado di dire di che cosa soffrisse. Ad un certo punto ha provato a risalire in altro modo alla causa di questi dolori ed è entrata in analisi. Così ha capito, a suo dire, tante cose, soprattutto che la sua situazione non le aveva mai permesso di essere equilibrata sul piano sociale. Una parte della sua vita rimaneva a casa. Per una bambina era molto stressante. Quando è cresciuta e ha voluto capire, la madre le ha obiettato:”Non ne hai il diritto, è la mia vita”. E lei come una figlia che ama la madre, l’ha protetta col silenzio. Ma è stato il suo corpo, anni dopo, a protestare”.