(CorSera) Cosa dice davvero il frammento di Qumran?

  • Categoria dell'articolo:Fede e ragione

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Un dibattito lungo 60 anni

Come una profezia (con qualche dubbio)

di Vittorio Messori

Ieri nell’edizione web del New York Times si dava grande rilievo a quello che veniva definito «un nuovo testo di Qumran non su papiro ma su pietra». La pietra è in realtà un frammento mutilo, alto tre piedi (una novantina di centimetri) con un testo non scolpito bensì dipinto con una sorta d’ inchiostro: 87 righe in ebraico , alcune delle quali indecifrabili proprio nella parte centrale. Stando alla lettura che ne hanno fatto alcuni, vi si parlerebbe di un Messia che dovrà morire e risorgere dopo tre giorni, ma vi sono paleografi che contestano questa interpretazione.

La provenienza del reperto non è chiara, anche se la tesi ufficiosa la vorrebbe proveniente dalla zona del Mar Morto, dunque dalla regione di Qumran dove, sessant’anni fa, cominciarono le scoperte dei manoscritti attribuiti agli Esseni.

Questa setta radicale dell’ebraismo, prima di fuggire all’approssimarsi delle legioni romane in marcia verso Gerusalemme — distrutta poi nel 70 — nascose la sua biblioteca in grotte inaccessibili. A partire dal 1947, grazie a un giovane beduino che cercava una capra smarrita, il deposito fu scoperto, alimentando non solo gli studi biblici ma anche una quantità tale di interpretazioni, di illazioni, spesso di bufale da indurre Umberto Eco a enunciare una sua legge. Legge che è stata confermata, tra l’altro, dal successo mondiale degli sciocchezzai di Dan Brown e imitatori. Insomma, l’asserita provenienza da Qumran del frammento di pietra è scontata , soprattutto quando l’oggetto in questione è messo sul mercato antiquario.

Succede, infatti (ecco il retro-scoop) che il reperto non è emerso ora dalle sabbie del deserto, ma da ben dieci anni passa da un acquirente all’altro. Chi conosce il mondo dell’archeologia biblica sa come esista un mercato clandestino a servizio di ricchissimi collezionisti, talvolta veri e propri maniaci religiosi — quasi sempre anglosassoni membri di sette protestanti o ebrei della Diaspora — pronti a pagare milioni di dollari un lacerto di papiro o un frammento di pietra incisa. Naturale, dunque , che una simile domanda alimenti una fiorente industria del falso.

Quanto al testo: viste le pessime condizioni delle 87 righe è, lo dicevamo, da supporre più che da leggere. In ogni caso, tra le poche certezze sugli Esseni, vi è quella che annunciavano a breve l’arrivo del Messia e proprio per attenderlo si erano ritirati in penitenza nel deserto. Un Messia che (pare), a differenza di quello del giudaismo ufficiale sarebbe stato sì trionfante, ma attraverso la sofferenza e la prova.
Quanto alla risurrezione dopo tre giorni: gli specialisti interpellati dal quotidiano americano dicono di non essere certi di questo, visto che il testo è troppo malandato per darne una versione sicura.
In ogni caso, un esperto cristiano potrebbe replicare: «Se anche fosse? Sarebbe una profezia realizzata in più, dunque un’ulteriore conferma della verità del vangelo. In ogni caso, il Nuovo Testamento non annuncia un futuro ritorno alla vita di Gesù: raccoglie la testimonianza unanime e ferrea degli apostoli che quella risurrezione è davvero avvenuta ed essi l’hanno constatata al di là di ogni possibilità di dubbio».

Vittorio Messori
CorSera 07 luglio 2008