(CorSera) Il destino degli apostati dell’Islam

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Fitzgerald: ma il Vaticano non può imporre le leggi



ROMA – «Dico a tutti i musulmani convertiti al cristianesimo che noi non cessiamo di parlare di questa libertà di coscienza con i nostri partner. Spesso tendono a limitare la libertà di religione alla libertà di culto. Per noi la libertà di religione va oltre, abbraccia anche la libertà di cambiare la religione».










Monsignor Michael Fitzgerald, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso del Vaticano, sembra quasi imbarazzato nell’ascoltare la testimonianza di Nura, la battagliera signora maghrebina convertita al cristianesimo che denuncia il silenzio della Chiesa nei confronti di chi, come lei, ha fatto propria la fede in Cristo. La testimonianza di Nura, pubblicata ieri dal nostro giornale, è un vibrante appello a difendere e proteggere i musulmani convertiti dalla condanna a morte che li perseguita in quanto apostati. Come valuta la Chiesa il fenomeno dei musulmani che si convertono al cristianesimo?
«Credo che il Vaticano veda la pluralità delle religioni in Europa come un fattore crescente della nostra società. E’ un fenomeno che si sviluppa, in particolare riguardo i musulmani che sono più numerosi. Questo impone alla Chiesa di dover essere in dialogo con questi musulmani. Il dialogo non mira alla conversione di queste persone bensì alla collaborazione, al rispetto, a distruggere i pregiudizi. Però la Chiesa non rinuncia a annunciare Gesù Cristo e vede questa possibilità anche per i musulmani che sono presenti in Italia».
Qual è l’attuale situazione dei musulmani convertiti al cattolicesimo in Italia?
«Non ho delle statistiche. Non posso parlare di crescita o di uno stallo. Ciò che forse si potrebbe dire è che alcuni immigrati per la prima volta si trovano di fronte a un cambiamento di società. C’è una società più libera rispetto a quella di provenienza. Questo lascia la possibilità di un cambiamento di religione. Si deve sempre chiedere le motivazioni di questo cambiamento. Talvolta si presenta con il desiderio di essere un vero italiano. Ma uno potrebbe essere italiano e al tempo stesso essere musulmano. Avrei una preoccupazione all’arrivo, nel senso dell’accoglienza nella comunità cristiana. E’ un problema che riguarda tutti, non solo i musulmani. C’è un tempo di preparazione alla fede cristiana nel gruppo. Ma poi quando è finito, viene a mancare il sostegno del gruppo».
E’ proprio quello che denuncia la signora maghrebina Nura. Dalle pagine del nostro giornale ha lanciato un accorato appello: «Ci sentiamo abbandonati. Dopo la conversione non abbiamo nessuno che ci sostenga. Chiediamo aiuto alla Chiesa e all’Italia: proteggeteci! Difendeteci! ».
«Dico alla signora maghrebina e a tutti i musulmani convertiti al cristianesimo che anche noi abbiamo questa preoccupazione. Non cessiamo di parlare di questa libertà di coscienza con i nostri partner. Spesso tendono a limitare la libertà di religione alla libertà di culto. Per noi la libertà di religione va oltre, abbraccia anche la libertà di cambiare la religione. Ma non è un discorso che viene recepito facilmente. Ci vorrà forse del tempo. Ma noi non rinunceremo».
E’ possibile chiedere ai governi musulmani il diritto alla reciprocità sul piano della libertà religiosa come parte integrante delle relazioni internazionali?
«Il Papa non fa altro che chiedere il diritto alla libertà di coscienza. Per lui è uno dei diritti fondamentali dell’uomo, insieme a quello alla vita. Però è difficile fare dell’accettazione di questo principio una condizione nei rapporti diplomatici. La Santa Sede ha rapporti con tanti stati ma non pone la condizione della libertà religiosa. Spera piuttosto che avendo i rapporti diplomatici si possa fare qualcosa per la libertà religiosa. In certi casi questo non sarebbe il compito della Chiesa. Per esempio con la Turchia che chiede di entrare nell’Unione Europea, i paesi della Comunità potrebbero mettere il principio della libertà di coscienza come una condizione. Ma non è nella possibilità della Chiesa di imporlo. La Chiesa non ha il potere di imporlo, solo la facoltà di suggerire. Consideriamo inoltre che rispetto all’Europa la Chiesa cattolica ha una certa debolezza. Mi riferisco al desiderio del riconoscimento del cristianesimo nella costruzione del ruolo dell’Europa, e che non va».

Corriere della Sera 4-9-2003
M. A