Già giovedì potrebbe arrivare il via libero definitivo dell’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) alla pillola abortiva Ru486. Lo ha detto ieri Guido Rasi, direttore generale dell’Aifa, il quale ha detto che mancano due riunioni per l’esame della richiesta di registrazione in Italia della pillola abortiva. Per domani è prevista la riunione del comitato tecnico scientifico, mentre il Consiglio di amministrazione dell’Aifa, che deciderà in via definitiva, si dovrebbe riunire giovedì 18 dicembre. Rasi ha detto che non ci saranno sorprese visto che si tratta di un mutuo riconoscimento, essendoci già stato un via libera da parte dell’agenzia europea. In Italia la pillola, ha comunque specificato Rasi, verrà erogata solo in ospedale così come prevede la legge 194 sull’interruzione di gravidanza.
Roccella: intervenire a livello europeo. Che il problema sia europeo lo ha confermato il sottosegretario al ministero del Lavoro, Eugenia Roccella, secondo cui «l’unico modo per riaprire la valutazione medica del farmaco è passare per l’Europa, strada di cui sarà valutata la praticabilità». La Roccella ha infatti affermato che la pillola Ru486 presenta «troppi lati oscuri» considerato anche che le morti legate alla sua assunzione «sono arrivate a 17».Quanto alla situazione italiana la Roccella ha ricordato che «la procedura di valutazione medico-scientifica della Ru486 era già conclusa, in modo definitivo, alla fine della scorsa legislatura. Il comitato tecnico-scientifico dell’Aifa aveva infatti dato il via libera medico alla pillola abortiva lo scorso febbraio quando l’agenzia era presieduta da Nello Martini e il ministero della Salute era retto da Livia Turco. In seguito a questo, la ditta produttrice della Ru486, ad agosto, aveva chiesto la commercializzazione della Ru486 in Italia».
«Il parere favorevole dell’Aifa alla Ru486 si basa su una valutazione, quella del rapporto rischi-benefici, che lascia molti dubbi – prosegue la Roccella – La pillola abortiva presenta infatti troppi lati oscuri: le morti collegate alla Ru486 sono arrivate ormai a 17 e, quel che è peggio, spesso non sono state denunciate dagli istituti di farmacovigilanza, ma da faticosi lavori d’inchiesta giornalistica o da singole persone interessate. L’aborto con la Ru486 è più doloroso, più incerto e psicologicamente più devastante di quello praticato con altri metodi. Inoltre è difficilmente compatibile con la legge 194, secondo la quale l’Ivg deve avvenire sempre nelle strutture pubbliche». Secondo la Roccella, «la Ru 486 riporta l’aborto in una sorta di clandestinità legale: dopo l’assunzione delle due diverse pillole, infatti, le donne in genere tornano a casa fuori dal controllo medico, anche laddove il protocollo chiede il ricovero in ospedale».
Volontè: deluso da questo governo. Non convinto dalle argomentazioni della Roccella si è mostrato l’esponente dell’Udc Luca Volonte che ha espresso profonda delusione per l’inerzia del governo. Non ci sono altre parole da aggiungere a questa triste vicenda – ha detto – che si aggiunge alla mancanza di una qualunque azione che sospenda le linee-guida sulla legge 40. Nessuna polemica nei confronti degli amici oggi presenti al governo: tuttavia, coerenza vuole che le medesime critiche mosse nei confronti di Livia Turco, siano rivolte oggi al ministro Saccconi e al sottosegretario Roccella, che non hanno impedito l’introduzione in Italia di una nuova tecnica abortiva attraverso la pillola RU-486. Un atteggiamento francamente inaccettabile.
Barragan: l’aborto è sempre aborto. Sulla questione della pillola Ru486 è intervenuto anche il “ministro della Sanità” della Santa Sede, il cardinale Javier Lozano Barragan, che interpellato sull’annuncio dell’Aifa, ha ribadito che l’aborto è sempre aborto, «sia se fatto in clinica o in casa» e la Santa Sede anche nel recentissimo documento "Dignitas personae" si è e3spressa chiaramente contro la pillola Ru486. Il porporato, non intendendo entrare nel merito della legislazione italiana, osserva in termini generali che la Ru486 non è neppure un «farmaco innocente per la salute delle donne». Il cardinale esprime tuttavia «comprensione» per la situazione delle ragazze incinte loro malgrado e che quindi vivono un «dramma», ma,commenta,«ci sono drammi e drammi, e non c’è dramma peggiore della morte». «Certo – argomenta il presidente del Pontificio consiglio per la pastorale della salute – ben si comprende la situazione imbarazzante di una ragazza che suo malgrado rimanga incinta», e si capisce «cosa significa avere un figlio fuori dal matrimonio e tutte le difficoltà in cui si possono trovare le persone in questi casi: è un dramma, ma c’è anche una gerarchia dei drammi e il dramma peggiore e più grande è la morte, tanto più se inflitta ad una persona innocente come un figlio che deve nascere». Anche in situazioni così drammatiche, secondo Barragan, la Chiesa deve sempre e comunque affermare «in modo forte e insieme delicato, che la vita viene prima di tutto il resto» e che «abortire significa togliere la vita una persona innocente, visto che anche se primi momenti della sua esistenza, l’embrione è un essere umano con tutti i diritti».