PAOLO GULISANO, Viva Cristo Re! Cristeros: il martirio del Messico 1926-29, con presentazione di Franco Cardini, Il Cerchio Iniziative editoriali, 1999, Via Gambalunga 91, 47900 Rimini, pp. 146, € 12,50
Il libro di Gulisano è dedicato ad un episodio assai poco conosciuto della vita del moderno Messico. Si tratta dello scontro tra la classe dirigente del paese, di orientamento massone e socialista, da una parte ed il popolo cattolico che rivendicava solo il diritto di poter continuare a professare la propria fede, dall’altra.
Come ricorda l’autore del libro, la vicenda trova significativi paralleli nelle violente repressioni operate al tempo della Rivoluzione francese dalle ‘colonne infernali’ nella ribelle Vandea cattolica ed in quella messa in atto appena pochi anni prima da Lenin in Russia contro le chiese cristiane.
Per spiegare la vicenda messicana degli anni 1926-1929, Gulisano prende le mosse dal punto di svolta della storia messicana che & rappresentato dalla separazione del Messico dalla Spagna avvenuta nel secolo XIX. Tranne una brevissima parentesi, a succedersi al potere nel paese sono infatti soltanto esponenti rivoluzionari accomunati tra loro dalla ferma volontà di sradicare il cattolicesimo. La loro opera dovette essere tanto più violenta quanto maggiore era stata la penetrazione della fede nel Messico, iniziata -ricorda a lungo Gulisano- sin dal momento della colonizzazione spagnola e contrassegnata dall’apparizione di Guadalupe del 1531. Qui la Vergine Maria aveva lasciato quale segno soprannaturale la propria immagine riflessa sul mantello dell’indio Juan Diego (poi canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002).
Al pari dell’immagine della Vergine sul mantello, anche la fede era rimasta indelebilmente impressa in quel popolo messicano. Proprio per questo motivo, una secolare pubblicistica di impronta laicista, adirata perch& il popolo messicano non voleva affatto convertirsi a quel radicalismo illuminista che le classi dirigenti importavano dai vicini Stati Uniti, lo avrebbe poi caricaturalmente descritto come passivo, gretto, reazionario, bigotto: con un modello destinato a perpetuarsi in film e libri fino ad oggi..
A partire da questa compenetrazione tra il popolo messicano e la sua fede, Paolo Gulisano ripercorre nel libro le oppressive legislazioni anticattoliche che, ad ogni rivolgimento politico, si succedono in Messico, per soffermarsi infine sugli avvenimenti che fanno seguito alla morte di Porfirio Diaz nel 1911. E’ da quel momento, infatti, che si prepara lo scontro finale fra il popolo e la classe dirigente del paese.
Di tale recrudescenza della persecuzione laicista l’episodio emblematico la costituzione detta di Queretaro del 1917, rimasta in vigore fino al dicembre 1991 (seppure, poi, nel tempo, applicata con minor rigore), che rende illegale la pratica religiosa.
Allo scontro si arriva però nel 1926 quando il Presidente Calles propone la ‘soluzione finale’ della questione cattolica: essa consiste nella previsione di pene severe, fino alla messa a morte per chi battezza, contrae matrimonio religioso o fa catechismo; per i sacerdoti che indossano la talare per tutti coloro, insomma, che professano la fede. Ai cattolici va riconosciuto di aver sopportato fino all’impossibile e di aver cercato fino all’ultimo una via pacifica; solo infatti quando questo non appare più possibile che nasce l’insurrezione. Essa prese il nome di Cristiada mentre cristeros furono detti i suoi protagonisti.
Particolare attenzione Gulisano dedica quindi alla formazione dell’Esercito di Cristo Re (questo era il suo nome ufficiale) soprattutto per comprendere quale fu lo spirito che l’animò sino alla fine ed all’illustrazione dell’enciclica Iniquis afflictisque emanata, proprio durante lo scontro, da Pio XI a sostegno delle ragioni dei cristiani.
Uno dei capitoli più commoventi del libro è dedicato alla descrizione delle figure che si arruolano e muoiono martiri nelle file dei Cristeros. Spicca tra tutti costoro, la figura del gesuita p. Miguel Pro, ucciso in odio alla fede e, di recente, canonizzato da Giovanni Paolo II.
Chiude il libro la descrizione delle vicende che segnarono la fine dell’insurrezione cristera con il tragico seguito di repressioni ai danni della popolazione sempre nel tentativo di estirpare la fede dal paese.
La pressoché totale ignoranza che circonda il martirio dei cristeros anche all’interno del mondo cattolico, suggeriva da tempo che qualcuno fosse disposto a ripercorrere la loro vicenda storica anche perchè una loro storia completa è mai stata scritta: nemmeno dai vincitori. Questa restituzione della memoria è stato l’intento dell’autore: sulla scia, del resto, del Pontefice che, in più occasioni, ha indicato nei martiri messicani del XX secolo i modelli di un’autentica fede.
Andrea Gasperrini
I martiri di Cristo Re
di Paolo Gulisano
Sono i Cristeros, cattolici perseguitati che per affermare il loro diritto di vivere la fede si trovarono costretti a prendere le armi. Al grido di Viva Cristo Rey. In Messico, negli anni Venti del secolo scorso. Dominato dalla Massoneria.
[Da "Il Timone" n. 14 Luglio/Agosto 2001]
Tra gli eventi che nel XX hanno visto per protagonisti quelli che Giovanni Paolo II chiama "i nuovi martiri", uno era finora sfuggito all’attenzione del grande pubblico: il martirio subito dalla Chiesa in Messico. Raccontiamo questa storia dimenticata, che diffficilmente si trova nei libri di storia, quella di una rivolta di coraggiosi, di contadini, maestri, impiegati, madri di famiglia, che insorsero in difesa della libertà concrete (di fede, di diritto ad un insegnamento libero, ad una socialità non soffocata dallo Stato), che combatterono contro il genocidio culturale: l’epopea dei Cristeros.
Prima della celeberrima rivoluzione avvenuta agli inizi del XX secolo, il Messico aveva conosciuto, nello spazio di cinquant’anni, settantadue colpi di stato e trentasei costituzioni: la corsa al potere era continua e avveniva nel crepitio delle fucilate. Tra i vari litiganti chi seppe trarre profitto fu l’Amministrazione Statunitense, appoggiando di volta in volta gli ambiziosi contendenti e soffiando sul fuoco della discordia. Fin dai primi anni della loro indipendenza gli Stati Uniti rivolsero particolare attenzione alle ricchezze dell’ex-colonia spagnola. Ai primi dell’Ottocento incorporarono la Louisiana e la Florida, e oltre ai commerci vi impiantarono ben presto un’aggressiva attività missionaria protestante, allo scopo di "delatinizzare" quelle regioni la cui popolazione era quasi interamente cattolica. A metà del secolo, gli USA crearono un incidente diplomatico col Messico, a cui fece seguito una breve ed intensa guerra di annessione: a bandiera a stelle e strisce sventolò così in tre nuovi stati – il Texas, la California, il New Mexico – un territorio enorme e dalle immense risorse naturali. Fu sempre Washington ad appoggiare le rivolte che servivano a sbarazzarsi di uomini divenuti non graditi, sostituendoli con personaggi più malleabili, che appena giunti al potere si affrettavano a rilasciare concessioni minerarie a importanti compagnie americane per lo sfruttamento di oro, platino, mercurio, rame, ferro, carbone e argento.
Per lo più, alla vigilia della prima Guerra Mondiale, una nuova scoperta, quella del petrolio, accentuò l’interesse nord-americano per i territori al di là del Rio Grande.
Scoppiata la Rivoluzione nel 1910, una serie di ditattori si susseguì al potere: dapprima Carranza, autore nel 1917 di una Costituzione ferocemente anti-cattolica, e quindi Obregone Callas, eletti coi voti del 2% della popolazione.
La Rivoluzione, inizialmente sostenuta dalla sollevazione dei peones, che sognavano una più equa riforma agraria e che erano animati da un profondo sentimento religioso, finì in realtà per porre a capo della nazione messicana una classe dirigente massonica che diede il via ad una massiccia opera di scristianizzazione della società. Il generale Plutarco Calles fu il principale protagonista dell’opera di persecuzione. Nato negli USA, fu l’esponente di quell’ideologia apparentemente contradditoria – un misto di liberismo e leninismo, di giacobinismo e autoritarismo pragmatico – che diede i fondamenti ideologici e pratici al "Partido Revolucionario lnstitutional". Il collante di tale composita ideologia fu l’appartenenza massonica dei suoi seguaci e un nemico da abbattere con odio determinato: la Cbiesa Cattolica. La persecuzione religiosa raggiunse il suo vertice con la "Legge Calles" del 14 giugno 1926, con la quale la Chiesa Cattolica, che rappresentava non solo la religione del popolo messicano, ma la sua stessa anima e identità culturale e nazionale, tu privata di tutti i diritti.
I vescovi messicani, sostenuti da Papa Pio Xl, ordinarono di chiudere al culto le chiese, dal momento che ne andava della vita stessa dei sacerdoti e della libertà del popolo di Dio. Cominciò a scorrere il sangue dei martiri, I cattolici perseguitati trovarono il coraggio di manifestare pubblicamente la propria fede, affrontando dapprima la repressione poliziesca e quindi quella militare. Calles impose aqli impiegati cattolici una scelta: rinunciare a Cristo o perdere il posto. Su 400 maestri di Guadalajara, ben 389 preferirono essere destituiti piuttosto che rinnegare la fede. Mentre le prigioni andavano riempiendosi sempre più, i cattolici costituitisi nella "Lega per la difesa della libertà religiosa", continuarono la battaglia civile e non violenta con il boicottaggio nei confronti dello Stato: acquistare solo lo stretto necessario, disertare teatri e luoghi di divertimento, rinunciare a viaggi, ritirare i depositi dalle banche. Il boicottaggio venne propagandato dai giovani attivisti in vari modi e in ogni parte del paese e la risposta violentissima del regime non si fece attendere: le detenzioni vennero sostituite dalle esecuzioni sommarie. Il generale Gonzales, comandante delle truppe della regione di Michoacan, emise questo decreto in data 23 dicembre 1927: "Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato".
A Citta del Messico, in tutta risposta, convennero folle di pellegrini da ogni parte della nazione, a ricordo del primo Congresso Eucaristico Nazionale, tenutasi nel 1924 con grande successo, nonostante le restrizioni governative, e sulla cima del Cubilete, centro geografico della nazione, per la prima volta venne lanciato il grido fatidico, segnale di riscossa e di insorgenza, che doveva diventare il grido dei martiri davanti ai plotoni di esecuzione o alle forche di questa nuova Vandea: "Viva Cristo Re!". Ma dì fronte agli arresti, alle confische, ai campi di concentramento, agli stupri e agli eccidi, consumati nell’indifferenza internazionale, rotta solo dalle vibranti proteste del Vaticano, i cattolici si trovarono senza altra alternativa, dopo la testimonianza, il boicottaggio e la resistenza passiva, che prendere le armi: divennero soldati, soldati di Cristo Re o, come venivano sprezzantemente definiti dai nemici, "Cristeros".
L’11 gennaio 1927 fu proclamato il Manifesto alla nazione detto "de los Altos" e nacque l’Esercito Nazionale dei Liberatori. Il programma politico prevedeva la restaurazione di tutte le libertà soppresse.
L’esercito si organizzò disponendo unicamente del sostegno dei volontari e della popolazione civile. Le colonne si spostavano continuamente in una tattica di guerriglia.
L’armata era composta di giovani, contadini e operai, studenti e impiegati, animati e uniti da uno spirito ammirevole: alla sera, prima di addormentarsi, i Cristeros cantavano l’inno "Tropas de Maria". Quando era possibile si conservava il Santissimo, e i soldati si davano il cambio ogni quarto d’ora per L’adorazione. I capi portavano la croce sul petto e i soldati l’immagine della Vergine di Guadalupe; prima di dare battaglia, tutti si facevano il segno della croce e poi si battevano al grido di "Viva Cristo Re". Lo spazio non ci consente di elencare i tanti protagonisti dell’eroica insurrezione, i valorosi e i martiri, alcuni dei quali, sotto il pontficato di Giovanni Paolo II, hanno raggiunto la gloria degli altari, come il gesuita Padre Miguel Agustin Pro, fucilato senza processo.
Fu una Vandea, abbiamo detto, ma con una conclusione diversa: il desiderio di vedere cessare definitivamente le sofferenze del popolo messicano portò l’Episcopato a siglare accordi con il governo. Il 29 giugno 1929, festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, le chiese del Messico si riaprirono al culto, e le campane tornarono a suonare nel paese: vennero celebrate Messe ovunque, tra l’entusiasmo della popolazione. I Cristeros deposero le armi: discesero dai monti, sciolsero i battaglioni che per tre anni avevano tenuto testa alle truppe governative, e tornarono ai loro villaggi e alle loro città. La gioia per il ritorno della pace si accompagnò però nei loro cuori all’amarezza per la mancata vittoria: i nemici di sempre rimanevano ai loro posti di comando e la tregua, così frettolosamente raggiunta. sapeva di compromesso.
Molti esponenti dei Cristeros si sentirono traditi: non era stato firmato un accordo, ma una resa. Numerosi membri del clero e laici noti per il loro impegno antigovernativo vennero esiliati e molti Cristeros, appena deposte le armi, furono arrestati e fucilati. Non pochi paesi che avevano dato loro ospitalità vennero saccheggiati e i sacerdoti ritornati nelle loro parrocchie divennero bersagli dell’ostilità governativa.
Prese il via un’opera più raffinata e meno cruenta di marginalizzazione dell’identità religiosa e culturale del popolo messicano.
Secondo il filosofo argentino Alberto Caturelli, "il popolo messicano è il prototipo di una comunità martire, della cui testimonianza partecipano tutti i popoli della iberoamerica. Popolo di Cristo Re la cui epopea cristiana ha consacrato tanti messicani come testimoni del Testimone". Impossibile immaginare una gloria maggiore: a noi il dovere dl. non soccombere alla maledizione della dimenticanza.
Bibliografia
Paolo Gulisano, Viva Cristo Re! Cristeros: il martirio del Messico 1926-29. Il Cerchio, Rimini 1999.
L. Zilliani, Messico Martire, Soc. Ed. S. Alessandrino, Bergamo 1935.
Vandea e Messico, Edizioni Centro Grafico Stampa, Bergamo 1993.
Cronologia
· Dicembre 1916: attraverso elezioni manipolate, Carranza diventa Presidente del Messico. Egli si appoggia al liberalismo giacobino, al protestantesimo nordamericano e alla massoneria. Sì inaugura la serie di governi anticattolici che domineranno il Messico per tuffo il secolo XX.
· 5 febbraio 1917: viene approvata la nuova Costituzione massonica. La Costituzione proibisce l’insegnamento religioso, spoglia la Chiesa di tutti i suoi beni, limita il numero dei sacerdoti e l’esercizio del loro ministero, nega alla Chiesa personalità giuridica, vieta ai sacerdoti di avere proprietà, di votare, ereditare, ma li obbliga al servizio militare. Nel biennio successivo, undici tra arcivescovi e vescovi vengono esiliati negli USA, due a Cuba, altri in Europa. Centinaia di sacerdoti e religiosi vengono cacciati e duemila scuole cattoliche vengono chiuse.
· 1920: un colpo di Stato militare depone Carranza. lì generale Alvaro Obregòn (1880-1928) è il nuovo presidente.
· 1924: Scaduto il mandato presidenziale di Obregòn, inizia la "staffetta" con Plutarco Elias Calles.
· 21 aprile 1926: una lettera pastorale dei vescovi messicani accusa il governo di voler "annichilire il cattolicesimo", aprire le porte ai Protestanti e favorire la Massoneria.
· 14 giugno 1926: viene emanata la "legge Calles", che restringe ancor di più la libertà religiosa.
· 31 luglio 1926: per la prima volta, dopo più di 400 anni, i vescovi decidono di sospendere il culto pubblico in tutte le chiese del Messico. Si vive come in un lutto nazionale.
· Agosto 1926: si contano sei rivolte in diverse zone del Paese e numerose proteste di piazza. La rivolta dei Cristeros è iniziata. Dopo un anno, i Cristeros in armi sono circa 25.000.
· 18 novembre 1926: nell’Enciclica Iniquis afflictisque, Papa Pio Xl richiama l’attenzione della Chiesa universale sulla "paurosa situazione" dei cattolici messicani.
· 21 giugno 1929: i vescovi Ruiz Flòres e Pascual Diaz firmano con il Presidente ad interim Emilio Portes Gil un modus vivendi che pone fine agli scontri. lì 29 giugno si riaprono le chiese. Ma la persecuzione continua. Nel 1935 si contano in Messico poco più di 300 sacerdoti, sugli oltre 4.000 presenti all’inizio della rivolta. In 17 Stati non si tollera la presenza di alcun sacerdote. La cristiada era costata la morte di 30.000 cristeros a cui vanno aggiunti 150.000 morti tra il popolo e quasi 40.000 caduti dell’esercito governativo.