Nelle scorse ore i genitori del piccolo Charlie si sono arresi alla politica eutanasica di morte dell'Ospedale inglese.
Proprio ieri 25 luglio la Commissione del Senato ha rinviato la votazione sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (eutanasia).
Occorre non abbassare la guardia: appello al Comitato Difendiamo i Nostri Figli perchè metta in atto tutte le iniziative di lobbying possibili.
Biotestamento-eutanasia: troppi emendamenti, la discussione slitta in autunno Il dibattito in Senato sarebbe dovuto iniziare oggi, dopo l'approvazione alla Camera di aprile
Quella in corso sarà ricordata in Italia come un’estate particolarmente calda e drammaticamente priva di risorse idriche. Ma non sarà ricordata come l’estate dell’approvazione della legge sul biotestamento-eutanasia.
Troppi emendamenti.
Il testo, la cui discussione in Senato era prevista per oggi 25 luglio, slitta infatti a settembre per via di una enorme mole di emendamenti: circa tremila. Troppi per essere discussi entro la chiusura dei lavori parlamentari per la pausa di agosto. È così che il discorso viene rimandato all’autunno prossimo, quando la possibilità concreta è che questa legge venga messa dietro ad altri provvedimenti considerati più urgenti, che devono essere discussi prima della fine della legislatura.
Le reazioni.
Prevedibile la reazione negativa dei radicali. “Una legge tradita”, commenta l’Associazione Luca Coscioni. Questa la giustificazione della presidente della commissione Sanità Emilia Grazia De Biasi: “Siamo in presenza di un atteggiamento di ostruzionismo, vista la grande quantità di interventi previsti in commissione e la presentazione di tremila emendamenti. Ciò rende il percorso molto accidentato”.
Più cauta Laura Bianconi, capogruppo Ap in Senato: “Certi temi, come il biotestamento, vanno approfonditi per le implicazioni etiche che comportano. Lavoriamo senza compressione, l’orizzonte è la fine della legislatura”.
Il testo.
Le norme erano passate alla Camera nell’aprile scorso, poco dopo la morte di Dj Fabo.
Con l’approvazione del testo, passava il consenso informato del fine vita, ma era stata introdotta, rispetto al disegno originale, l’obiezione di coscienza per il medico che si rifiuta di “staccare la spina”.
Il cuore della legge eutanasica è l’art. 3, che recita: “Ogni persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso Disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”.
da: http://www.interris.it/2017/07/25/124449/cronache/italia/biotestamento-troppi-emendamenti-la-discussione-slitta-in-autunno.html
FINE VITA. Che cos’è davvero l’eutanasia?
Intervista al professor Massimo Gandolfini
Quando parliamo di fine vita, utilizziamo termini di cui spesso conosciamo poco, soprattutto da un punto di vista medico- scientifico. Durante le ultime tre settimane il Prof. Massimo Gandolfini, neurochirurgo e bioeticista, ci ha introdotto in modo semplice e chiaro ai significati di alcune importati parole: terapia e cura, accanimento terapeutico, stato vegetativo.
Grazie a questo percorso possiamo affrontare la parola più usata, discussa e probabilmente abusata di questo ambito: EUTANASIA.
Domanda: Prof. Gandolfini, che cos’è l’eutanasia?
Gandolfini: Azione od omissione di atto terapeutico che di natura propria procura la morte del malato.
Si è soliti operare una distinzione, peraltro non del tutto necessaria né appropriata, fra EUTANASIA ATTIVA ed EUTANASIA OMISSIVA, intendendo con la prima un’azione che direttamente provoca la morte, e con la seconda la mancata attivazione di un trattamento salvavita.
Domanda: In che senso né necessaria, né appropriata?
Gandolfini. La distinzione fra eutanasia attiva ed eutanasia omissiva è “inutile” in quanto è l’atto eutanasico in sé che conta, a prescindere dall’azione che compio per raggiungere lo scopo.
Domanda: C’è differenza tra eutanasia e suicidio assistito?
Gandolfini. Sul piano pratico, non c’è differenza fra eutanasia e suicidio assistito. Entrambe portano alla morte del paziente. Nel caso del suicidio assistito – a mio avviso – sul piano della relazione umana la pratica è ancora più deprecabile. Prendiamo l’esempio della Svizzera, ove l’eutanasia è reato, mentre il suicidio assistito è legale. Ecco come funziona: l’equipe tanatologica accoglie la persona in un ambiente tranquillo e “sereno”; quindi, gli fornisce il medicamento letale e lo istruisce sulle modalità di utilizzo; infine è il paziente stesso che lo deve assumere, senza partecipazione diretta di altra persona (altrimenti è eutanasia). Si tratta di una vera e propria eutanasia, ipocritamente camuffata da suicidio.
Domanda: Si parla di testamento biologico, dove la persona può indicare le condizioni alle quali accetta le cure e quelle in cui chiede l’eutanasia o il suicidio assistito. Da un punto di vista medico, come è possibile che una persona possa prevedere questo tipo condizioni?
Gandolfini. Innanzitutto va definito lo strumento del “testamento biologico” ; in Italia – se e quando si farà – si chiamerà “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento”: “Documento con il quale una persona dotata di piena capacità esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o no essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di disporre il proprio consenso o dissenso informato” – definizione del Comitato Nazionale di Bioetica, 1995.
Domanda: E’ possibile definire un limite alla sofferenza sopprotabile dalle persone? Invalidante e insopportabile può essere uno stato vegetativo, ma anche una paralisi, uno stato depressivo…
Gandolfini. Per chi, come me, condivide un’impostazione personalistica della medicina e del biodiritto, le Dichiarazioni Anticipate di Trattamento non devono prevedere due condizioni: la richiesta di eutanasia e la richiesta di sospensione delle “cure di sostegno vitale”, in particolare alimentazione ed idratazione (si veda la distinzione tra terapia e cura) . Le motivazioni richiedono un discorso lungo e complesso. Vorrei limitarmi ad una sintesi:
- perché il “diritto di morire” non fa parte del patrimonio giuridico italiano espresso dalla Costituzione (l’articolo 32 garantisce e tutela la “salute”, cioè l’esatto contrario della morte);
- perché garantire il diritto di esigere la morte, deve necessariamente prevedere la formazione di un “corpo speciale” di cittadini italiani autorizzati ad uccidere (e tutto il nostro ordinamento giuridico condanna ogni forma di omicidio);
- perché il bene vita, costituzionalmente riconosciuto e protetto, fondante ogni altro diritto, non può coesistere con una condizione che lo annulla (se si garantisce la libertà, non si può contemporaneamente garantire la schiavitù !);
- perché, sul piano etico, la vita è un bene indisponibile, e la condizione della morte autoinflitta (suicidio) è una condizione di patologia dell’umano
Domanda: Perché curare tutti?
Gandolfini. L’obbligo sociale e giuridico della cura per tutti è patrimonio della società civile moderna, l’obbligo morale della cura fa parte della costituzione relazionale dell’uomo, nel nome di quella solidarietà umana che non ha tempo.
Domanda: Esiste una vita indegna di essere vissuta?
Gandolfini. Nel 1921/22 Hoche e Binding, un medico ed un filosofo, coniarono il concetto di “vite indegne di essere vissute”, riferendolo soprattutto agli ammalati psichiatrici, degenti nei manicomi tedeschi. Si diede così avvio ad una campagna di “eutanasia di stato”, che portò alla soppressione di circa 70.000 malati psichici.
Anche nell’attuale gergo corrente, non è raro imbattersi in affermazioni del tipo “vite indegne”, “indegna qualità di vita”, che sottendono un giudizio di valore sulle persone con gravissime disabilità. Non di rado, anche oggi, per queste persone si invocano scelte eutanasiche. Personalmente, ritengo che la dignità della persona umana non dipende dalle qualità che possiede o dalle capacità che manifesta di compiere azioni o compiti qualificanti. La semplice esistenza in vita, senza ulteriori specificazioni, fonda la dignità inviolabile di ogni persona umana, ed impone il rispetto della sua esistenza. Anzi, il valore di civiltà di una società si misura proprio sul parametro di quanto sa prendersi cura delle persone più deboli e fragili.
da: https://it.aleteia.org/2015/02/03/fine-vita-che-cose-davvero-leutanasia/