CHIESA CATTOLICA: Humanae vitae e crisi della fede Il quarantesimo anniversario dell’enciclica Humanae vitae, celebrato da Benedetto XVI con il discorso del 10 maggio, è stato invece occasione in altri ambienti per ribadire e aggravare quelle posizioni critiche che già a suo tempo colpirono il profetico documento pontificio. Ci riferiamo, ad esempio, alla nota rivista “Concilium”, fondata nel 1965 da un pool di teologi come Rahner, Congar o Hans Kùng, la quale nel primo numero dell’edizione italiana del 2008, non ha lesinato attacchi e disprezzo per le tradizionali posizioni della Chiesa in materia di procreazione, famiglia e omosessualità.
Un altro durissimo esempio di quel dissenso, che stranamente da parte di certi osservatori si vorrebbe del tutto passato, è stato quello messo in atto dai cosiddetti Catholics for choice (meglio sarebbe dire for death) che sul “Corriere della Sera” del 25 luglio 2008 hanno accusato il Vaticano di contribuire, nella difesa intransigente del Vangelo sine glossa, alla diffusione dell’Hiv, della povertà e della morte!
Una importante messa a punto della sovversione teologica promossa dal progressismo cattolico si è invece avuta in un lungo articolo del card. Francis J. Stafford, Penitenziere Maggiore (cfr. “Osservatore Romano” del 25.07.08, p. 5).
Il cardinale ricorda assai bene quell’anno fatidico e spartiacque dell’ultima rivoluzione che definisce incisivamente come «un calice amaro».
«Nel 1968 – scrive il prelato – accadde qualcosa di terribile nella Chiesa». Contro l’idea, oggi comune in tanta cultura ecclesiale, che il dissenso e gli errori nati nella teologia di quegli anni, siano ormai superati e quindi non bisognosi di nuove censure, il card. Stafford afferma al contrario che: «quelle ferite continuano ad affliggere l’intera Chiesa».
Giovane sacerdote aveva sviluppato le sue riflessioni etiche e le sue convinzioni morali in famiglia e in parrocchia: la canonizzazione di Maria Goretti (1950) venne a confermare, dall’alto, una struttura teologica già acquisita. Ma già negli anni di ministero sacerdotale a Washington e Baltimora dal 1958 al 1966 si accorse dei «cambiamenti negli atteggiamenti degli americani verso la virtù della purezza. In entrambe le città si stava verificando un aumento vertiginoso delle gravidanze fuori dal matrimonio».
Paolo VI sin dal 1966 aveva affidato ad una Commissione ad hoc l’analisi dei temi oggetto dell’Humanae Vitae. Si sa che la maggioranza dei suoi membri si espresse in favore di un cambiamento dottrinale e della rottura: la Chiesa avrebbe dovuto ammettere la contraccezione e rompere con l’insegnamento del passato, per esempio della Casti connubi (1931). Il Papa, invece, fondandosi sulla sua Autorità petrina di Vicario di Cristo promulgò il coraggioso documento, scatenandosi contro le ire dei novatori.
Ricorda Stafford: «A Baltimora, all’inizio dell’agosto 1968 (…) ricevetti per telefono l’invito (…) a partecipare all’incontro di alcuni sacerdoti di Baltimora, per discutere dell’Enciclica (…). Accettai l’invito».
L’allora giovane parroco si attendeva un incontro sacerdotale come tanti altri per affrontare dei temi importanti, ma invece si trovò nel mezzo di una manovra subdola delle frange teologiche di Sinistra che complottavano per opporsi al Papa e al Vangelo. «Dopo averci accolto e presentato al gruppo dirigente il pastore venne al dunque. Pretendeva che ognuno di noi sottoscrivesse la “Dichiarazione di Coscienza” (contro l’Enciclica di Paolo VI)». Tale eversiva Dichiarazione alla fine dell’incontro-manovra «fu letta ad alta voce (…). Non ci fu tempo di discutere, riflettere o pregare. Ogni sacerdote doveva rispondere “sì” o “no”».
Il card. Stafford ha l’onore di poter dire 40 anni dopo che fra i molti sacerdoti presenti fu l’unico a non firmare il documento. Allora il futuro porporato vide coi suoi occhi il vero volto dei modernisti di sempre: ingiurie, violenza e manipolazione.
A tanti anni dai fatti, il cardinale Stafford fa questa amarissima constatazione: «Il mondo sotterraneo che ha sempre accompagnato le comunità cattoliche, chiamato gnosticismo dai nostri antenati, era di nuovo riaffiorato e aveva tentato di usurpare la verità della tradizione cattolica».
Tanti esempi anche recentissimi mostrano che la situazione non è poi migliorata di molto se lo stesso Cardinale può scrivere con saggio realismo: «Il disprezzo della verità, in forma sia aggressiva sia passiva, è divenuto comune nella vita ecclesiale». E ancora: «I presbiteri diocesani non si sono ripresi dalle notti di luglio e agosto 1968. Molti nella vita consacrata hanno fallito la prova evangelica». Infine con santo zelo e fondato timor di Dio: «Tremiamo tutti di fronte alla collera di Dio, piangiamo i nostri peccati [pensiamo alle leggi sul divorzio, sull’aborto, sull’eutanasia, sui matrimoni omosessuali, alle eresie diffuse da giornali cattolici, etc.] e imploriamo dal Padre il ricordo misericordioso dell’obbedienza di Dio».
Il fatto che il capo della combriccola che aveva organizzato la Dichiarazione dieci anni dopo i fatti non solo non fosse stato rimosso, ma fosse ancora parroco e per giunta della stessa parrocchia, senza aver cambiato di posizione, lasciò perplesso nel 1978 il cardinal Stafford. A noi oggi dà tutta la misura della crisi di fede che da allora, in America e nella Chiesa intera, non è mai più guarita.
(CR1053/01 del 2 agosto 2008)