Pelliconi Massimo, Diventerete come Dio. La bioetica e l’attualità della primordiale tentazione. Editore ITACA 2006, ISBN 8852601147, Pagine 256, Prezzo € 16,90
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Presentazione a sei mani
Di solito, la Bioetica viene vissuta in due modi radicalmente contrapposti fra loro. Il primo, che potremmo definire tragico, interpreta questa giovane disciplina come il manifestarsi di un grave malessere che ha colpito la civiltà postindustriale, che un giorno si è risvegliata scoprendo i rischi di una scienza e di una medicina che hanno “divorziato” dalla morale. E’ una prospettiva che ha il merito di sottolineare la nostalgia per una innocenza perduta, ma che appare incapace di reagire in maniera organica a un processo di disfacimento. La seconda interpretazione – che potremmo chiamare bioetica gaia – pretende invece di affidare alla Bioetica un ruolo salvifico. La “vecchia” etica non funziona più, ma non è il caso di farne un dramma: gli studiosi di bioetica sono equiparati qui ad abili manutentori, impegnati a sostituire ai principi inservibili della morale tradizionale nuovi pezzi di ricambio di stampo libertario, che preparano una nuova società dove tutto è ricondotto alla categoria fluttuante della scelta individuale. In questa seconda interpretazione, c’è molta voglia di costruire il futuro – che è per definizione radioso – e di demolire il passato, immancabilmente bieco e oppressivo.
Massimo Pelliconi, che è uno studioso serio di entrambe queste prospettive bioetiche, ha avuto il merito di dimostrare con il suo lavoro che una terza via non solo è possibile, ma doverosa. Una terza via che – parafrasando il linguaggio evangelico – sappia estrarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. Una terza via che non è affatto di mediazione, perché la mediazione fra due tesi false genera solo una terza tesi falsa. Ma che è “terza” in quanto alternativa ad entrambe. Perché sa riconoscere da un lato l’esistenza di una profonda crisi nella riflessione morale della società contemporanea; ma che, nello stesso tempo, è consapevole di come non esista una vera riflessione bioetica al di fuori della gloriosa tradizione che risale fino al Giuramento di Ippocrate. E che più in generale riconosce la necessità di una corretta antropologia, fondata sull’esistenza di una legge naturale voluta dal Creatore per il bene delle sue creature.
In questo senso, il Giuramento scritto da Ippocrate 2500 anni fa è un documento che noi bioeticisti dovremmo rileggere quotidianamente, e con cui potremmo perfino pregare, meditando in silenzio davanti al suo profetico inno alla vita, incentrato sul rifiuto dell’aborto procurato e dell’eutanasia, e sulla elevazione di ogni paziente al rango di persona. Dunque, lo studio di Pelliconi – approfondito, non banale e documentato – è sano perché non si ferma alle pur apprezzabili riflessioni di Van Renselaer Potter, ma riconosce la necessità di radici più profonde. Quelle radici che, come insegnava J.K. Tolkien, “non gelano”. Di radici simili abbiamo bisogno più che mai oggi, nel dibattito contemporaneo, quando il gelido vento relativista tenta di strappare medici, biologi e ricercatori a saldi principi di riferimento. Esponendo l’uomo ad una aggressione sistematica che non conosce precedenti nella storia.
Mario Palmaro
Filosofo del diritto
Facoltà di Bioetica, Università Pontificia Regina Apostolorum
Facoltà di Giurisprudenza, Università Europea di Roma
Il contributo di don Massimo Pelliconi ci pone una provocazione importante: quello di riflettere, di pensare e ripensare alla “dittatura del relativismo” (Cardinale Ratzinger, 18/04/05) che si va sempre più diffondendo nel contesto socio-culturale attuale.
Il secondo aspetto del suo elaborato riguarda la risposta che dobbiamo dare tutti noi su come vivere la “terza cultura”: la cultura della tecnologia (non della scienza) che invoca la neutralità del sapere.
Su questo binario propositivo si snodano le più importanti problematiche etiche ed umane: l’aborto volontario, l’eutanasia, la contraccezione, la procreazione assistita, la clonazione, la pedofilia.
Credo sia difficile, in questo tempo di confusione culturale, coniugare con una metodologia rigorosa, sociologia e antropologia, scienza ed etica, teologia e fede, in una maniera che possa essere comprensibile e fruibile da ogni angolazione umana.
Abbiamo bisogno di questa visione olistica dell’uomo affinché la parcellizzazione del sapere non mortifichi la bellezza della visione integrale della persona umana.
Don Massimo Pelliconi si è spinto in questa impresa e, secondo il mio modesto parere, ha prodotto un elaborato che fa gioire il cuore: perché unisce verità scientifica e prassi etica in una forte tensione speculativa. Si avverte la responsabilità del comunicare per formare, del rendere consapevoli per guardare tutto l’uomo e ogni uomo, affinché si diffonda sempre più lo spessore della “sapienza”.
Giuseppe Noia
Associato di Medicina dell’Età Prenatale
Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma
Data la mole, un minitrattato di bioetica che dà ampio spazio ad alcuni fra i più importanti temi della disciplina? No, un’appassionata discussione radicata in una particolare visione della vita: la coscienza del mistero dell’uomo che trova la sua ragione esistenziale nell’amore di Dio. L’Autore lo esplicita sin dall’inizio. Grande la passione, senza sbandamenti l’argomentare. Lucido, ficcante, sostenuto da un’amplissima bibliografia, elaborata e digerita, e non, come talora accade, esibizione finale di una non dimostrata erudizione. Non per nulla (altri mi hanno riferito, troppo modesto l’Autore!) sono occorsi quasi tre anni di studio e di riflessione. In quanto allo stile, mi ha fatto piacere di incontrare, specie in un prete, tutto il contrario della compassata presuntuosa autonomia, selettiva dei fondamenti morali del personalismo cattolico, oggi esibita, forse troppo, dai cosiddetti “cattolici adulti”. Temevo che la “ortodossia” fosse restata solo un vezzo di qualche postembrione senior come il sottoscritto. Particolare interesse ha suscitato in me il capitolo relativo all’orrore della pedofilia e della sua “matrigna” pornografica. Concordo che la pedofilia debba rientrare a pieno titolo nell’ambito della bioetica, disciplina con basi epistemologiche ancora un po’ malferme, ma che di certo, come giustamente precisa l’Autore, “si pone come obbiettivo di difendere l’uomo dall’uomo, il debole dal sopruso del più forte, l’indifeso dall’aggressore”. Un testo, a mio avviso, che meriterebbe un’ampia diffusione anche fra la “gente comune”, oggi che si apre un necessario dibattito a tutto campo sulle grandi questioni della vita, insidiata da una filosofia mortifera.
Aldo Mazzoni
Già Ordinario di Microbiologia Università di Bologna
Presidente Centro di Iniziativa Culturale. Istituto “Veritatis splendor”, Bologna
In un tempo in cui il progresso scientifico è in grado come non mai di influire sul destino dell’uomo, provocando profondi mutamenti sociali, culturali ed economici è di fondamentale importanza riflettere sulle implicazioni complessive della conoscenza scientifica. Questa non rappresenta infatti l’unica conoscenza possibile. Se la velocità di acquisizione di nuovi dati scientifici è enormemente aumentata fino a giorni nostri, un altro percorso, il viaggio alla scoperta delle motivazioni più profonde del nostro esistere è diventato sempre più lento e la nostra mente appare “distratta” dal rumore di fondo creato da un linguaggio spesso retorico, vuoto, ma “affabilmente” tecnico.
In questo contesto, la bioetica assume un ruolo fondamentale, quello di aiutarci a capire che non si può evitare di riflettere sugli intimi rapporti fra i contenuti del progresso scientifico e le implicazioni di tale progresso nel destino dell’uomo.
Lo studio di Massimo Pelliconi coglie a pieno questi aspetti. Il lavoro è molto dettagliato e tocca i grandi temi della bioetica: dall’aborto all’eutanasia, dalla sessualità alla procreazione assistita, fino alla clonazione e all’uso delle cellule staminali. Il linguaggio è fluido ed accattivante senza mai cedere alla retorica o alla mancanza di rigore nella discussione di aspetti a carattere scientifico. Un testo essenziale in un periodo in cui l’uomo sembra aver smarrito la capacità o la volontà di riflettere sulle conseguenze del suo agire, anche in campo scientifico.
Carlo Ventura
Professore Ordinario di Biochimica, Facoltà di Medicina – Università di Bologna
Laboratorio di Biologia Molecolare e Bioingegneria delle Cellule Staminali – Istituto Nazionale di Biostrutture e Biosistemi – Università di Bologna. Istituto di Cardiologia, Ospedale S. Orsola – Malpighi, Bologna.
La parola "bioetica" evoca, nella mia esperienza, lo spettro di lunghi e penosi dibattiti nei quali tesi preconfezionate vengono strenuamente difese da una parte e dall’altra nell’assenza di argomenti basati sulla reale conoscenza dell’oggetto biologico in questione.
La prima cosa che mi ha colpito molto favorevolmente nella lettura del lavoro di Massimo Pelliconi, è stata la accuratezza e profondità della aggiornatissima documentazione scientifica riportata per le diverse problematiche biomediche discusse; in particolare ho molto apprezzato le sezioni su aborto, procreazione "assistita", clonazione e cellule staminali. Le acquisizioni della ricerca più avanzata sono presentate in un linguaggio comprensibile senza che questo comporti alcuna imprecisione, e le controversie tuttora esistenti nella letteratura scientifica sono presentate apertamente e discusse criticamente. Vengono anche rese note molte verità scomode accuratamente occultate da stampa e televisione.
Il secondo aspetto che rende quest’opera una rarità è la chiarezza e la coerenza della impostazione della discussione etica, che rispetta la natura degli oggetti trattati fino in fondo, senza le ambiguità e i distinguo che affliggono tante prese di posizione che ci è toccato ascoltare nell’arroventato dibattito attuale. La potenza dell’argomentazione di fondo del testo sta nella sua semplicità: l’uomo è limitato, non accettare questo vuol dire forzare la realtà fisica e oggettiva dell’uomo e non può non avere conseguenze sul benessere dell’uomo reale stesso, la cui vita è composta di due fattori irriducibili l’uno all’altro: materia e spirito. La apertura al Mistero che è all’origine della vita, che l’uomo non si dà da solo, è invece corrispondente a quanto la ragione umana scopre guardando la realtà.
Pierluigi Strippoli
Ricercatore in Biologia Applicata presso Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Singolarmente originale è il lavoro di Don Massimo Pelliconi, Diventerete come Dio, originale nel metodo e nell’obiettivo che si prefigge e che brillantemente realizza.
Quanto all’obiettivo l’Autore studia i temi più scottanti e problematici del dibattito bioetico, come l’aborto volontario, l’eutanasia, la contraccezione e l’aids, la fecondazione extracorporea, la clonazione e le cellule staminali, la pedofilia, per scorgere che in ognuno di essi ricompare con inaudita virulenza e con crudele drammaticità la tentazione primordiale. L’uomo contemporaneo, sebbene si dica orgogliosamente emancipato e secolarizzato, cade nella solita trappola, si illude di possedere una libertà incondizionata e assoluta fino al punto di poter competere con l’onnipotenza di Dio o addirittura fino ad estrometterlo dalla comprensione del reale. Infatti, il problema di fondo in tutte le questioni di bioetica è il problema della libertà. Essa è indeterminata e fine a se stessa, oppure è strettamente legata alla persona umana e al suo bene integrale? Coincide con il puro arbitrio, con la possibilità di scegliere tutto, oppure è una preziosa proprietà della nostra volontà per desiderare, amare e fare nostro ogni bene? La questione relativa all’identità della libertà, sebbene sia capitale, spesso resta latente nei dibattiti e non emerge chiaramente, invece è decisiva e di capitale importanza. Un altro aspetto della tentazione primordiale, che ricorre in questi problemi bioetici, è quello della menzogna: molto di ciò che le scienze bio-mediche e l’antropologia affermano da tempo viene ignorato, taciuto, negato e talvolta contraddetto in nome dell’idolo della libertà illimitata, dell’autonomia del soggetto, del mitico progresso, dell’utile economico. Spesso la menzogna assume i connotati della manipolazione linguistica: la realtà non è più chiamata con il suo nome, ma con degli ingannevoli giri di parole. Il caso forse più drammatico è quello dell’uomo allo stadio embrionale detto “prodotto del concepimento”!
Quanto al metodo il nostro Autore è molto preciso e rigoroso. Dapprima esamina il problema bioetico dal punto di vista delle bio-medicine o della sociologia, quindi fornisce alcuni criteri per la sua valutazione morale, e infine evidenzia in esso alcuni aspetti della tentazione originaria. Non confonde mai i piani di analisi, ma anzi li tiene debitamente distinti. Paradossalmente, pur percorrendo il filo rosso teologico della tentazione primordiale, questo studio si rivela profondamente laico, nel senso più nobile del termine, proprio per la sua efficace capacità di argomentare razionalmente e distinguere i livelli di indagine.
Giorgio M. Carbone o. p.
Professore di Bioetica, a Bologna, presso la Facoltà di Teologia dell’Emilia-Romagna