CorSera 28 febbraio 2006
Sì a operazioni per le orecchie a sventola e la liposuzione. Niente bisturi per labbra e lifting sotto i trent’anni. Seicentomila richieste in Italia nel 2004
Naso, seno, bocca: la chirurgia estetica secondo l’Opus Dei
I medici chiamati a Roma dall’organizzazione cattolica: «Metà degli interventi sono solo uno sfizio»
ROMA — «Certo, non è facile ricevere un paziente che ti dice voglio un lifting e spiegargli che farebbe meglio ad andare dallo psichiatra. Ma la metà degli interventi richiesti andrebbero rifiutati: non servono o sono addirittura dannosi». Anche i chirurghi estetici hanno un’etica. Perché a parlare non è un’eremita che rifugge le terrene tentazioni ma proprio uno di loro: Nicolò Scuderi, professore di chirurgia plastica alla Sapienza di Roma. E perché l a sua non è un’uscita personale ma la sintesi di una posizione condivisa da molti suoi colleghi. Certo, si fa presto a predicare la continenza quando il convegno non è in un 5 stelle sulla Costa Azzurra ma in una sala del Comune di Roma con l’organizzazione niente meno che dell’Opus Dei. Ed è facile parlare di limiti della chirurgia estetica quando la domanda è in continua crescita e si fatica a star dietro alle richieste: 600 mila interventi nel 2004 solo in Italia, con un aumento che supera il 10 per cento l’anno. Ma resta il segnale di una piccola svolta.
Spiega Paolo Persichetti, professore di chirurgia plastica all’Università campus biomedico di Roma, il policlinico vicino all’Opus Dei che ha promosso l’incontro, affollato da medici e scienziati di comprovata fede: «Il nostro compito dovrebbe essere quello di rimuovere solo quei difetti fisici che diventano un problema psicologico. Dovremmo invece opporci all’uso consumistico del bisturi, fermare chi rincorre un’ideale di bellezza artificiale e chi ne approfitta per far soldi». Chirurghi dell’anima e non semplici cancella rughe. «Un conto — dice ancora Persichetti — è correggere un difetto, ricostruire un seno dopo l’asportazione di un tumore, un altro è trasformare un individuo». E allora sì, naturalmente, agli interventi che ricostruiscono una parte del corpo rovinata da un incidente (è chirurgia plastica anche questa). Sì alle operazioni che modificano sì l’estetica ma restituiscono anche una funzione del corpo, come nel caso del labbro leporino. Ma come capire se chi bussa alle porte della clinica lo fa perché quel difetto fisico gli sta rovinando la vita oppure perché vuole costruirsi una bellezza che esiste solo in tv. Come distinguere tra sofferenza psicologica e semplice sfizio?
«Non è facile — ammette il professor Scuderi — bisogna analizzare caso per caso ». Ma qualche esempio è possibile. A farli è proprio il professor Persichetti, l’organizzatore del convegno che lavora nel policlinico dell’Opus Dei. Va bene l’eliminazione delle orecchie a sventola: «Specie per i bambini— spiega—può diventare un vero e proprio trauma quando vengono presi in giro dai compagni di scuola». Sì anche a chi ritocca il naso, «quando il difetto è grave e il paziente finisce per non accettarsi». Comprensibile la liposuzione, anche qui «se la massa da eliminare è tanta e non serve solo a creare una silhouette da modella». Niente bisturi, invece, per chi vuole rinforzare le labbra, per chi pensa già al lifting sotto i 30 anni. E per chi vuole rifarsi il seno: «Non quando il problema è grave ma solo quando l’intervento serve solo a guadagnare quella misura in più».
Solo belle intenzioni? No secondo Paola Binetti, la neuropsichiatra infantile che siede nel Comitato nazionale di bioetica, la ruiniana di ferro che alle prossime elezioni correrà per la Margherita. Anche lei ha partecipato al convegno organizzato dall’Opus Dei: «È una distinzione sensata — spiega —anche perché gli interventi ammessi sono quelli che rafforzano l’immagine già esistente mentre quelli criticati rischiano di costruirne una artificiale». Lei, però, alla chirurgia estetica come rimedio all’età che avanza non ci pensa proprio: «Non mi tingo nemmeno i capelli, figuriamoci il bisturi, ma riconosco che ognuno di noi ha il diritto di sentirsi a proprio agio con se stesso. Quella che bisogna cercare davvero, però, è la bellezza che non finisce mai, quella dentro di noi». Certo, se tutti facessero così, i chirurghi estetici che fine farebbero?
Lorenzo Salvia