(Avvenire) L’Italia riscopre la ricchezza del rito di Pio V

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 Il documento del Papa sul messale in latino approvato da Giovanni XXIII nel 1962 ha trovato applicazione in tutte le regioni


DA ROMA. Non è rimasto certamente inapplicato nelle diocesi italiane il motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Diverse diocesi, più o meno in tutte le regioni della Penisola, hanno, infatti, prontamente raccolto le indicazioni del Papa e, ove ci sono state esplicite richieste da parte di gruppi di fedeli, hanno messo a disposizione chiese (per lo più rettorie, ma in alcuni casi anche delle parrocchie), per la celebrazione in determinati orari della Messa secondo il Messale di san Pio V nell’edizione del 1962, promulgata dal beato Giovanni XXIII.

 

Il quadro della situazione che presentiamo in questa pagina non è certamente esaustivo delle iniziative prese in tutta Italia, ma può offrire una prima idea della situazione. Bisogna ricordare, inoltre, che in parecchie Chiese locali non si partiva certamente da zero, poiché celebrazioni secondo il vecchio rito esistevano già, in seguito all’indulto di Giovanni Paolo II. In questi casi, dunque, oltre ad una conferma della prassi precedente, la promulgazione del motu proprio ha costituito l’occasione per una catechesi di approfondimento del valore della liturgia, anche alla luce della Costituzione apostolica Sacrosanctum Concilium, ampiamente richiamata, del resto, nel documento di Benedetto XVI. Si veda a questo proposito un recente incontro dei vescovi del Triveneto, che hanno messo al centro della loro riflessione la vita liturgica, la partecipazione alla Messa nelle comunità e il valore della festa, sottolineando «l’importanza di valorizzare la domenica – anche contro il rischio di un consumismo disumano – e riscoprire in essa l’incontro comunitario della Messa quale dono del Signore».

A Venezia, ad esempio, la possibilità di celebrare secondo il rito di San Pio V esiste già dal 1984 e la chiesa ciò preposta è quella di San Simeon Piccolo, non lontano dalla stazione ferroviaria. Fino a tre anni fa la Messa veniva celebrata da un sacerdote diocesano, mentre negli ultimi tempi la celebrazione è stata affidata a un sacerdote della Fraternità sacerdotale di San Pietro, la cui presenza non si limita all’Eucaristia, ma si estende anche alle confessioni, alla recita dei Vespri e all’animazione della comunità di fedeli. Nella chiesa, infatti, c’è anche un gruppo di persone che si formano al canto gregoriano. Il sacerdote è regolarmente inserito nel presbiterio diocesano e partecipa alla Messa crismale del Giovedì santo.
Anche a Treviso il motu proprio ha confermato una consuetudine che risale al 1999. Da allora, infatti, ogni sabato precedente la prima domenica del mese si celebra secondo il messale pubblicato da Giovanni XXIII nella chiesa di San Liberale a Porta Altinia curata dai sacerdoti oblati diocesani.
Stessa situazione anche a Napoli, dove si celebra tutte le domeniche e le feste di precetto nella rettoria di Santa Maria della Catena, vicina a Castel dell’Ovo, e a Firenze, dove la Messa secondo il vecchio rito già esisteva in base all’indulto di Papa Wojtyla. Due le chiese in cui era ed è possibile parteciparvi: l’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote (dove la celebrazione è quotidiana) e la Confraternita di San Francesco Poverino che ha una periodicità variabile, a seconda delle esigenze. In seguito al motu proprio di Benedetto XVI si sta studiando la possibilità di celebrare secondo il vecchio messale anche in due parrocchie.
Sono due anche a Bologna le chiese deputate a questo particolare servizio liturgico: Santa Maria della Pietà in via San Vitale, dove la Messa è celebrata tutte le domeniche e nelle feste di precetto alle 18 (anche con una buona partecipazione di giovani) e la chiesa dell’oratorio dei Padri Filippini.
Anche nella diocesi di Roma la possibilità di celebrare secondo il messale di San Pio V esiste da diversi anni. Naturalmente dopo l’indulto di Giovanni Paolo II. Il motu proprio, dunque, ha confermato la situazione precedente. Le chiese (nessuna delle quali è parrocchiale) sono diverse: Gesù e Maria a via del Corso (la domenica e feste di precetto alle 10), San Gregorio dei Muratori, dove celebrano i sacerdoti della Fraternità sacerdotale di San Pietro (alle 9, alle 10,30 e alle 18,30 nei festivi; alle 7,15 e alle 18,30 nei giorni feriali); San Nicola in Carcere (domenica e feste di precetto alle 9,15, giorni feriali alle 12,15). Si celebra anche nella Basilica di Santa Maria Maggiore (e più precisamente nella Cappella del Santissimo Crocifisso) l’ultimo mercoledì del mese alle 16,30.
Possibilità di partecipare alla Messa secondo il vecchio rito ci sono pure a Genova. Si celebrava già in base all’indulto e si continua a farlo anche oggi nella chiesa di San Carlo in via Balbi (ogni domenica alle 11), a cura della Congregazione Fraternità della Santissima Vergine Maria. Si celebra poi nella parrocchia di Fegino: la terza domenica del mese alle 17 nella chiesa principale e il primo venerdì del mese alle 16,30 in quella succursale. Cadenza settimanale (il sabato alle 17) ha la Messa nella chiesa di San Pancrazio dei Cavalieri di Malta, mentre nella parrocchia di Santo Stefano, la celebrazione si svolge una volta al mese a cura dei Cavalieri del Santo Sepolcro.
Nella diocesi di Pesaro c’è stata una sola celebrazione, subito dopo la pubblicazione del motu proprio, mentre a Macerata, la prima Messa con il messale del 1962 è stata celebrata lo scorso 3 gennaio nella parrocchia del Santissimo Crocifisso, vicaria di Tolentino. Si continuerà a cadenza mensile.
A Palermo, invece, si celebra a San Basilio tutte le domeniche e nelle feste di precetto (ore 20).

Così, anche attraverso queste esperienze, e le altre in atto nelle diocesi italiane, si sperimenta quanto il Papa scriveva nella lettera ai vescovi che accompagnava la pubblicazione del motu proprio. «Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Missale romanum. Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti – concludeva Benedetto XVI – conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e dar loro il giusto posto».

MIMMO MUOLO

© Avvenire, domenica 20-1-2008