Il prevosto Franco Cecchin: dobbiamo aprire le porte alla vita Toccante testimonianza del figlio di un uomo in stato vegetativo
«Vicini a lei e alla famiglia»
Lecco, centinaia di persone alla preghiera per la vita della giovane
DA MILANO
ENRICO NEGROTTI U na veglia di preghiera per la vita di Eluana Englaro e per tutte le persone che vivono nelle sue condizioni. Era questo il senso del momento che ha riunito a Lecco, nella Basilica di San Nicolò, alcune centinaia di persone sotto la guida del prevosto monsignor Franco Cecchin: «Dobbiamo aprire le porte alla vita, ma anche stare vicino a Eluana e alla sua famiglia ». Intanto Beppino Englaro ha visitato l’hospice di Airuno, vicino a Lecco, dove potrebbe essere trasferita la figlia per morire una volta che le fosse stato tolto il sondino nasogastrico che permette di alimentarla.
Alle persone radunatesi in chiesa prima della Messa vespertina, monsignor Cecchin ha portato il saluto del cardinale Dionigi Tettamanzi: «Stamattina mi ha detto di considerarlo presente con noi». E ha poi letto alcuni passi dell’intervento dell’arcivescovo pubblicati ieri su Avvenire. Toccante la testimonianza di Emanuele, che ha il padre in stato vegetativo, ricoverato presso la stessa casa di cura Beato Talamoni di Lecco che ospita Eluana: «Vogliamo pregare per il mistero della vita di Eluana. Non c’è niente di meglio che affidarla a Maria». Parole che hanno suscitato l’apprezzamento di monsignor Cecchin: «Dimostra che l’esperienza che si fa con un parente in stato vegetativo è vivibile ». Un canto («Povera voce»), la recita del rosario, ancora un canto («Il destino »). «È stato un momento strettamente religioso», ha confermato l’assessore alla Famiglia e solidarietà sociale della Regione Lombardia, Giulio Boscagli, che ha partecipato al rosario per Eluana insieme alla moglie.
Intanto la famiglia sta cercando il luogo adatto per dare esecuzione al decreto della Corte d’Appello. Lo ha confermato ieri l’avvocato Franca Alessio. E la scelta – per ora – pare caduta sull’hospice «Il nespolo» di Airuno (Lecco), dove Beppino Englaro si è recato ieri pomeriggio: «È un posto di primissimo ordine. Se devo usare un aggettivo è eccezionale ». «Abbiamo appreso – ha aggiunto Franca Alessio – che il direttore sanitario si è detto disponibile ad accettare il ricovero di Eluana. Fra i criteri di valutazione che stiamo utilizzando per decidere c’è, ovviamente, anche quello della vicinanza della struttura a Lecco ». «Sappiamo che la struttura dovrebbe essere adeguata – ha aggiunto Beppino Englaro –. Loro si sono dichiarati disponibili e non hanno posto nessuna condizione». Il fatto che Eluana debba arrivare con già il sondino staccato «è normale perché nella struttura entrano malati terminali e Eluana sarà allo stato terminale una volta che non avrà più il sondino ». Non si placano intanto le reazioni sulla vicenda, dal punto di vista sia giuridico, sia medico. Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo), Amedeo Bianco, ritiene che l’idratazione e l’alimentazione siano «trattamenti medici, e come tali è lecito che una persona chieda di sottrarsi», ma ammette che un medico possa non voler dar corso alla richiesta, facendo obiezione. Si tratta peraltro di uno dei punti cruciali del dibattito, come ricorda un comunicato di «Medicina&Persona», molto critico con il decreto della Corte d’Appello: «È l’introduzione dell’eutanasia di Stato in Italia, vietata dal Codice di deontologia medica del dicembre 2006. Altro che obiezione di coscienza per chi non la condivide ». Proprio per parlare di questi aspetti, la stessa associazione, ha organizzato un incontro pubblico martedì sera, al Teatro Sociale di Lecco, cui interverranno Claudia Mazzucato, ricercatrice di Diritto penale all’Università Cattolica di Milano, e Giancarlo Cesana, docente di Igiene generale e applicata all’Università di Milano-Bicocca.
Secondo Domenico Galbiati, presidente dell’Istituto di ricovero e cura \’Eugenio Medea\’, «siamo a tutti gli effetti di fronte a un caso di eutanasia e, anzi, perfino oltre, in quanto lo stesso consenso della persona che viene soppressa è discutibile e problematico nelle forme in cui viene supposto dal giudice».
ETICA & GIUSTIZIA
«Eluana è vitale, prova emozioni Non è un vegetale»
Il neurologo Gigli: una sentenza strabica
Per il luminare sono stati ignorati tutti i pareri a favore della vita anche in uno stato di estrema gravità come questo
DA MILANO PAOLO LAMBRUSCHI
L a medicina non sa ancora in quale parte del cervello si trovi la coscienza e neppure dove si colloca l’interruttore che può spegnerla. E non è in grado di stabilire che non si accenderà più. Ma per Gianluigi Gigli, ordinario di neurologia all’università di Udine, la sentenza che ha autorizzato la morte di Eluana ha ignorato tutto questo, accogliendo invece le tesi granitiche di chi pensa che lo stato vegetativo non sia vita umana. Senza porsi dubbi. Sui giornali, ad esempio, il dottor Defanti, l’uomo disposto a togliere il sondino che tiene in vita Eluana, ribadisce che lo stato vegetativo è equiparabile alla vita vegetale. Quindi, a suo dire, la giovane non soffrirà quando partirà per l’ultimo viaggio.
Professor Gigli, cosa ne pensa?
Che la sentenza della Cassazione dello scorso ottobre, su cui si basa il decreto della Corte d’appello che autorizza la morte della giovane, definisce vive le persone in stato vegetativo. È stata presa solo a pezzi e piegata. Se è un vegetale, qualcuno mi spieghi allora perché il tribunale raccomanda di sedarla, una volta tolta l’alimentazione, e di tenerle le mucose bagnate quando le toglieranno l’idratazione. Evidentemente sanno che il \’vegetale\’ soffrirà. Non si sedano le piante quando si tagliano.
Quindi?
Facciamo chiarezza. Eluana non è in coma, è in stato vegetativo, appunto. La differenza è fondamentale: non vive a letto, dorme e si sveglia, non è attaccata a un respiratore, muove gli occhi. Non può alimentarsi autonomamente, ma sta bene e non assume farmaci.
Come si può affermare che Eluana non è una persona viva?
Non è possibile. Sono apparsi di recente articoli splendidi su riviste scientifiche internazionali che si domandano dove si trovi la coscienza, arrivando a ipotizzare che risieda nel tronco del cervello. Signi- fica che pure un bambino anencefalo prova emozioni. Perché non dovrebbe provarle Eluana Englaro?
Può riaccendersi la vita nella frontiera remota dove si trova la ragazza?
Onestamente più passa il tempo e più le probabilità diminuiscono. Ma sono noti casi di risveglio dopo tempi lunghissimi. Non sappiamo dove sta l’interruttore della coscienza e cosa lo fa scattare. Ma un medico non può mai escludere che lo scatto vitale avvenga.
Allora perché la sentenza milanese sostiene il contrario?
Mi pare una sentenza scritta a più mani e anche un po’ \’strabica\’ e orientata, che accoglie solo le tesi su idratazione e alimentazione della commissione bioetica voluta nel 2000 dall’allora ministro della Salute Umberto Veronesi e presieduta da Fabrizio Oleari. Ma vi sono altri pareri successivi di commissioni bioetiche non meno autorevoli e non considerati. I quali giudicano ad esempio gli stati vegetativi \’persistenti\’ e non \’permanenti\’. E che ritengono l’alimentazione non accanimento terapeutico, bensì atto dovuto verso un malato non autosufficiente. Pensiamo solo a quei malati di Sla che si alimentano con sondino o cannula e riescono persino a lavorare. Se passa il principio dell’alimentazione come atto terapeutico si apre un fronte pericoloso.
Quale?
Di fatto si autorizza l’eutanasia omissiva. Potrà farsi avanti qualche parente che vuole sospendere l’alimentazione a qualcun altro dei 2500 pazienti in stato vegetativo sostenendo che non voleva finire così. Dopo toccherebbe agli anziani in demenza senile, condizione davvero irreversibile.
I famigliari sostengono di difendere gli interessi della giovane…
Mi permetta di citare la convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina del 1997. L’articolo 9 sui desideri precedentemente espressi dal paziente è stato infatti utilizzato dai giudici per autorizzare il padre a staccare la sonda. Ma è stato ignorato l’articolo 6: sostiene che un intervento non può essere effettuato su persona incapace di dare consenso, se non per suo diretto beneficio. Mi domando che beneficio porti la morte.
Cosa si può fare ancora?
L’associazione Vi.ve, della quale faccio parte, si rivolgerà al procuratore generale di Milano perché faccia ricorso contro la sentenza Englaro della Corte d’appello di Milano perché ha disatteso i principi di diritto espressi dalla Cassazione lo scorso ottobre. C’è poi una possibilità legata all’Avvocatura dello Stato, la quale può intervenire su sollecitazione del Presidente del consiglio o del Ministro della giustizia. Il governo è sensibile agli sconfinamenti politici della magistratura, Bene, in questo caso i giudici introducono nell’ordinamento l’eutanasia omissiva scavalcando il Parlamento, cioè la sovranità popolare. Dal punto di vista etico è in gioco un concetto di civiltà e rispetto del bene indisponibile della vita. La comunità medica è divisa e sta dibattendo sulla vicenda.
Avvenire 13-7-2008