Clamorosa dimostrazione del legame tra progressismo, omosessualismo e pedofilia
Custodito dagli anni Sessanta, quando non era vietato
Scandalo in Svezia, la biblioteca reale piena di materiale pedopornografico
Polemiche per la facile accessibilità a riviste oggi severamente proibite
MILANO – In materia di sessualità la Svezia è sempre stata all\’avanguardia. Forse anche un po\’ troppo, visto lo scandalo di cui è protagonista in questi giorni la Kungliga Biblioteket (Biblioteca reale) di Stoccolma e denunciato dal quotidiano scandinavo in lingua inglese The Local. Secondo il giornale un\’intera sezione della biblioteca sarebbe dedicata a materiale pornografico e tra i magazine presenti sugli scaffali ci sarebbero centinaia di riviste pedopornografiche.
LEGGI PROGRESSISTE – La presenza di questo materiale si spiega facilmente: una delle norme che rendono la Biblioteca reale una delle più prestigiose della Svezia è quella che impone alla struttura di custodire almeno una copia di tutto ciò che è stato pubblicato in Svezia negli ultimi decenni, incluse le tante riviste pedopornografiche stampate negli anni Sessanta dello scorso secolo. Proprio in quel decennio infatti la Svezia fu investita da una forte corrente progressista e nel 1960 fu legalizzata la pornografia infantile. Nel 1971, addirittura, una nuova norma rafforzò la precedente: essa legalizzava qualsiasi materiale pornografico e dichiarava che non era più proibito riprodurre scene violente in cui comparivano bambini, animali o qualsiasi essere vivente. Fu il trionfo della pedopornografia: nelle edicole svedesi furono commercializzati diversi magazine dai titoli eloquenti come Teenangels, Bambino e Lolita, tutti oggi custoditi gelosamente negli archivi della Biblioteca Reale. La Rfsl (Federazione svedese per i diritti di gay, lesbiche e transgender) inoltre creò una lobby che, appellandosi a un fantomatico «diritto del bambino alla sessualità», riuscì in quegli anni a ottenere pene meno severe per coloro che si macchiavano di reati sessuali contro i minori.
LEGGI CONTRADDITORIE – Nel 1976 sotto pressione della Rfsl il governo prese in considerazione la possibilità di decriminalizzare anche l\’incesto, ma la proposta non divenne mai legge, ma anzi nel 1980 anche la pornografia infantile divenne nuovamente reato. Oggi la Svezia è molto severa su temi come pedofilia e prostituzione, ma nel Paese scandinavo, a causa degli errori commessi in passato, accade una cosa insolita: da una parte è illegale possedere o distruibuire materiale pedopornografico, dall\’altra basta visitare la Biblioteca Reale per poter consultare riviste del genere. È quello che ha fatto Valentin Bart, un ex commesso che negli anni Settanta ha lavorato per un anno in una libreria pornografica vicino alla stazione centrale di Stoccolma. Bart ha visitato recentemente la biblioteca e ha raccontato al quotidiano Expressenquanto sia semplice consultare materiale pedopornografico: «Quelle riviste contenevano immagini davvero rivoltanti», ha dichiarato Bart. «Per consultarli ho dovuto riempire un modulo e inviare una lettera dove spiegavo le ragioni che mi spingevano a esaminare queste riviste. Qualsiasi pedofilo può fare la stessa cosa».
RICHIESTA – Nella lettera per ottenere il permesso Bart ha scritto che doveva fare un\’inchiesta sulla pedopornografia nella storia della Svezia. La sua richiesta è stata immediatamente accettata. Sara Bengtzon, portavoce della Biblioteca Reale, si difende affermando che ogni documento pubblicato in Svezia deve essere archiviato e che «le riviste più ambigue» possono essere consultate solo da «ricercatori, giornalisti e altri persone che mostrano di avere un\’alta credibilità. Quando ci chiedono di visionare materiale del genere noi facciamo sempre un\’attenta analisi della richiesta e del personaggio che inoltra la domanda», dice la portavoce, che conferma che nel caso di Bart non sono stati fatti tutti i controlli di rito: «Tutti possono sbagliare, persino la Biblioteca Reale», taglia corto la Bengtzon. «Tuttavia non posso assicurare che un errore del genere non sia già capitato».
Francesco Tortora
CorSera 22 gennaio 2009