(CESNUR) Il Vangelo dei cattivi

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Il “Vangelo di Giuda”: patacca o scoperta?


di Massimo Introvigne (il Domenicale. Settimanale di cultura, anno 5, n. 30, 29 luglio 2006)

Anche l’Italia ha la sua bella versione del Vangelo di Giuda, curato da Rodolphe Kasser, Martin Meyer e Gregor Wurst, con un commento di Bart D. Ehrman. Pubblicato dalla White Star di Vercelli, è uscito originariamente come allegato di National Geographic Italia di maggio, ma ora vive ovviamente di vita autonoma.

Ora, se il Vangelo di Giuda fosse stato pubblicato nel 1993 – quando scrivevo il mio Il ritorno dello gnosticismo, ricostruendo le dottrine degli gnostici antichi per mostrare quanta parte ne sopravvivesse nei nuovi movimenti religiosi e nel New Age – probabilmente sarei stato lieto della sua pubblicazione.


Il testo non soltanto conferma in modo a tratti persino elegante quanto sappiamo della cosmologia gnostica classica, ma dà anche ragione a sant’Ireneo di Lione (130-202), il quale scrivendo nel 180 d.C. e citando un testo chiamato appunto Vangelo di Giuda sosteneva che  tra gli eretici gnostici ce n’erano di talmente cattivi che, per dare addosso a quella che chiamavano la “Grande Chiesa” cristiana da cui si erano staccati per fondare le loro piccole conventicole, tributavano un vero culto a tutti i personaggi dipinti come malvagi nell’Antico e nel Nuovo Testamento, da Caino a Giuda.


Molti studiosi dello gnosticismo pensavano che sant’Ireneo, obnubilato dall’avversione per gli gnostici, esagerasse e che questi “cainiti” non fossero mai esistiti.


Ora, il Vangelo di Giuda viene oggi presentato come un “testo cainita” e certamente si accosta con venerazione a Giuda, confermando che – come del resto si sa da altre fonti – sant’Ireneo non simpatizzava certamente per gli eretici e non scriveva da studioso accademico neutrale del XX secolo ma da difensore della fede, riuscendo però nel contempo a fornire informazioni esatte preziose ancora oggi e a non calunniare nessuno.


Quello che dello gnosticismo si conosce da sant’Ireneo è stato sostanzialmente confermato dalle scoperte successive, compreso il famoso ritrovamento nel 1945 da parte di un contadino egiziano di un’intera biblioteca gnostica presso Nag Hammadi.


Certamente lo gnosticismo non è mai stato un sistema monolitico e coerente. Le varie scuole si sono divise quasi su tutto. Vi sono tuttavia alcuni temi generali che – sia pure con molteplici sfumature e varianti – si ritrovano in tutte le scuole: il primato della conoscenza, il dualismo, la presenza di varianti di un mito cosmologico, una dottrina della salvezza, un atteggiamento particolare in materia di culto e di moralità.


Il dualismo spirito/materia


Gnosticismo deriva da gnosis, “conoscenza” in greco. Un sistema gnostico è anzitutto caratterizzato dal primato della conoscenza su qualunque altro mezzo di salvezza per l’uomo: la legge, il rito, l’adesione a una comunità religiosa. Nella sua lotta con il cristianesimo, la conoscenza degli gnostici si contrappone alla fede; ma – più in generale – la gnosis si oppone all’ignoranza di coloro che rimangono immersi nella vita di tutti i giorni e nelle preoccupazioni di questo basso mondo senza occuparsi dei misteri del mondo divino, i soli che contano e che vale la pena di studiare,


Tutti i sistemi gnostici – anche se non tutti nello stesso modo – sono caratterizzati da un dualismo che oppone lo spirito e la materia, con un deciso anticosmismo che svaluta radicalmente il mondo visibile, ridotto a regno del male e delle tenebre. Questo anticosmismo radicale differenzia il dualismo gnostico da quello della religione zoroastriana e da quello platonico, che pure hanno esercitato una certa influenza sugli gnostici. Non a caso i neo-platonici del Terzo secolo non avranno alcuna simpatia per gli gnostici, anzi li combatteranno proprio in ragione del loro anticosmismo. Se tutti gli gnostici sono d’accordo su una svalutazione dualistica del mondo e della materia, le scuole si dividono quando si tratta di valutare i rapporti fra i due principi. Nei sistemi classici dello gnosticismo il dualismo si risolve in un monismo, in quanto il male non è un principio originario ma il risultato di una qualche degradazione – o caduta nel mondo materiale – del bene. Come si vedrà, è proprio questa la prospettiva anche del Vangelo di Giuda.


Verso l’idea di due principi originari si orienteranno invece quelle scuole gnostiche che influenzano il manicheismo, che alcuni considerano una religione successiva del tutto indipendente dallo gnosticismo e altri uno gnosticismo tardivo.


È la conoscenza che salva


Tutti i sistemi gnostici propongono un mito cosmologico che – come spesso è stato notato – ha un carattere “parassitario” in quanto nasce dalla rilettura gnostica di temi mitologici preesistenti iranici, greci o ebraici, talora “contaminati” da riferimenti cristiani. I miti gnostici sono insieme ricchissimi e diversi da scuola a scuola, ma lo schema centrale rimane costante. Possiamo definire lo gnosticismo in molti modi, ma la formula più breve e comprensibile rimane quella del filosofo neoplatonico Plotino (205-270): “Lo gnosticismo è la dottrina secondo cui il creatore di questo mondo è cattivo, e il mondo è cattivo”.


Nella cosmologia gnostica – fedelmente riassunta anche nel Vangelo di Giuda – “il Grande”, la vera divinità positiva per cui si usa malvolentieri l’espressione “dio”, riservata a una pletora di personaggi minori o negativi, ha creato soltanto il Pleroma, il mondo della Luce divina abitato da una pluralità di dei. Per cause che il Vangelo di Giuda non  chiarisce – ma che altrove gli gnostici attribuiscono alla caduta fuori del Pleroma di una divinità femminile, Sofia – a un certo punto una parte della Luce divina è uscita dal Pleroma ed è rimasta intrappolata nel mondo materiale.


Quest’ultimo non è una creazione di Dio, ma di una divinità incapace ovvero malvagia, il Demiurgo, assistito da collaboratori, gli Arconti, che sono o violenti o pasticcioni.


Gli ebrei dell’Antico Testamento, secondo gli gnostici, si sono lasciati ingannare dal Demiurgo venerandolo come Dio e fonte di ogni bene, mentre è al contrario la fonte di ogni male, perché la materialità del mondo – e con questa la divisione dei sessi, l’amore, la vita mortale, la procreazione – sono tutte cose malvagie del tutto estranee ai piani del Grande. Alcuni frammenti della Luce divina sono stati concessi dal Grande al mondo materiale come seme di salvezza, e costituiscono le scintille o frammenti di anima di cui alcuni uomini, ma non tutti, sono dotati (molti ne rimangono privi, irrilevanti nel grande gioco cosmico). Gli uomini in cui vive una scintilla divina come anima sono chiamati a diventare gnostici, lavorando perché i frammenti di Luce si riuniscano e tornino al Pleroma.


Quanto alla dottrina della salvezza, per gli gnostici la salvezza viene dalla conoscenza. E tuttavia lo gnosticismo non prevede solo l’auto-redenzione attraverso la gnosi, ma anche l’intervento di figure di redentori su cui gli interpreti hanno sempre discusso. Si è detto che il redentore gnostico, che in molti testi è Gesù Cristo, è sempre un “redentore redento”, perché – se si è lasciato coinvolgere nel mondo materiale – ha in ogni caso bisogno di ricevere una redenzione prima di poterla trasmetterle agli altri.


Ma questa necessità si attenua nei testi più influenzati dal cristianesimo – o da sue forme non precisamente ortodosse – dove il redentore, Gesù Cristo, sembra coinvolto nel mondo, ma si tratta solo di una maschera o di un’apparenza che inganna i non gnostici e oltre la quale il vero gnostico comprende Gesù come un inviato del regno del Grande di natura puramente spirituale. In ogni caso, la salvezza non è per tutti: è riservata ai soli gnostici, e ha un costo. Anche lo gnostico dopo la morte non va direttamente al regno del Grande: l’anima o si reincarna (ma non tutte le scuole credono nella reincarnazione) o deve passare attraverso una serie di prove. Solo alla fine del mondo l’ascesa degli gnostici sarà diretta.


Degli aspetti rituali, sociologici e morali dell’antico gnosticismo sappiamo in realtà pochissimo. Solo alcuni capiscuola come Marcione (85-160 d.C.) si preoccupano di fondare una Chiesa con una struttura formale: altri restano predicatori ambulanti come il Peregrinus messo in scena nella satira di Luciano (120-190 d.C.).


Il culto è visto originariamente come sospetto, come qualche cosa che ha a che fare con il mondo materiale, e lo stesso vale per la morale. Ma questo porta le diverse scuole a conseguenze radicalmente opposte: da un rigoroso ascetismo con un culto ridotto al minimo fino a pratiche orgiastiche che si traducono in una ritualità incentrata sulla magia sessuale. In entrambi i casi si tratta di affermare che il “mondo” – con la sua morale e le sue convenzioni – non ha nessuna importanza. Nelle prospettive più antinomistiche, come si è accennato, i “cattivi” della Bibbia sono tutti rivalutati come buoni e venerati come santi, perché in realtà lottavano contro il dio malvagio creatore di questo mondo: dal Serpente tentatore del Paradiso Terrestre fino a Caino, agli abitanti di Sodoma e Gomorra e appunto a Giuda. Il Vangelo di Giuda conferma appunto che l’attribuzione a certi gnostici estremisti anche di un culto di Giuda non è un’invenzione di sant’Ireneo.


Dan Brown e National Geographic


Tuttavia, nonostante il positivo contributo alla lotta contro i diffamatori di sant’Ireneo, non posso fare a meno di notare che, pubblicato nel 2006, il Vangelo di Giuda rischia di fare danni. Tutti hanno bene inteso che senza Il Codice da Vinci – e la sua pretesa, che nessuno studioso ha preso sul serio ma che ha affascinato il pubblico meno informato – secondo cui i Vangeli gnostici ci descrivono una figura più vicina al Cristo storico di quella dei Vangeli canonici, National Geographic non avrebbe investito milioni di dollari nel lancio pubblicitario e nella pubblicazione del documento, il quale sarebbe stato letto, come è capitato a decine di testi consimili pubblicati negli ultimi anni, solo da qualche centinaio di specialisti in tutto il mondo. Vi è inoltre, come è stato sottolineato in diversi convegni americani, il problema etico che aveva spinto diverse case editrici universitarie a rifiutare l’acquisto e la pubblicazione del testo. Il codice al cui interno si trova il Vangelo di Giuda è frutto di quella che eufemisticamente si chiama archeologia illegale e che più prosaicamente si può definire furto di codici antichi da parte di “tombaroli”. Costoro avvelenano le relazioni fra gli archeologi e gli studiosi accademici e i governi dei paesi dove ci sono ancora reperti da scoprire, e riescono a rivendere il materiale trafugato solo ad antiquari di scarsi scrupoli, che normalmente lo danneggiano non conservandolo a regola d’arte. In questo caso il materiale illegale è stato “legalizzato” con promessa di restituirlo alle autorità dell’Egitto, dove è stato rubato intorno al 1978, ma molte università continuano a pensare che l’“archeologia illegale” non vada comunque né tollerata né pubblicizzata.


Un’assoluta non-notizia


Più grave però è che al pubblico del prime time televisivo e a lettori che non sanno nulla dello gnosticismo il Vangelo di Giuda sia stato presentato come una sorta di conferma che Dan Brown ne Il Codice da Vinci ha ragione, e che tra i primi cristiani circolavano versioni alternative della storia di Gesù Cristo, tutte – si lascia intendere – ugualmente autorevoli, anzi quelle gnostiche semmai più credibili perché più “umane”. Chi poi non si è lasciato convincere a comperare l’edizione commentata del National Geographic – che batte impropriamente la grancassa sulla scoperta “sensazionale” di un testo che assomiglia a un altro centinaio di documenti gnostici già noti – ma ha sentito parlare del Vangelo di Giuda solo dai giornali e alla televisione, senza leggerlo, rischia di non capire neppure esattamente di che cosa si tratta.


Il Vangelo di Giuda ricostruito (non completamente) dal gruppo di Rodolphe Kasser sulla base del codice maltrattato da tombaroli malavitosi e antiquari ricettatori è un testo copto che risale al 400 d.C. Ci sono buone probabilità – ma, come ammettono onestamente i curatori dell’edizione, non la certezza – che sia una tarda traduzione del testo citato da sant’Ireneo nel 180 d.C. e che risale a qualche decennio prima, forse al 150-160 d.C. Il testo non rappresenta (come piacerebbe ai lettori di Dan Brown) una versione alternativa della storia di Gesù Cristo, ma – come la maggioranza dei documenti gnostici – ha natura pedagogica e catechetica. Pochi singoli episodi della vita di Gesù (alcuni diverbi con i discepoli, il rapporto privilegiato con Giuda, la presentazione – peraltro brevissima – del presunto tradimento di Giuda come preordinato e provvidenziale) costituiscono più che altro dei pretesti per insegnare una cosmologia e un’antropologia radicalmente alternative a quelle cristiane.


Il testo deriva da correnti gnostiche estremiste (si chiamassero o no “cainite”) che – se davvero questa è una traduzione abbastanza fedele del Vangelo di Giuda nota a sant’Ireneo – anticipano di diversi decenni una piena consapevolezza del fatto che i ponti sono ormai del tutto tagliati con la “Grande Chiesa” dei cristiani. Lo gnosticismo è, molto semplicemente, un’altra religione che, cercando fedeli in ambiente cristiano ed ebraico, si preoccupa anzitutto di polemizzare ferocemente con il cristianesimo e l’ebraismo.


Gli Apostoli che bestemmiano


Nel Vangelo di Giuda Gesù è un messaggero mandato dal regno immortale del Pleroma a riunire gli gnostici denunciando la natura malvagia del creatore di questo mondo, il personaggio venerato come Dio nell’Antico Testamento. Nel Vangelo di Giuda lo scontro di Gesù con l’ebraismo è radicale; egli deride gli Apostoli quando pregano: perché senza saperlo stanno pregando il dio malvagio, la fonte del male. Leggiamo nel testo (le parentesi quadre indicano lacune colmate dagli editori): “Quando [si fece accosto] ai discepoli, si riunirono e sedettero e offrirono una preghiera di ringraziamento sopra il pane, [ed egli] rise. I discepoli dissero a [lui]: ‘Maestro, perché ridi della [nostra] preghiera di ringraziamento? Abbiamo fatto ciò che è giusto’. Ed egli rispose loro e disse: ‘Io non rido di voi. Voi non fate questo per volontà vostra, ma perché si crede questo, che il vostro dio [ne sarà] glorificato”.


Gli Apostoli gli chiedono se non è forse Gesù “il figlio del dio nostro”. Niente affatto, risponde Gesù: questo è un errore che fate voi, e che faranno anche i cristiani: “In verità vi dico, non una generazione di quanti sono fra voi mi conoscerà”. Gli Apostoli allora “si risentirono e si adirarono, e nei loro cuori presero a bestemmiare il suo nome”. Gesù attribuisce questa rivolta al fatto che “dentro voi” c’è  “il dio vostro”, il dio malvagio creatore del mondo dell’Antico Testamento, e che nessuno degli Apostoli è veramente un “perfetto”, cioè uno gnostico. Tranne Giuda, che gli dice: “So chi tu sei e donde sei giunto, Tu vieni dal reame immortale di Barbelò. E io non son degno di pronunciare il nome di colui che ti ha inviato”: che non è il dio venerato dagli ebrei (e dai cristiani) ma il Grande che presiede al mondo spirituale degli gnostici, di cui Barbelò è una delle divinità.


E dormono pure con gli uomini?


Ma – in modo anacronistico, e a conferma che ci troviamo di fronte a un testo simbolico, senza pretese storiche – Gesù se la prende anche con i cristiani, offendendoli crudelmente in quanto hanno di più caro, i martiri. Gesù attacca gli Apostoli (intendendo ricomprendere nell’attacco anche i loro successori, i vescovi) perché manderanno i cristiani a morire, un sacrificio inutile e stupido perché implica che la vita e la morte, l’affermare o negare una fede nel mondo materiale abbiano qualche interesse, mentre tutto quello che avviene nel mondo materiale è per definizione irrilevante. Gli Apostoli hanno una visione del Tempio: vedono “una gran [casa con un vasto] altare [dentro essa, e] dodici uomini – essi sono i sacerdoti, diremmo – e un nome; e una turba di gente aspetta presso l’altare, [finché] i sacerdoti [… e ricevono] le offerte”. Alcuni “sacrificano i figli, altri le mogli”; e – dicono gli Apostoli a Gesù – “gli uomini che stanno [dinanzi] all’altare invocano il [nome] tuo, e in tutti gli atti del loro difetto, i sacrifici sono portati a compimento”.


Gli Apostoli, al solito, rimangono turbati e Gesù spiega la visione smascherando la menzogna del cristianesimo e degli stessi Apostoli: “Quelli che avete veduto ricevere le offerte all’altare, quello è ciò che siete. Quello è l’iddio che servite, e siete voi i dodici uomini veduti. Le bestie che avete veduto condurre al sacrificio sono le molte genti che voi sviate dinanzi a quell’altare”. I martiri che pensano di morire per il vero Dio in realtà servono il dio malvagio di questo mondo, che incita a ogni sorta di iniquità.


Nella stessa visione infatti i “sacerdoti” che gli Apostoli vedono nel Tempio (e che sono, spiega Gesù, gli Apostoli stessi e i loro successori) “dormono con uomini” (un’accusa che cristiani e gnostici si scambiavano di frequente a vicenda nel secondo secolo), sono coinvolti in omicidi, “commettono una moltitudine di peccati e atti d’illiceità”. A questo, spiega Gesù, porta il contatto con il dio dell’Antico Testamento, che è la fonte di ogni male, tramite la preghiera. Chi lo prega non è uno gnostico, e non ha un’anima immortale: “le anime di ogni generazione umana periranno”.


C’è però uno che non prega, Giuda. Gesù lo riconosce come gnostico e lo istruisce segretamente nei misteri del Grande. “Partiti dagli altri e io ti darò i misteri del regno. A te è possibile giungere là” – cioè Giuda, a differenza degli altri Apostoli, è uno gnostico con un’anima immortale – “ma ne avrai molto a soffrire. Poiché un altro ti sostituirà, al fine che i dodici [discepoli] possano ancora giungere a completezza con il dio loro”, che come ormai sappiamo è il dio malvagio. Lo confermano “i misteri del regno” che Gesù rivela a Giuda.


“Esiste un regno grande e senza fine, la cui vastità non una generazione di angeli ha veduto, [dove] è [uno] [Spirito] grande, invisibile, che alcun angelo mai vide, né un moto del cuore ha mai compreso, e che mai ebbe un nome”: il Grande. Questo vero dio “che mai ebbe un nome” fa “venire in essere” (emana) “un grande angelo, l’illuminato divino Autogenerato”: l’Autogenes, che è il vero figlio di Dio in molti testi gnostici. Per causa dell’Autogenes, “altri quattro angeli vennero in essere da un’altra nube, ed essi divennero servi dell’angelico Autogenerato”. L’Autogenerato in seguito emana i “luminari” – chiamati in altri testi gnostici Hormozel, Oroiael,  Daveithai ed Eleleth – e “miriadi innumerevoli” di altre entità spirituali che costituiscono il complicato mondo divino tipico delle cosmologie gnostiche.


Il Demiurgo, gli Arconti e lo stolto


A furia di moltiplicarsi, tuttavia, alcuni “immortali” cadono fuori del regno divino. “La moltitudine di quegli immortali è detta cosmo, ossia perdizione”. In questo mondo di perdizione fa irruzione “dalle nubi” un personaggio “col volto balenante di fuoco e sozzo di sangue a vedersi”. Secondo il Vangelo di Giuda “Nebro si chiamava, che sta per ‘ribelle’; per altri è Yaldabaoth”, che è uno dei nomi del Demiurgo. Dalla nube esce pure un collaboratore del Demiurgo, Saklas, il cui nome significa “stolto” in aramaico. Un assassino “sozzo di sangue”, il Demiurgo, e uno stolto, Saklas, creano dunque il nostro mondo, ed emanano dodici arconti perché li assistano. Il racconto biblico della creazione dell’uomo non è falso, ma va inteso come creazione da parte di questa accolta di divinità criminali: “Allora Saklas disse ai suoi angeli: ‘Creiamo un uomo a somiglianza e immagine’” – a immagine e somiglianza di Saklas, cioè dello stolto per antonomasia – “e fecero Adamo e la sua sposa Eva”.


Il Demiurgo dota gli uomini dello spirito, che garantisce una lunga vita, ma alla fine “lo spirito dell’uomo perisce”, cioè si ribadisce ancora una volta che l’uomo di per sé non ha un’anima immortale.


Tuttavia “il Grande ordinò a Gabriele”, un angelo buono, “di concedere spiriti alla gran generazione senza arconte sopra di essa, o sia, lo spirito e l’anima”. Grazie all’intervento del Grande, nel mondo entra “la conoscenza”, la gnosi, e alcuni eletti, gli gnostici, da allora sono dotati di anima oltre che di spirito e possono sfuggire al dominio degli arconti “così che i re del caos e dell’infero non signoreggino su di loro” e vivano per sempre.


Agli gnostici non è promessa una vita facile. Giuda, l’unico gnostico fra gli Apostoli, sarà “maledetto dalle altre generazioni” e dai cristiani, che credendo di essere battezzati in nome di Gesù Cristo in realtà “offrono sacrifici a Saklas” e fanno “tutto quel che è male”. Tuttavia, alla fine gli gnostici trionferanno e questo mondo sarà distrutto. La cosmologia gnostica è spesso legata a una complessa astrologia: “per tutti le stelle portano le cose a compimento”.


Quando comincerà a finire la vita di Saklas – che non è immortale – “la prima stella apparirà con le generazioni, ed essi finiranno quel che dicono di voler fare. Allora fornicheranno in nome mio e ammazzeranno i figli loro”. Ma questo dominio delle “sei stelle vaganti” – la Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, che nell’astrologia gnostica sono strumenti del Demiurgo per controllare gli uomini -, dopo avere prodotto gli ultimi danni apocalittici, è destinato a finire: “tutti saranno distrutti con le loro creature”; tutto il mondo come lo conosciamo “sarà distrutto”.


Ma il mondo e gli uomini prigionieri della materia e servi del Demiurgo e di Saklas non sono l’unica realtà. “Quella generazione, che proviene dai reami eterni, esiste”. Ci sono – e ci saranno ancora nei tempi apocalittici – degli gnostici. Giuda ne fa parte e negli ultimi giorni “perverrà a dominare sulle altre generazioni”, che “malediranno l’ascesa tua alla [generazione] santa”. Anche ogni gnostico è legato a una stella, una che non è sotto il dominio delle divinità malvagie. E a Giuda Gesù dice: “Ti è stato detto tutto. Leva gli occhi e osserva la nube e la luce in essa, e le stelle intorno. La stella che indica la via è la tua stella”.


Nelle ultime righe del documento – le uniche note ai lettori di molti quotidiani – Giuda è lodato perché con il presunto tradimento permette a Gesù di deporre il ripugnante travestimento che lo faceva scambiare per un membro a pieno titolo del mondo umano e materiale creato dal dio malvagio, e che aveva dovuto adottare per farsi capire dagli gnostici smarriti nel mondo del Demiurgo.


Ucciso, Gedù ridiventa quel puro spirito del tutto privo di caratteri umani che, per lo gnostico che sapeva vedere al di là delle apparenze, era sempre stato. Mentre gli stolti ebrei e cristiani offrono preghiere e sacrifici al padre della stupidità Saklas, tu Giuda – gli dice il Maestro – “sarai maggiore tra loro. Poiché sacrificherai l’uomo che mi riveste”. Così, quando gli è proposto il tradimento dai sacerdoti e dagli scribi, “Giuda rispose a quelli come essi volevano, E ricevette dei denari e lo consegnò loro”.


E dei peones chissenefrega


Il Vangelo di Giuda – a volerlo leggere nell’anno del Signore 2006, l’anno del film Il Codice da Vinci – conferma semmai che Dan Brown si può pure dichiarare uno gnostico, ma non ha capito rigorosamente alcunché del vero gnosticismo. Quest’ultimo non propone un Gesù più ma meno umano, di cui ogni carattere di umanità è mero “rivestimento”; condanna tutti gli elementi umani e materiali – compresi l’amore, la sessualità, la procreazione – come parti di questo mondo creato dal Dio malvagio e invita i pochi gnostici che hanno speranza di salvarsi (tutti gli altri sono una massa dannata, peones della storia di cui né lo gnostico né Gesù perdono tempo a interessarsi) a tenersene il più possibile lontani (le stesse già citate pratiche orgiastiche, in alcune conventicole gnostiche peraltro minoritarie, non sono una celebrazione del sesso ma una dimostrazione che per lo gnostico il sesso, come del resto il bene e il male nel mondo del Demiurgo, sono irrilevanti).


Quanto alla Maddalena, su cui insiste Dan Brown, non se ne parla nel Vangelo di Giuda ma è vero che è evocata in altri testi gnostici. Ma il Vangelo di Tomaso, che piace particolarmente a Brown, ben lungi dall’essere un testo proto-femminista ne fonda la grandezza sul fatto che “si fa maschio”.


A Simon Pietro che obietta “Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della Vita”, Gesù risponde: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Perché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli” “. Certo, vi è qui una nozione gnostica di androginia che non va presa alla lettera: ma siamo comunque ben lontani dal femminismo del Codice da Vinci.


Si fa presto a dire Filippo…


Brown insiste pure su un brano del cosiddetto Vangelo di Filippo, dove si leggerebbe che “la Maddalena era la compagna del Salvatore. Cristo la amava più degli altri discepoli e la baciava sulla bocca”. Gli specialisti fanno osservare che non esiste a rigore nessun Vangelo di Filippo (questo titolo è stato attribuito da studiosi moderni a un testo che di titolo è privo), che la parola copta (questa la lingua in cui ci è pervenuto il testo, anche se Dan Brown pensa erroneamente che si tratti di aramaico) tradotta con “compagna” ha una pluralità di significati, e che in corrispondenza della parola “bocca” nel testo c’è una lacuna, per cui la frase suona “la baciava su…”, e “sulla bocca” è una congettura desunta dal fatto che altri personaggi nello stesso testo e in testi della stessa epoca ricevono “baci sulla bocca”, a indicare una stretta comunanza spirituale.
Ma queste obiezioni da specialisti non sono neppure necessarie a fronte del fatto che il cosiddetto Vangelo di Filippo è piuttosto anch’esso un catechismo gnostico di scuola valentiniana del tardo II o del III secolo. Come tale, non aspira a trasmettere informazioni reali sul Gesù storico ma solo a dire che cosa deve credere un buon gnostico valentiniano che, a questo punto della storia, fa già parte di una religione diversa e separata dal cristianesimo della “Grande Chiesa”.


Dal Pleroma al New Age


Una lettura completa del cosiddetto Vangelo di Filippo mostra la contrapposizione radicale che questa scuola gnostica, agli antipodi di Dan Brown e de Il Codice Da Vinci, stabiliva fra il nostro mondo com’è, creato da un Dio minore e malvagio, e l’ideale mondo degli gnostici. Le caratteristiche più evidenti del carattere decaduto e malvagio di questo mondo sono la sessualità e la procreazione. Il rapporto che Gesù ha nel testo con i discepoli e con la Maddalena è un rapporto del tutto privo di caratteri sessuali, e il “bacio” che ne è il simbolo sta precisamente a indicare questo mondo alternativo. Il Vangelo di Giuda va nella stessa direzione, come del resto tutti i testi gnostici noti.


Una religione interessante, lo gnosticismo, di cui si trovano tracce nel neo-gnosticismo moderno, nel New Age e in nuove religioni come Scientology (che va alla ricerca di nuovi gnostici cui proporre la salvezza, i thetan, spiriti immortali creatori del mondo rimasti intrappolati negli universi di MEST – materia, energia, spazio e tempo – che attraverso il lungo ciclo delle reincarnazioni si sono dimenticati di avere essi stessi creato). Ma una religione certamente lontanissima dal cristianesimo, rispetto a cui non offre un supplemento di umanità e di interesse per il mondo (come sembra pensare Dan Brown), ma un invito a rifuggirlo come la peste.


Nei casi peggiori, una religione pericolosa, perché se tutto quanto succede nel mondo creato dal Demiurgo è senza rilievo possono avere ragione anche i Giuda e i Caino, e magari i terroristi di tutte le risme, Hitler o Stalin (portatori a loro modo – è la nota tesi di Eric Voegelin, 1901-1985 – di una gnosi rivoluzionaria). Per chi invece cerca informazioni su Gesù Cristo e sul cristianesimo, meglio rivolgersi al Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Oltre tutto, costa meno e non è passato dalle mani poco pulite di tombaroli e ricettatori.