Avvenire 7 Marzo 2009 – Storia
Secoli d’oro, altro che bui
di Antonio Giuliano
Lo testimoniano 669 storie di viaggiatori che forniscono una quantità di dati importanti sulle rotte e sulle generalità di coloro che partivano. Sappiamo così che erano in maggioranza ambasciatori e pellegrini, ma che sfruttavano imbarcazioni mercantili. Le raccolte di reliquie svelano poi le comunicazioni tra le chiese della Gallia centrale e i santuari dell’Asia Minore, dell’Africa, dell’Egitto e i legami con la Terra Santa e il Sinai. Così le monete, sia quelle citate nei documenti altomedioevali sia quelle arabe e bizantine scoperte nel suolo dell’Europa occidentale evidenziano un afflusso di ‘dinari’ arabi in Italia dal 775 circa: arrivavano soprattutto attraverso l’Adriatico e Venezia e salivano oltre le Alpi lungo il Reno e verso i territori slavi lungo il Danubio. Le date sulle monete permettono anche di ricomporre la cronologia delle arterie, dimostrando come l’Europa carolingia comunicasse con il Medio Oriente attraverso la vecchia rotta tra Roma e l’Egeo ma anche attraverso nuove vie battute dai viaggiatori di fine VIII e inizio IX secolo.
Persiste ancora il convincimento che al tempo di Carlo Magno l’economia agraria fosse stagnante e chiusa, poiché i grandi monasteri e il tesoro reale con i loro estesi possedimenti producevano soltanto per le proprie necessità. In realtà, grazie a metodi innovativi nella lavorazione della terra e all’impiego dei mulini ad acqua, i raccolti erano così abbondanti che le eccedenze venivano poi vendute nei mercati periodici regionali e non solo. Ad esempio l’abbazia di Saint Denis lavorò per l’espansione della sua fiera internazionale: miele e tintura rossa, oltre al vino, attiravano mercanti a cavallo da tutt’Europa e dall’Asia.
Si stimolavano così la manutenzione delle strade e lo sviluppo di porti fluviali. I grandi corsi d’acqua, come il Reno, offrirono benefici enormi allo sviluppo dei commerci verso il Mare del Nord. L’economia franca aveva relazioni con la Scandinavia e l’Inghilterra, i territori slavi e quelli dell’impero bulgaro, Bisanzio e la Spagna musulmana. C’è da dire infatti che l’espansione araba non arrestò il flusso crescente delle comunicazioni e del commercio, ma offrì ricchezza e mercati che favorirono il decollo occidentale. Anche perché nell’VIII secolo la situazione interna europea fece aumentare la domanda di beni esotici. Le economie europee si intrecciarono con quelle del mondo musulmano e di Bisanzio. L’Europa importava spezie incenso, seta e persino le prime droghe usate come ingredienti dalla farmacologia araba.
E le navi occidentali partivano con tessuti, stagno, pelli o le ambite spade franche. Dal 770 all’830 queste reti di comunicazione furono favorite dall’eccezionale stabilità politica dell’impero carolingio, fino a quando esso fu scosso da guerre civili e attacchi vichinghi e magiari. Occorre peraltro riconoscere che fu un periodo non privo di contraddizioni, come l’impulso venuto dal commercio di schiavi occidentali. La vendita di europei alle più avanzate economie dell’Africa e dell’Asia, giocò un ruolo decisivo per l’economia dell’Europa: la forza dei loro corpi faceva gola al potente Califfato. Così come bisogna ammettere che la varietà dei beni in circolazione era ancora modesta in rapporto a secoli più prosperosi. Ma l’VIII e il IX secolo gettarono le basi per il progresso degli inizi del primo millennio. Quando Carlo Magno conquistò l’Italia riuscì a saldare il fiorente mondo politico, culturale ed economico dell’Europa transalpina a quello risorgente della pianura padana. Il sovrano in persona entrò in contatto non solo con Alemanni, Sassoni, Danesi, Anglosassoni, Longobardi e Visigoti, ma anche con Arabi, Ebrei, Bizantini e Slavi. «E forse – scrive McCormick – mai nella sua storia l’Europa sarebbe stata di nuovo così aperta culturalmente, in così tante direzioni, in così tanti modi».
Michael McCormick
Le origini dell’economia europea
Vita e Pensiero, Pagine 1168. Ero 50