Dopo il caso Catania: crudeltà o pretese?
Marina Corradi
(C) Avvenire, 3-6-2004
pronunciamento del tribunale di Catania il quale, in
osservanza della nuova legge sulla procreazione
assistita, ha rifiutato analisi pre-impianto e selezione
degli embrioni sani a una coppia portatrice di
talassemia.
«Legge crudele», «Diritto a un figlio sano», «Non voglio
un figlio che debba soffrire», hanno titolato i giornali,
titoli facili, ad effetto – quale madre non desidera un
figlio sano?
Ma leggetevi la sentenza del giudice Felice Lima da
Catania, e se andrete fino in fondo in buona fede vedrete
che dietro tanta retorica c’è dell’altro, e che più
crudele, in realtà, sarebbe lasciare fare quell’analisi,
e selezionare sani e difettosi, e che non tutto è così
semplice come gridano oggi certi signori e certe signore.
Anche in Svizzera, per esempio, e in Austria, e, chissà
come mai, in Germania, l’analisi pre-impianto degli
embrioni è vietata.
Hanno certi ricordi, da quelle parti.
Tremano, solo a sentire echi di eugenetica.
Già, perché, di fatto, la «legge crudele» cui si vorrebbe
ovviare vieta che si possano prendere sei embrioni, per
esempio, e stabilire che cinque sono portatori di quella
certa malattia genetica, e uno solo ne è immune.
I cinque vengono dunque eliminati, l’uno impiantato in
utero.
È quanto è accaduto, prima dell’entrata in vigore della
legge 40, alla coppia di Catania, e al di là di ogni
considerazione morale sembra non discutibile che questa
non è tanto cura contro l’infertilità, ma un’altra cosa,
è selezione del sano ai danni degli imperfetti, detta
anche “eugenetica” – e non è cosa ammissibile in alcun
modo dall’ordinamento giuridico italiano.
Ma, grida la voce delle mamme sui giornali, il “diritto”
a un figlio sano.
Quale diritto, verrebbe a buon senso da replicare, quando
basta un minuto di anossia durante il parto per mandare
all’aria tutti gli screening e le ecografie delle nostre
gravidanze ansiosamente analizzate e scrutate.
Quale diritto, se le malattie genetiche sono 10mila, e
quelle riconoscibili così poche.
E invece addirittura nel ricorso siciliano si vanta un
«interesse costituzionalmente garantito e vincolante del
nascituro a nascere sano».
Il giudice Lima ribatte: ma questo interesse andrebbe
tutelato non facendo nascere il nascituro?
O si difende, invece, «un preteso diritto dei genitori a
avere solo figli sani, a qualunque costo, diritto che la
nostra Costituzione non riconosce loro?».
La Costituzione, anzi, riflette il giudice, «non prevede
neppure un diritto assoluto alla salute di ciascuno:
quella salute non può essere perseguita, per esempio, in
danno della salute altrui».
E a noi vengono in mente tutti quei “nulla”, quelli che
i giornali hanno – certo per sbaglio – chiamato «ovuli»
anziché embrioni; quelli che, se cambiasse questa «legge
crudele», verrebbero sacrificati al mito del figlio sano.
Non solo talassemici.
Dalla London Metropolitan University di Londra viene la
denuncia che nel 2002 sono stati abortiti sei bambini
affetti da labbro leporino, e cinque per deformità ai piedi.
Malformazioni perfettamente rimediabili.
Ecografati, individuati, soppressi.
Diritto al figlio sano, come a un televisore senza difetti.
Il giudice Lima: «Non si difende in realtà alcun figlio, ma
la propria volontà di averne uno conforme ai propri
desideri, sacrificando a questo obiettivo, per tentativi
successivi, tutti i figli difformi che venissero nel
frattempo».