Pacs in piazza, no di Prodi «Amareggiato, è folclore»
Il leader dell’Unione telefona a Franco Grillini «La manifestazione di domani è un errore»
ROMA – Prima un attimo di sconforto: «Ecco, ci mancava anche questa…». Poi la decisione di non prestare il fianco a equivoci, intervenendo in prima persona. Romano Prodi non ha avuto esitazioni nel dissociarsi totalmente dalla manifestazione di domani in piazza Farnese, a Roma, durante la quale alcune coppie di fatto renderanno pubblica la loro convivenza in una sorta di «nozze simboliche». Con toni piuttosto eloquenti, il leader dell’Unione ha telefonato a Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay e deputato diessino, comunicandogli di «non condividere nella maniera più assoluta» le modalità della manifestazione ed esprimendo «tutta la sua amarezza» per il rischio che iniziative di questo tipo possano esporre la coalizione a polemiche strumentali su quella parte del programma che prevede il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto. Prodi ha anche contestato il contenuto della manifestazione: «È un inutile scimmiottamento dei matrimoni: non è certo con iniziative di dubbio carattere folcloristico che si affronta una questione così socialmente delicata».
Viene da lontano la rabbia del Professore. Sono mesi che battaglia dentro e fuori la coalizione sulle coppie di fatto. Accusato dal centrodestra di sposare posizioni simili a quelle di Zapatero e costretto a faticose mediazioni con l’ala rutelliana dell’Unione (più sensibile alle istanze della Chiesa), Prodi, «assolutamente convinto della necessità di dare un riconoscimento giuridico alle coppie di fatto, ma nello stesso tempo contrario a matrimoni e adozioni gay», è riuscito solo di recente a trovare una formula condivisa dall’intera coalizione. Nella bozza di programma elaborata in dicembre nel seminario di San Martino in Campo, sostituito il termine «coppia di fatto» con «unioni civili», vengono sancite forme di riconoscimento più blande di quelle previste dal modello dei Pacs francesi, facendo rientrare la questione in un ambito più privatistico. Una mediazione difficile, che ha consentito a Prodi di incassare il via libera dei centristi dell’Unione, mantenendo agganciata l’ala più radicale. Ma ora la cerimonia di piazza Farnese rischia di riaccendere gli animi. «È assurdo che il dibattito si concentri solo sulle coppie gay, dimenticando che il nostro obiettivo è invece dare un riconoscimento a tutte le convivenze, la maggioranza delle quali sono eterosessuali»: nasce da qui la rabbia prodiana.
Francesco Alberti
LA PARLAMENTARE Anna Finocchiaro (Ds): non capisco Romano
ROMA – «Prodi è amareggiato per la manifestazione in favore dei Pacs? Non capisco quale sia il problema», dice Anna Finocchiaro, ds in commissione Giustizia alla Camera. Sarebbe spiacevolmente sorpreso della partecipazione di esponenti dell’Unione, visto che nel vertice di San Martino in Campo la coalizione ha deciso di non utilizzare più il termine Pacs ma di optare per unioni civili.
«In Parlamento esiste una proposta di legge trasversale, appoggiata anche da alcuni esponenti del centrodestra, che parla espressamente di Pacs. Di fatto è un testo che regolamenta le unioni civili. A volte i termini prevaricano la sostanza ma, insomma, ormai tutti parlano di Pacs, è un’espressione che ha preso piede. Ma è un litigare sulle parole, guardiamo invece al merito. Ecco, io posso comprendere da parte di Prodi una valutazione sull’opportunità politica di fare questa manifestazione, ma nel merito credo proprio che non ci siano differenze. Stiamo parlando della stessa cosa».
Prodi sarebbe scontento perché tutta l’Unione si è espressa contro i Pacs visti come surrogati di matrimonio.
«Ma il testo di cui parlo io, e che abbiamo già cominciato a discutere in commissione Giustizia con molta cautela, facendo molte audizioni e procedendo con estrema prudenza, non contempla alcun surrogato di matrimonio, è una legge che regola i rapporti interpersonali».
Al leader dell’Unione non sembra piacere l’idea di far svolgere cerimonie simboliche in piazza Farnese.
«Secondo me è soltanto un modo ludico per richiamare l’attenzione sul tema, che è molto importante. Ci saranno anche coppie eterosessuali, non soltanto omosessuali, perché non dovremmo parlarne? Non è il momento? E perché no? Io credo che in Italia ci siano milioni di persone interessate alle unioni civili. Non dobbiamo restare prigionieri delle critiche strumentali della destra».
Mariolina Iossa
Il capogruppo ds al X Municipio di Roma: vivo con Claudio da 4 anni, nella chiesa non tutti seguono la linea del Vaticano
«Siamo cattolici e ci amiamo, sì ai Pacs»
ROMA – «Il Papa è fuori della realtà. Non conosce i veri sentimenti della gente comune». Parola di cattolico. Un cattolico gay che vive da quattro anni con un ragazzo cattolico come lui, anzi più cattolico di lui, perché ha fatto parte della rinomata Azione cattolica. Si tratta di Alfredo Capuano, capogruppo ds al X Municipio di Roma. La condanna delle coppie di fatto pronunciata ieri dal pontefice Benedetto XVI non lo sorprende più di tanto. «Le gerarchie vaticane ripetono da anni gli stessi concetti. Accadeva anche con Giovanni Paolo II. Dicano pure, ma la base cattolica non li ascolta». Domani Capuano si presenterà a piazza Farnese col suo compagno, uno studente universitario di nome Claudio Saliola. La loro sarà una delle coppie alle quali darà una simbolica benedizione il viceprocuratore generale della Cassazione Giovanni Palombarini. Capuano, perché dice che la base cattolica non ascolta il papa?
«Nel mondo cattolico, quello reale delle parrocchie, è in corso un dibattito molto vivace, ma aperto, senza preconcetti. Quasi nessuno mette più in dubbio che una coppia di fatto, sia omosessuale che eterosessuale, abbia il diritto di condurre una vita normale. Per la mia esperienza la maggior parte dei cattolici che frequenta regolarmente le parrocchie non la pensa come il Papa. Me lo confermano anche i colleghi della Margherita che seguono le discussioni tra i cattolici su questi argomenti».
Il Papa teme che questo possa danneggiare il matrimonio come istituzione.
«Ma nessuno vuole distruggere il matrimonio. Chi si vuole sposare lo fa tranquillamente. Il problema è riconoscere a chi vuole un tipo di unione diversa il diritto di costruirla».
Lei come cattolico non ha qualche dubbio ascoltando le parole del Papa?
«Non direi. Fra le stesse gerarchie vaticane è in corso un dibattito. I vescovi ne discutono e non tutti sono sulla linea del Papa. Noto per esempio che il cardinale Tettamanzi è più comprensivo, esprime valutazioni diverse. Io spero che la discussione si allarghi anche alle altre religioni e provochi la fine delle opinioni oscurantiste».
Come politico ha mai avuto problemi a causa della sua relazione?
«No. Vivo con Claudio da quattro anni. Il nostro rapporto è sereno».
Diceva che anche lui è cattolico.
«Lui vive il sentimento religioso con molta più intensità di me, ha fatto parte dell’Azione cattolica, e un po’ ci soffre a sentire certe affermazioni del Papa. Le ascolta e si amareggia».
Nel senso che non le condivide?
«Proprio così. Lui ritiene che sia assurdo ribadire queste prese di posizione antiquate. Bisogna essere più ragionevoli, guardare in faccia la realtà, rendersi conto che il mondo è cambiato».
Perché ha accettato di presentarsi in pubblico domani col suo compagno?
«Credo che sia utile dare un segnale. Da una parte far vedere all’opinione pubblica che noi usciamo allo scoperto senza problemi. Dall’altra dare coraggio a chi vive una situazione come la nostra e ha timore di cosa possa pensare la gente».
Marco Nese