Per non dimenticare
di Massimo Introvigne (L’Indipendente, 17 febbraio 2006) Il rischio, ora, è di dimenticare don Santoro. C’è chi ha accusato la Santa Sede e il cardinale Ruini di buonismo per avere continuato a parlare di dialogo; e chi al contrario ha attaccato chi ha fatto notare come la morte di don Santoro confermi che c’è una parte del mondo islamico che al dialogo non ha il minimo interesse. La prima evidenza è che – per quanto le cause di un assassinio siano sempre molteplici – don Santoro è stato ucciso da un musulmano perché cattolico e perché prete. La Chiesa non ha avuto bisogno di alzare la voce per ribadirlo. “Martire”: basta la parola. Da sempre per la Chiesa martyres non facit poena sed causa: non è il modo di morire, ma la ragione per cui si è uccisi, che fa di un credente un martire. La parola martire indica, di per se stessa, un cristiano ucciso in odio alla sua fede. Né don Santoro è l’unico: non tutte le notizie arrivano sui giornali ma ogni settimana in terra musulmana preti, suore, pastori protestanti e semplici fedeli sono malmenati e non di rado assassinati per semplice odio religioso. Così come – una certa sinistra non dovrebbe mai dimenticarlo – ci sono cristiani perseguitati e uccisi in quanto cristiani, vescovi incarcerati in quanto vescovi, suore bastonate in quanto suore in Cina, in Corea del Nord e dovunque restino al potere regimi comunisti.Chiarito questo punto, si deve aggiungere che l’assassinio di don Santoro non può essere imputato né a tutto il popolo turco né all’islam nel suo insieme. Le massime autorità dello Stato e del mondo islamico in Turchia hanno condannato il delitto con accenti, semmai, più forti di quelli usati nella sua prudenza pastorale dalla Chiesa a Roma.
Ai buonisti si deve ricordare con il vigore necessario che un certo islam ha ucciso don Santoro. Ma quale islam? In Turchia nel 2001 è avvenuto qualche cosa che – per esprimersi in termini italiani – ricorda la svolta di Fiuggi che cambiò il Movimento Sociale in Alleanza Nazionale: come allora in Italia fu ripudiato il fascismo, così il partito storico del fondamentalismo turco rinunciò in modo solenne e pubblico all’ideologia fondamentalista, dichiarando di abbracciare un conservatorismo aperto alla democrazia, ai diritti delle donne e delle minoranze religiose. Il partito uscito da quel congresso, l’Akp, vinse poi le politiche del 2002 e le amministrative del 2004. I nemici dell’Akp e dell’attuale governo sono all’estero Al Qaida, e in Turchia i fondamentalisti usciti sconfitti dal congresso del 2001 – il cui partitino ha preso il 2 per cento – e i nazionalisti, eredi del cosiddetto “fascismo turco”, che odiano i missionari in quanto “stranieri”. Tra questi nemici dell’islam moderato vanno cercati i mandanti dell’assassinio di don Santoro. Fare di ogni erba un fascio, prendersela con tutto l’islam in genere o con lo stesso islam moderato che questi delitti vogliono destabilizzare significa fare il gioco dei terroristi. È questo, precisamente, che la Santa Sede vuole evitare.