Le false idee sul diaconato femminile di Lucetta Scaraffia
(di Cristina Siccardi)
Dopo la drammatica Esortazione apostolica Amoris Laetitia, dopo la macabra pantomima pannelliana e vaticana a cui abbiamo assistito in questi giorni, osserviamo pure che ci sono persone non sufficientemente soddisfatte delle rivoluzioni in corso nella Chiesa, vorrebbero un sovvertimento maggiore, questo accade, per esempio, a Lucetta Scaraffia, direttrice dell’inserto Donne, Chiesa, Mondo de L’Osservatore Romano.
Le risposte che Scaraffia ha dato a Virginia Piccolillo del Corriere della Sera (12 maggio 2016), a proposito dell’eventualità di aprire il diaconato alle donne, sono inconfutabilmente di timbro protestante. Ella si rallegra di una possibile svolta sulle donne diacono: «Potranno esserci, ma bisognerà superare alcuni ostacoli». Quali ostacoli? «Solo di diritto canonico. Non è una cosa che va contro la dottrina cattolica. È soltanto un problema di regole da aggiornare».
E perché, chiede la giornalista, non sono state aggiornate prima? Non perché nella Chiesa il diaconato femminile non è mai stato inserito fra gli ordini della gerarchia apostolica (composta da tre gradi: diaconi, presbiteri, vescovi), istituita dal Figlio di Dio, ma perché «le donne non lo hanno mai chiesto». È sufficiente chiedere per ottenere le bizzarrie antidottrinali? Il sistema è quello del totalitarismo secolarizzato ed ideologico attuale: falsi diritti imposti a tutti. E così il femminismo, che storpia e deturpa la natura femminile, è oggi presente nell’intellighenzia della Chiesa.
Scaraffia sostiene che le suore presenti all’udienza concessa da Papa Francesco all’Unione internazionale Superiore generali (Uisg) il 12 maggio u.s. hanno avuto il «coraggio», grazie all’invito del Pontefice, di avanzare quesiti «non addomesticati», come a dire che le suore, prima di questo Pontificato, erano in cattività. Siamo di fronte, dice ancora Scaraffia, ad una «super-rivoluzione. Evidentemente non ne possono più di essere sempre in un ruolo subordinato. Come del resto non sopportavamo più noi laiche. Il mondo sta cambiando, saranno cambiate anche loro».
La volontà di comando nelle istituzioni religiose è una grande tentazione per le figlie del Sessantotto e del Concilio Vaticano II. Tale tentazione diabolica, parallela alla teoria di genere, dove i sessi non hanno più cromosomi e impronte digitali, è distruttiva per la collettività e per l’equilibrio psicofisico degli individui.
La Madonna, modello per essenza del ruolo femminile, è sempre stata nella Chiesa la stella polare per ogni donna cattolica, in grado di dirigere con dolcezza e fermezza, con mitezza e determinazione, i passi di ciascuna, sposa o suora che fosse. La donna è chiamata ad essere sposa e madre, sempre, anche quando sceglie l’abito religioso, perché sposa di Cristo e madre spirituale di molti. Se così non fosse sarebbe un’irrealizzata, una frustrata, un prodotto della rivoluzione in itinere, che non ha nulla a che vedere con lo sguardo di eternità della Chiesa, mai legato, per principi e catechesi, alle contingenze e agli accidenti della contemporaneità.
La Madonna non ha mai voluto prendere il posto degli Apostoli e gli Apostoli le hanno sempre riconosciuto il suo elevatissimo gradino di merito e privilegio: unica creatura umana ad essere stata preservata dal peccato originale. Maria Vergine è così sublime, nel suo candore e nella sua potenza d’amore, così immensa nel suo essere Madre di Dio, che è fuori dagli esercizi di potere ecclesiastico. Dio le ha affidato altri compiti, così come li ha affidati alle donne, compiti di carattere nobilissimo, ma diversi da quelli maschili. Anzi, la donna che scimmiotta l’uomo è assai ridicola e lo è perché non è se stessa.
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Affermò Innocenzo III: «anche se la beatissima Vergine Maria si trova in un grado più alto ed è più di tutti gli apostoli messi insieme, il Signore non ha affidato a lei, ma agli apostoli, le chiavi del regno». Il Creatore assegna compiti per ogni creatura che umilmente si pone al Suo servizio e al servizio della Chiesa, e cercare di adempiere la Sua volontà significa realizzare se stessi, ottenendo la pace per sé e irradiandola intorno a sé, com’è avvenuto alla Madonna e a tutte le sante.
Le donne del medioevo, in un mondo in cui non esisteva la distorsione del pensiero femminista e, dunque, non c’era nessun antagonismo fra maschi e femmine, le donne religiose sono state donne e come tali hanno avuto riconoscimenti eccelsi, basti ricordare santa Ildegarda di Bingen, santa Chiara di Assisi, santa Matilde di Hackeborn, santa Gertrude la Grande, santa Angela da Foligno, santa Brigida di Svezia, Margherita d’Oingt, santa Giuliana di Cornillon o di Liegi, santa Caterina da Siena, Giuliana di Norwich, santa Veronica Giuliani, santa Caterina da Bologna, santa Caterina da Genova, beata Caterina da Racconigi, santa Giovanna d’Arco… un lungo elenco di autentici volti femminili, che non hanno sentito l’esigenza di indossare maschere allegoriche e pseudoreligiose.
Lucetta Scaraffia è molto fiduciosa in Papa Francesco, ma è pessimista sulla Curia «che non vuole le donne in ruoli direttivi della Chiesa». Al fondo dell’intervista è stato scritto che il Concilio di Calcedonia del 451 stabilì al Canone XV il ministero diaconale alle donne; ma non è vero: le diaconesse dei primi secoli, seppure così chiamate, non sono da confondersi con i diaconi che ricevevano l’ordinazione sacramentale, diventando parte integrante della gerarchia ecclesiastica.
Quindi non si trattava di donne che avessero ricevuto l’ordine sacro; quel Concilio parla in realtà di alcune incaricate in modo permanente a compiere determinati servizi, come istruire le donne catecumene (che avevano chiesto di ricevere il battesimo), sorvegliare la porta durante la Liturgia, compiere atti di varia carità. Sant’Epifanio afferma: «Quantunque ci siano nella Chiesa delle diaconesse, tuttavia non sono incaricate di servizi sacerdotali o per servizi simili, ma per sorvegliare sui buoni costumi delle donne». Di questo tipo di diaconesse parla anche san Paolo, con parole di manifesta gratitudine: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre: ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch’essa infatti ha protetto molti, e anche me stesso» (Rm 16,1-2).
Alle suore ribelli e scalpitanti, che ambiscono ai posti d’onore, quelli che catturano gli occhi delle telecamere, ma non quelli di Dio, ricordiamo ciò che scrisse la mistica Madre Luisa Margherita Claret de la Touche (1868-1915): «La mia ragion d’essere è di essere un nulla, una piuma che vola al vento, un granello di sabbia sollevato dal mare; ma questa piuma, questo granello di sabbia, messaggeri dell’Amore Infinito» (Lettera a Padre A. Charrier, 27 dicembre 1908).
Infatti era sorta l’Opera dell’Amore Infinito, esplicita richiesta di Gesù Cristo affinché si potesse offrire, proprio attraverso l’umile suora esiliata in Italia a causa delle feroci leggi anticlericali francesi, linfa orante e rigenerante per il bene dei presbiteri. Il 6 giugno 1902, festa del Sacro Cuore, mentre la Venerabile visitandina adorava il Santissimo Sacramento e mentre chiedeva di poter avere qualche anima da formare per il noviziato del suo convento, si era sentita rispondere da Gesù: «Ti darò delle anime di uomini».
Non comprendendo il senso di quelle parole, rimase in preoccupato silenzio, ma l’enigma si sciolse quando Cristo disse alla fedele sposa: «Ti darò delle anime di sacerdoti», perché «tu ti immolerai per i miei sacerdoti. Il mio prete è un altro me stesso. Io lo amo, ma deve essere santo. Diciannove secoli fa, dodici uomini hanno cambiato il mondo; ma non erano solo uomini: erano sacerdoti. Anche oggi dodici sacerdoti potrebbero cambiare il mondo». (Cristina Siccardi)