(Avvenire) L\'assordante silenzio sui valori non negoziabili

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PERCHÉ QUESTA CAMPAGNA ELETTORALE NON MI PIACE 

 Sui «nuovi diritti» un silenzio sospetto

di FRANCESCO D’AGOSTINO

(C) Avvenire 1-4-2008 Si sente ripetere, ormai da varie parti, che questa è la più \’brutta\’ campagna elettorale della storia repubblicana.
Perché \’brutta\’?

In un certo senso, tutte le campagne elettorali sono \’brutte\’: se siamo tutti convinti della sostanziale veridicità della facezia di Churchill, secondo cui si deve riconoscere che la democrazia è il regime politico peggiore di tutti (anche se non ne esiste uno migliore!), è perché soprattutto nelle campagne elettorali emergono inevitabilmente gli aspetti peggiori della politica: la faziosità, i colpi bassi, le esagerazioni, le millanterie, la vanità e l’ipocrisia dei candidati, fino alla spudorata proclamazione di vere e proprie falsità.

Cose, tutte queste, che ben si sanno e che hanno prodotto e continuano a produrre sarcasmi e satire di ogni genere: basti pensare alle classiche incisioni di Hogarth e di Rowlandson, che nel rappresentare le campagne elettorali in Inghilterra, cioè in quella che è stata davvero la culla del liberalismo democratico, ci hanno mostrato candidati volpini, sguaiati e dal volto di lestofanti, mentre fanno comizi davanti a elettori ebeti, plebei, palesemente interessati più al loro tornaconto privato che al bene pubblico.

Se però la campagna elettorale italiana del 2008 è brutta non è per questi motivi: anzi, fino ad oggi (e speriamo che le cose restino così fino alla fine) non abbiamo assistito a nessuno degli eccessi sopra descritti.

E’ brutta, si è detto, perché non si riesce a realizzare un contraddittorio televisivo tra i capi dei due massimi schieramenti antagonistici; è brutta, perché i programmi dei due principali \’poli\’ di aggregazione elettorale sono generici e a volte indiscernibili; è brutta, perché le formazioni politiche minori non riescono ad ottenere una pur legittima visibilità mediatica.
Si potrebbe andare avanti a lungo con osservazioni del genere. Anch’io, a mio volta, ritengo questa campagna elettorale \’brutta\’, ma per una ragione diversa.
Il punto è che non riesco a trovare nelle dichiarazioni programmatiche che vengono sottoposte a noi cittadini elettori alcun riferimento all’attuale dibattito in merito ai \’diritti\’.

Si badi: non mi sto riferendo ai diritti umani ampiamente e limpidamente recepiti nella Costituzione repubblicana.
Su quei diritti non c’è dissenso tra le forze politiche che si contendono il campo (e questa dovrebbe essere una profonda ragione di conforto per tutti noi).
Mi riferisco ai cosiddetti \’nuovi\’ diritti: quelli che investono la famiglia (quale statuto giuridico riconoscere alle coppie di fatto e a quelle gay?) e quelli di rilievo bioetico (dal problema dell’aborto alla contraccezione di emergenza, dal problema della procreazione assistita a quello dello statuto degli embrioni umani).

Aggiungerei, sia pur collocando il problema a un livello appena inferiore, le questioni legate al tema della cittadinanza (cruciale in una società sempre più multi-etnica come quella italiana).
Su questi punti, la vaghezza programmatica dei partiti che chiedono il nostro voto è deplorevole: eppure queste (senza voler nulla togliere alle urgenze economico­sociali) sono le vere questioni decisive del nostro tempo.
Ecco perché, quando leggo che a Brescia, in occasione di un raduno del Pd, è stata tributata una standing ovation al ministro del Lavoro spagnolo, Jesús Caldera, mi chiedo se sia stata applaudita la politica economica di Zapatero (che sembra sia stata brillante) o non piuttosto la politica (tutt’altro che brillante, anzi inquietante) in merito ai pretesi nuovi diritti di cittadinanza che egli ha introdotto nel suo Paese: il matrimonio tra omosessuali, il diritto delle coppie gay all’adozione, la cancellazione dalla terminologia legale delle parole \’padre\’ e \’madre\’, l’introduzione come insegnamento obbligatorio nelle scuole di una disciplina, l’\’Educazione alla Costituzione\’, finalizzata a orientare ideologicamente i bambini e i ragazzi, per indurli ad accettare come evidente e condivisa (!) l’idea che non esiste \’la famiglia\’, ma che esistono tanti diversi modelli di famiglia, purché riconosciuti dallo Stato (!).

E’ troppo chiedere a chi a sua volta ci chiede il voto un’onesta chiarezza su questi punti?