La speranza restaura le rovine moderne
DI LORENZO FAZZINI
Avvenire 20-12-2007
« Un tentativo particolarmente importante e onesto di presentare alcuni degli insegnamenti più difficili e al tempo stesso più importanti della Chiesa». È un giudizio ‘esterno’ e per questo ancor più autorevole quello che il filosofo inglese Roger Scruton conferisce all’enciclica Spe salvi di Benedetto XVI. Scruton offre un’analisi ‘non confessionale’ che si dipana sul filo della riflessione prettamente filosofica con la quale il pensatore britannico – già autore degli apprezzati L’Occidente e gli altri ( Vita & Pensiero) e del più recente Manifesto dei conservatori (Cortina) – sviscera gli aspetti a suo giudizio più interessanti dell’ultimo testo del pontefice tedesco. Nel quale Scruton vede soprattutto un’avvincente critica su Marx e marxismo identificati come i primi ‘nichilisti’ della modernità: «Hanno solo distrutto, senza costruire niente in termini positivi».
Nella sua pars destruens, da buon filosofo, Scruton chiosa un solo appunto a Benedetto: «Sono solo sorpreso – dice – per il fatto che il Papa prenda così sul serio Adorno e Horkheimer, ma penso che ciò faccia parte dell’orientamento germanico» è la sua annotazione velata da un filo di ironia british. Sul versante costruens, invece, il docente dell’Institute for the Psychological Sciences a Washington e Oxford rimarca la sfida positiva che il pensiero di Benedetto XVI lancia sia al marxismo che all’illuminismo, nelle loro versioni passate e presenti.
Professor Scruton, come valuta complessivamente questo testo di Benedetto XVI?
«Il Papa è molto persuasivo. Prova rispetto per la tradizione protestante della sua Germania e manifesta anche una buona conoscenza di quanto è stato significativo nei dibattiti culturali ‘laici’.
Penso che questa enciclica segua la strada tracciata da Giovanni Paolo II nel riconoscere che, nell’epoca della democrazia, alla Chiesa è chiesto un nuovo tono nella propria comunicazione».
Al numero 16 della ‘Spe salvi’ il Papa – sotto il titolo ‘la trasformazione della fede-speranza cristiana nel tempo moderno’ – afferma che la Rivoluzione francese fu il tentativo di «instaurare il dominio della ragione e della libertà anche in modo politicamente reale». Come valuta questa affermazione?
«La Rivoluzione francese fu ispirata dalle idee dell’Illuminismo ma essa rappresentò anche un tradimento nei confronti di quest’ultimo. Il Papa ha sicuramente ragione nel pensare che il tipo di speranza, che potremmo chiamare ‘redentrice’, e che è parte della fede, deve essere diretta oltre questo mondo, verso un’altra vita e un altro modo di essere, e che il tentativo di portarla a compimento qui e ora porta inevitabilmente a manifestare intolleranza verso le imperfezioni dell’uomo e dell’umanità stessa, insieme ad un impaziente desiderio di sbarazzarsi di tutti gli ostacoli che si frappongono a questo obiettivo».
Quando parla di Marx, Benedetto XVI sottolinea che «con vigore di linguaggio e di pensiero cercò di avviare questo nuovo passo grande», cioè «il salto rivoluzionario».
Ma l’autore de «Il Manifesto» fece anche, secondo Ratzinger, un «errore fondamentale»: «dimenticare l’uomo e la sua libertà». È d’accordo?
«Il Papa ha pienamente ragione sul fatto che Marx non tenne conto della libertà umana, e anche nel segnalarne l’errore: Marx credeva che distruggendo le vecchie strutture della società umana si potessero creare le condizioni per farne una nuova. Ma facendo a pezzi un ordine sociale si fa esattamente questo: distruggere una certa società, non se ne costruisce un’altra. Io andrei anche oltre, identificando in Marx e nei marxisti un particolare tipo di visione negativa, ovvero un desiderio di distruzione che non possiede un desiderio di creare, di amare o di perdonare che possa compensare a tale principio distruttivo».
Pensa che questo errore – di non considerare il peso della libertà umana – sia anche quello dei postmoderni di oggi?
«Non ne sono sicuro, so solo che questi sono solo gruppo di ciarlatani che si sono auto-intossicati, di cui non ci dovremmo neppure interessare».
Al punto 43 dell’enciclica Benedetto XVI scrive: «Io sono convinto che la questione della giustizia costituisce l’argomento essenziale, ma in ogni caso l’argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna». Come giudica questa posizione del pontefice?
«L’idea del Papa consiste precisamente nel fatto che, senza una vita eterna, la sofferenza di questo mondo resta senza quella compensazione che sarebbe necessaria. Ecco allora che la giustizia richiede la vita eterna. Kant pensava che il dovere avesse bisogno della vita eterna e anche della fede nel mondo a venire. Questa idea di Benedetto è simile a quella di Kant».