(CorSera) La difficile ‘unitatis redintegratio’

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Benedetto e Bartolomeo, un abbraccio non inutile


di
Vittorio Messori

 

CorSera 1-12-2006

Si sa che l’enfasi giornalistica dovrebbe limitare l’abuso dell’aggettivo «storico ». Un termine che è di certo eccessivo anche per l’incontro tra Benedetto XVI e Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, Istanbul da ormai cinque secoli e mezzo. La cordialità di quell’incontro è certo confortante, ma è nella linea di quella che caratterizzò l’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora nell’ormai lontano 1965 con la revoca delle scomuniche reciproche, nonché di quella di cui fu protagonista Giovanni Paolo II in visita anch’egli al Fanar sul Bosforo.

La storia insegna che non c’è da illudersi. I più, ad esempio, ignorano che lo scisma tra Oriente ed Occidente, consumato nel 1054, fu dichiarato superato nel quarto Concilio di Firenze, nel 1439, con la firma solenne di un «decreto di riunione» tra latini e greci.Manon furono che chiffons de papier, che non solo non ebbero seguito ma provocarono la rivolta dell’Oriente, con tentativi di linciaggio dei «traditori» che avevano concluso l’accordo con l’invisa Roma. E questo mentre i Turchi premevano minacciosi alle frontiere per l’assalto finale. Ma anche in quella occasione, come già avvenuto nell’Africa del Nord, molti ortodossi mostrarono di preferire il turbante islamico al triregno romano. La quarta crociata finì con la presa e il sacco di Costantinopoli da parte di cattolici, pur scomunicati dal Papa, lasciando una scia di rancore viva ancor oggi. Ma anche da parte bizantina, in molte occasioni, non si arretrò quando ci fu possibilità di danneggiare i «latini», magari a favore dei musulmani.

Nel documento congiunto firmato ora ci sono forse due novità: un riferimento «ecologico», un appello alla protezione dell’ambiente, inconsueto in documenti di questo tipo ma che risponde — pare — a una particolare sensibilità di Bartolomeo I. E, poi, un « abbiamo visto positivamente il processo che ha portato alla formazione dell’Unione Europea» che è il tributo pagato alla «fame di Europa» del governo turco. Non si può certo mettere tra le novità la constatazione — ovvia per un cristiano—che l’uccidere in nome di Dio non è un omaggio all’ Onnipotente bensì la peggiore delle bestemmie.Èun richiamo, evidentemente, all’estremismo islamista, per il quale omicidio e suicidio sono sì condannati dal Corano, ma sarebbero meritori se compiuti nella lotta per la causa di Allah.

Ma, nello stesso comunicato congiunto, c’è anche un richiamo, sfuggito a molti commentatori, e che sembra rivolto soprattutto a un certo mondo ortodosso. Lo fa notare don Nicola Bux, stimato docente di ecumenismo e consultore della Congregazione della Fede. Secondo il professor Bux, questi richiami, oltre che ai musulmani, sono diretti alle autorità dei Paesi dove l’ortodossia è maggioranza e dove la religione si mescola con il nazionalismo, riducendo nei fatti a cittadini di serie inferiore coloro che aderiscono ad altre confessioni cristiane, a cominciare dai cattolici. Succede in Grecia, in Bulgaria, in Romania ed anche in Russia. Quella Russia di Alessio II che non è in rapporti eccellenti con Bartolomeo.Maquesto governa una minuscola minoranza nel mare islamico, mentre l’altro regna su una Chiesa che è egemone nel suo immenso Paese.

Anche, forse soprattutto, qui sta uno dei motivi che impediscono ogni ottimismo eccessivo. In effetti, il patriarca di Costantinopoli gode di un primato d’onore che gli deriva dalla storia, ma non ha alcuna autorità disciplinare (e neppure dottrinale, che appartiene al Concilio) sui confratelli a capo di Chiese «autocefale », cioè indipendenti, che corrispondono ai confini delle singole nazioni. Non esistendo l’organizzazione piramidale cattolica, con a capo il Papa, ogni accordo non riguarda che il patriarca che l’ha concluso e non impegna i suoi confratelli. I quali— come nel XV secolo con il Concilio di Firenze o nel XX con Atenagora — di solito non accettano di adeguarsi: per ragioni teologiche, per risentimenti storici, ma anche per timore di perdere autorità e potere nel riconoscere in qualche modo un legame con Roma.

Già da Prefetto della fede, Joseph Ratzinger era ben consapevole delle difficoltà e parlava di una «diversità riconciliata», proponendo ogni possibile autonomia alle Chiese greco-slave nella liturgia, nelle tradizioni, nella organizzazione interna, scelta dei vescovi compresa. Più volte poi, BenedettoXVIha fatto capire che la sua strategia, più che dottrinale, vorrebbe essere pragmatica. Per dirla con don Bux: «L’esempio, la forza trainante dell’ esempio che parta da Costantinopoli, il cui prestigio malgrado tutto permane, potrebbe portarle tutte, una dopo l’altra, a riconoscere che fu volontà di Cristo stesso concedere al vescovo di Roma il primato nel servizio e nell’amore ». In questo senso, l’abbraccio di questi giorni al Fanar non è stato forse «storico » ma, certamente, non del tutto inutile.


Vittorio Messori