Il Giornale, 24 ottobre 2002
di Andrea Tornielli
E chi se lo aspettava che anche il Pippo nazionale, ideatore e conduttore di
“Novecento” su Raiuno, scivolasse sulla leggenda nera che dipinge Pio XII
come un Papa filonazista e antisemita? Martedì, in prima serata sulla rete
ammiraglia della Rai, Baudo ha affrontato il tema dei famosi “silenzi” del
Pontefice sullo sterminio degli ebrei e ne è venuto fuori un processo
sommario, del tutto sproporzionato in favore dell’accusa.
Contro Pacelli, in studio, c’erano Tullia Zevi e il giornalista Corrado
Augias. Concordava con gli accusatori anche lo storico Giovanni Miccoli, in
collegamento da Trieste. La difesa di Pio XII, invece, era affidata a
un’anziana suora italo-americana, Margherita Marchione, autrice sì di
diversi volumi su Papa Pacelli, ma piuttosto impacciata con la nostra lingua
e con i tempi televisivi.
Anche i testi dei contributi filmati contenevano scorrettezze: ad esempio si
ricordava che Pio XII nei suoi appelli non pronunciò mai la parola “ebrei”,
omettendo però di aggiungere che disse varie volte “persone di stirpe
semitica”, che è la stessa cosa.
E’ stato persino proiettato uno spezzone del film “Morte a Roma”, tratto
dall’omonimo libro di Robert Katz, senza specificare che l’episodio
descritto, relativo all’eccidio delle Fosse Ardeatine, era totalmente
fantasioso, come hanno appurato i giudici italiani che hanno condannato
l’autore per diffamazione.
E’ stato tirato in ballo il concordato tra la Santa Sede e la Germania come
prova del filo-nazismo di Pacelli, senza spiegare perché il Vaticano fu
costretto a firmarlo. Nessuno ha ricordato gli interventi durissimi contro i
nazisti del futuro Pio XII, nessuno ha citato il tentativo di deportarlo in
Germania da parte di Hitler, nessuno ha parlato del fatto che proprio Papa
Pacelli appoggiò un complotto per rovesciare il Fuhrer. Nessuno ha spiegato
il motivo del comportamento del Papa, che aveva avuto numerose prove
dell’assoluta inutilità , anzi della pericolosità delle denunce plateali.
Gli argomenti della difesa, affidati alla debole e inadeguata voce di suor
Marchione, non sono stati nemmeno sfiorati. L’esito è statoun processo
sommario e partigiano. Sarebbe bastato far intervenire un personaggio
insospettabile del calibro di Paolo Mieli, oppure uno dei preparatissimi
padri gesuiti di “Civiltà Cattolica”, per controbilanciare lo sproporzionato
peso dell’accusa e parlare, finalmente, un po’ della storia vera.
Peccato che questa volta “Novecento” si sia fermato alla leggenda.