(CR) Fede eucaristica e devozione sono strettamente congiunte

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CHIESA CATTOLICA: l’intervista a mons. Burke

Sul numero 37 (agosto-settembre) appena uscito, della rivista “Radici cristiane” è apparsa una importante intervista con Sua Eccellenza Raymond L. Burke, a cura di Thomas J. McKenna sul tema dell’Eucarestia. Ne riportiamo alcuni stralci.

Eccellenza, sembra che oggi prevalga una visione lassista nei riguardi della ricezione dell’Eucaristia. Perché? Crede poi che questo influenzi i fedeli nei modo di vivere come cattolici?

Una delle ragioni perché credo che questo lassismo è andato sviluppandosi è l’insufficiente enfasi nella devozione eucaristica: in modo speciale mediante il culto al Santissimo con le processioni; con le benedizioni del Santissimo; con i tempi più lunghi di adorazione solenne e con la devozione delle 40 ore. Senza devozione al Santissimo Sacramento la gente perde rapidamente la fede eucaristica. Sappiamo che c’è una percentuale elevata di cattolici che non crede che sotto le specie eucaristiche ci sono il corpo e il sangue di Cristo. Sappiamo inoltre che c’è un allarmante percentuale di cattolici che non partecipano alla Messa domenicale.

Un altro aspetto è la perdita del senso di collegamento fra il sacramento della Eucaristia e quello della Penitenza. Forse nel passato c’è stata un enfasi esagerata al punto che la gente credeva che ogni volta che si riceveva l’Eucaristia si doveva prima confessare. Ma ora la gente va regolarmente a comunicarsi e forse mai, o molto di rado, si confessa. Si è perso il senso della nostra propria indegnità e del bisogno di confessarsi dei peccati e far penitenza al fine di ricevere degnamente la Sacra Eucaristia.

Si somma a questo il senso sviluppatosi a partire dalla sfera civile che consiste nel credere che ricevere l’Eucaristia è un diritto. Cioè, che come cattolici abbiamo il diritto di ricevere la Comunione. È vero che una volta che siamo stati battezzati e abbiamo raggiunto l’uso della ragione, dovremmo essere preparati per ricevere la Sacra Comunione e, se siamo ben disposti, frequentemente dobbiamo riceverla. Ma d’altra parte noi non abbiamo mai un diritto di ricevere l’Eucaristia.

Ci sono leggi della Chiesa per impedire condotte inadeguate da parte dei fedeli a beneficio della comunità. Potrebbe lei commentarle e spiegarci fino a che punto la Chiesa e la Gerarchia hanno un obbligo di intervenire allo scopo di chiarire e correggere.

Nei riguardi dell’Eucaristia, per esempio, ci sono due canoni in particolare che hanno a che fare con la degna ricezione del Sacramento. Essi hanno come scopo due beni. Un bene è quello della persona stessa, perché ricevere indegnamente il Corpo e il Sangue di Cristo è un sacrilegio. Se lo si fa deliberatamente in peccato mortale, è un sacrilegio. Quindi per il bene della persona stessa la Chiesa deve istruirci dicendoci che ogni volta che riceviamo l’Eucaristia, dobbiamo prima esaminare la nostra coscienza.

Se abbiamo un peccato mortale sulla coscienza dobbiamo prima confessarci di quel peccato e ricevere l’assoluzione e, soltanto dopo, accostarci al sacramento eucaristico. Molte volte i nostri peccati gravi sono nascosti e solo noti a noi stessi e forse a pochi altro. In quel caso, dobbiamo essere noi a tenere sotto controllo la situazione ed essere in grado di disciplinarci in modo di non ricevere la Comunione.
Ma ci sono altri casi di persone che commettono peccati gravi deliberatamente e sono casi pubblici, come un ufficiale pubblico che con conoscenza e consentimento sostiene azioni che sono contro la legge morale Divina ed Eterna. Per esempio, pubblicamente appoggia l’aborto procurato, che comporta la soppressione di vite umane innocenti e senza difesa. Una persona che commette peccato in questa maniera è da ammonire pubblicamente in modo che non riceva la Comunione finché non ha riformato la sua vita. Se una persona che è stata ammonita persiste in un peccato mortale pubblico e si avvicina per ricevere la Comunione, allora il ministro dell’Eucaristia ha l’obbligo di rifiutargliela.

Perché? Innanzitutto per la salvezza della persona stessa, cioè per impedirle di fare un sacrilegio. Ma anche per la salvezza di tutta la Chiesa, per impedire che ci sia scandalo in due maniere. Primo, uno scandalo riguardante quale deva essere la nostra disposizione per ricevere la Santa Comunione. In altre parole, si deve evitare che la gente sia indotta a pensare che si può essere in stato di peccato mortale e accostarsi all’Eucaristia.
Secondo, ci potrebbe essere un’altra forma di scandalo, consistente nell’indurre la gente a pensare che l’atto pubblico che questa persona sta facendo, che finora tutti credono sia un peccato serio, non deve esserlo tanto se la Chiesa permette a quella persona di ricevere la Comunione. Se abbiamo una figura pubblica che apertamente e deliberatamente sostiene i diritti abortisti e che riceve l’Eucaristia, che finirà per pensare la gente comune? Essa può essere portata a credere che è corretto in un certo qual modo sopprimere una vita innocente nel seno materno.

(CR1054/01 del 9 agosto 2008)