LA DENUNCIA
Una catena di violazioni di cui è rimasto vittima di recente il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli
Da Roma Salvatore Mazza
Negato il permesso per una celebrazione religiosa
dalle radici secolari.
Inspiegabili ritardi nella concessione delle licenze
per il restauro di una chiesa danneggiata in un
attentato terroristico.
Tolta la proprietà su un orfanotrofio. Fatti,
purtroppo, di ordinaria discriminazione religiosa,
come tanti ne avvengono in ogni angolo del mondo.Ma quando questi fatti, a danno della Chiesa ortodossa,
avvengono in Turchia, quella stessa Turchia che oggi
bussa alle porte della Ue, gli interrogativi che
sollevano – o dovrebbero sollevare – assumono un
significato ulteriore.
Impossibile da ignorare.A denunciare la prima, in ordine di tempo, di queste
discriminazioni è stato lo stesso Patriarca ecumenico
di Costantinopoli Bartolomeo I, nel discorso durante
la festa della Presentazione della Madonna il 21
novembre scorso:
«Com’è a tutti noto – ha detto – la chiesa della
presentazione della Madonna è stata anche essa
vittima della barbara aggressione al consolato
britanico di un anno fa, subendo notevoli danni, che
la rendono inagibile. Nel mirino dei terroristi non
c’era la nostra chiesa. Noi però, come esseri umani e
come espressione del divino amore e giustizia, abbiamo
condannato immediatamente, senza mezzi termini, questo
attentato, con espressioni molto dure, come sempre
abbiamo fatto per tali attività disumane,
indipendentemente da contro chi sono rivolte,
esprimendo la nostra solidarietà a tutti i parenti di
quelle vittime innocenti».«Malgrado ciò – è stata la denuncia del Patriarca –
anche noi ci troviamo a essere delle vittime, non solo
dei terroristi, ma anche delle autorità di questa
città e Paese, per l’ingiustificabile protrarsi dei
tempi per la concessione della licenza necessario
alla ricostruzione della nostra chiesa. Non abbiamo
richiesto né risarcimenti né trattamenti di favore.
Abbiamo solo domandato, e lo esigiamo come cittadini
pacifici di questo Paese e nella nostra piena
legalità di questo Paese, un Paese che vuole essere
accolto nella Ue, quello che è un diritto per ogni
suo cittadino».Di qui la richiesta per «lo stesso trattamento e il
rispetto dei nostri diritti di minoranza», trattamento
e rispetto nei quali rientra «tra l’altro l’immediato
rilascio della licenza per la ricostruzione della
nostra chiesa. Questi fatti, davvero – ha concluso
Bartolomeo I – ci rendono tristi».Non si sa quanto questa denuncia – di cui il Patriarca
ecumenico avrebbe a quanto pare informato anche
Giovanni Paolo II nel suo incontro col Papa a Roma a
fine novembre – abbia fatto piacere alle autorità
turche.
Di fatto qualche giorno dopo, all’inizio di dicembre,
senza alcuna spiegazione plausibile le stesse autorità
hanno interdetto al vescovo di Miron la possibilità di
officiare la Messa, come sempre avveniva il 6 dicembre
di ogni anno, nei ruderi del tempio di San Nicola Miron,
in Asia Minore.Tutto ciò, come se non bastasse, a pochi giorni dalla
sentenza con la quale la Corte suprema turca ha privato
il Patriarcato del diritto di proprietà su un
orfanotrofio delle isole dei Principi.
E a due mesi dal veto posto – a sorpresa – dalla stessa
Corte alla restituzione del Seminario teologico di
Halki, contro il parere dello stesso primo ministro
Erdogan che, pure, s’era più che sbilanciato in senso
positivo nella primavera precedente.Di fatto, al di là delle dichiarazioni e dei proclami,
la Turchia continua la sua politica discriminatoria nei
confronti del Patriarcato.
In violazione – tra l’altro – del Trattato di Losanna
del 1922: non ne accetta il “carattere ecumenico” e,
soprattutto, continua a non riconoscere la sua entità
giuridica, con la conseguenza che la questione della
restituzione delle proprietà del Patriarcato rischia
di diventare una storia infinita.(C) Avvenire, 9-12-2004