ICONE Genova: da «Passion» al Museo
L’altro volto del Cristo
Mandylion: intorno al Sacro Volto, da Bisanzio a Genova , Museo Diocesano, Genova, sino al 18 luglio. Tel. 010/2541250
Reliquie: la parola sfarina nella polvere dei secoli e nella moltiplicazione degli oggetti il suo significato, fino ad alimentare una iconografia minuta di mille e mille veroniche che nel Medioevo esaudivano la richiesta di amuleti-talismani.
Dalla mostra di Genova, da poco aperta a cura di Gerhard Wolf, Colette Dufour Bozzo e Anna Rosa Calderoni Masetti, il Mandylion e il suo contesto escono in una regale aura di primogenita autenticità.
Da oltre sei secoli la comunità cristiana genovese custodisce il Santo Volto. Ancora oggi, nella chiesa di San Bartolomeo degli Armeni, i fedeli pregano di fronte a questa icona. I genovesi la chiamano «il Sudario» o «il Santo Mandillo».
Ci sono nel mondo, ci sono sempre state religioni iconiche, che rappresentano e venerano per immagini i loro dei e i loro santi, e ci sono religioni aniconiche, severe, essenziali, dove l’ineffabile è anche non rappresentabile. Sogno di ogni religione è però la traccia che Dio lascia di sé, un luogo, una scritta, una fiamma perpetua, una pietra infrangibile, l’impronta su un panorama. Il massimo del desiderio esaudito è questo volto del Dio uomo, questo Mandylion affidato a modello per ogni nostra reminiscenza, per ogni nostro dipingere e pregare. Che poi, positivisticamente, sia vero o non vero, nella pietà è inessenziale.
La sua storia, ricostruita con scientifica fedeltà nell’esposizione genovese, pone i suoi inizi nella fervorosa fase nascente del Cristianesimo. Questo fazzoletto se non viene da Gesù viene da gente che lo amava e se il volto non assomiglia a lui è simile al modo con il quale i suoi contemporanei lo ricordavano e lo compiangevano.
Con questa rassegna dotata di mezzi scientifici e museologici indispensabili, il capolavoro, sia opera di Dio o di un artigiano, ampia le cognizioni con il coinvolgimento di diversi studiosi di varie discipline.
La preziosa tavola, la sua cornice, i tessuti, considerati reliquie per contatto, l’insieme si pone al centro di un avvenimento culturale complesso. Miniature, quadri, manoscritti, paramenti sacri, piviali di papi, lamini, stoffe antiche, cornici, croci pettorali, gioielli, teche, codici, iscrizioni greche fanno da contorno a una festa simbolica: per la prima volta l’immagine venerata a Genova viene ricongiunta ad altre due parti provenienti dal Sinai, dal monastero di Santa Caterina. Secondo storici ed esperti d’arte infatti l’icona sarebbe la copia della sezione centrale, scomparsa, di un trittico le cui ante sono conservate in Egitto. Ora l’immagine viene ricongiunta alle due ante del Sinai. L’unità si realizza in una grande emozione estetica e devozionale.
Ho guardato a questa mostra come a un roseto mistico. E’ un crocicchio di misteri svelati e da svelare cui i curatori ci iniziano, vicenda rara nelle stagioni espositive. Ha ragione Colette Dufour Bozzo nel saggio in catalogo: i molti segni che il tempo e il viaggio dall’Oriente a Genova hanno lasciato addosso alla reliquia vanno letti su più livelli. A Genova, proclamata capitale europea della cultura, questa lettura aiuta a cogliere la stravaganza di una bozza di Costituzione dell’Unione Europea che censura invece le radici cristiane del Continente. Sarà utile ai costituenti una visita al Museo ligure.
3-5-2004