(Avvenire) L'Irlanda non dimentica le proprie radici

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REPORTAGE Nasce intorno alla Glendalough di san Kevin un circuito tematico che consente di ripercorrere le origini del grande monachesimo celtico.
Strutture severe e al tempo stesso ricche, punto di riferimento per secoli della cristianità profondamente intessuta alla vita quotidiana dell’Isola di san Patrizio

 da Dublino Danilo Mazzoleni 

 Irlanda Arriva un Parco per gli antichi monasteri

 L’evangelizzazione dell’Irlanda, i cui abitanti erano stati chiamati dai Romani prima Hiberni, poi Scotti, risale almeno alla prima metà del V secolo, se è vero che papa Celestino I nel 431 inviò il diacono Palladio come vescovo di una comunità di fedeli già costituita (forse nella parte meridionale dell’isola).
  Colui che viene considerato, però, il vero fondatore del cristianesimo in Irlanda è san Patrizio, giunto nell’isola l’anno seguente (o, comunque, poco tempo dopo), che scelse come sua residenza ufficiale Armagh, nell’Ulster, e fu affiancato da tre vescovi ausiliari, Secondino, Ausilio e Isernino.
  Ben presto si convertirono alla nuova religione anche molti capi­clan, che restarono tuttavia ancora molto legati alle tradizioni locali, e lo stesso Patrizio volle estendere la sua missione al di là degli aspetti puramente religiosi, favorendo la riforma del sistema giuridico allora vigente e adoperandosi molto contro la schiavitù.
  Soprattutto a partire dal VI secolo, si diffusero nel territorio non pochi centri monastici, che attirarono lo stanziamento di insediamenti abitativi, ai quali spesso furono strettamente legati anche dal punto di vista economico e furono istituite nuove diocesi, sempre dipendenti da quella principale di Armagh.
  Il monachesimo irlandese fu caratterizzato da un lato da un marcato ascetismo, dall’altro da una vivace ed intensa attività intellettuale, rivolta all’approfondimento biblico e allo studio di varie discipline, come grammatica, retorica, storia, matematica e soprattutto del latino, ritenuto elemento indispensabile per una migliore conoscenza della Sacra Scrittura.
 
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a fama di serietà e di solida formazione di questi poli culturali attirò anche molti ospiti stranieri, specialmente della Gran Bretagna, e gli scriptoria dei monasteri furono molto attivi, trascrivendo sistematicamente libri di orazioni e catechesi, evangeliari miniati e testi liturgici, ma anche opere in prosa e poesia della letteratura locale.
  Fra i personaggi più attivi nelle fondazioni monastiche vanno ricordati almeno san Finniano, con i suoi discepoli san Colomba, Brendano di Clonfert, Brendano di Birr e san. Colombano, mentre santa Brigida diresse la comunità femminile di Kildare, ritenuta la più antica dell’isola.
  Lo schema-tipo dei monasteri irlandesi era originariamente costituito da un recinto circolare, entro il quale si disponevano edifici di pianta rettangolare in legno, coperti di canne o di tegole lignee e capanne rotonde di canne intrecciate. Poi, però, si edificarono strutture di pietra locale, con forme architettoniche spesso molto peculiari.
  Fra i primi cenobi istituiti, merita di essere segnalato almeno quello di Glendalough nelle Wicklow Hills, fondato nel VI secolo da san Kevin, divenuto ben presto un grande centro di pellegrinaggi ed uno dei più importanti poli religiosi della regione, per la rapida diffusione della venerazione popolare verso il santo.
  Egli aveva vissuto da eremita (secondo la tradizione, in un primo momento nel tronco cavo di un albero) vicino ad un lago, noto come Lago Superiore, attirando ben presto molti seguaci, tanto che si costituì una numerosa comunità, che divenne il nucleo di una vera città monastica al centro di una vallata.
  Kevin la resse come abate per quasi cinquant’anni e morì probabilmente nel 618, ma Glendalough continuò a prosperare per ben sei secoli, pur subendo più volte saccheggi ed incendi, fino al 1398, quando fu definitivamente messa a ferro e fuoco dagli inglesi.
 
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l monastero durante la sua lunga esistenza fu oggetto più volte di lavori di ricostruzione, restauro ed ampliamento ed oggi le sue cospicue rovine, con le peculiari architetture, inserite in un contesto paesistico di grande suggestione, attirano un numero cospicuo di visitatori, anche per la relativa vicinanza del sito con la capitale Dublino e la caratteristica torre cilindrica è divenuta il suo monumento più emblematico.
  Le vestigia del complesso monastico, diffuso in un’area piuttosto vasta, fanno parte di un vero parco archeologico, in cui si trovano due laghi, quello Superiore (già citato) e quello Inferiore, e fanno capire la vitalità di questo insediamento, che continuò ad essere frequentato dalle comunità locali anche nei secoli successivi al suo declino, mantenendo sempre viva la solenne celebrazione della festa di san Kevin, il 3 giugno.
  Gli archeologi hanno potuto ricostruire la topografia molto articolata di Glendalough, che comprendeva case d’abitazione, opifici, ospizi per pellegrini, ambienti dedicati alla scrittura e trascrizione di codici, un’infermeria e una fattoria: una parte di queste strutture, edificate in una particolare opera muraria, sono tuttora visibili e sono attribuibili per lo più ad un arco cronologico, compreso fra l’VIII e il XII secolo.
  Fra di essi, si possono ricordare la chiesa di Santa Maria, un’aula ad una sola navata con un coro laterale, preceduta da una porta in granito; quella di Reefert (il nome significa ‘sepoltura dei re’), di pianta simile, ubicata all’interno di un bosco ed in parte ricostruita nel restauro moderno.
  Ancora, si segnalano la chiesa, o ‘Cucina di San Kevin’ appellativo derivato dalla presenza di un campanile con quattro finestrelle, simile a un camino, aggiunto successivamente e la cosiddetta ‘casa del prete’, un piccolo edificio in stile romanico di incerta funzione, ma all’interno del quale si trovano le tombe di molti parroci del luogo, mentre esternamente una figura scolpita sopra l’ingresso è interpretata come il santo locale, accompagnato da due apostoli.
 
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due monumenti che attirano maggiormente l’attenzione del visitatore sono la maestosa porta, che costituiva l’ingresso principale della prima cinta muraria del monastero ed era elevata su due piani, con due archi di granito di raffinata fattura; e la già menzionata torre cilindrica, alta circa 33 metri, con tetto conico, ricostruita nel 1876, utilizzando pietre originali. Essa è suddivisa in sei piani, ognuno dei quali provvisto di pavimenti lignei e le sue funzioni dovevano essere molteplici, servendo da rifugio in caso di attacchi, da campanile, da torre di osservazione e come punto di riferimento, visibile da molto distante, per i pellegrini, che venivano a visitare il monastero.
  L’edificio più grande ed imponente di questo sito è, comunque, la cattedrale, situata su un altopiano al centro della valle, oggi priva del tetto, quasi interamente risalente al XII secolo. Si sono potute riconoscere diverse fasi costruttive, ma l’aula originaria era ad un’unica navata di grandi dimensioni, edificata con grosse pietre di micascisto; successivamente si aggiunsero il coro e la sacrestia.
  All’esterno si può ancora vedere una croce del XII secolo in granito locale, nota come ‘Croce di San Kevin’, che probabilmente segnava il confine del cimitero dei monaci, in cui sono tuttora conservate molte altre croci di pietra di varie epoche, poste a segnacolo dei sepolcri.
  Si possono ricordare inoltre, fra i tanti monumenti superstiti, il cosiddetto ‘Caher’, una recinzione circolare in pietra, di 20 metri di diametro, di incerta funzione e, non lontano dalle cascate di Poulanass, il ‘Giaciglio’ del santo, una grotta scavata nella parete rocciosa, luogo di ritiro spirituale e di meditazione del fondatore del complesso.

 E A DUBLINO INCANTANO I TESORI DEGLI «SCRIPTORIA»

Nei monasteri erano molto attivi gli scriptoria, che producevano opere di grande pregio. Uno dei manoscritti più antichi e celebri d’Irlanda è il Libro di Kells, ricco di decorazioni di notevole qualità, la cui datazione oscilla fra la metà dell’VIII e gli inizi del IX secolo. Il prezioso evangeliario è custodito da circa tre secoli a Dublino nella storica Biblioteca del Trinity College, prestigiosa istituzione universitaria fondata nel 1592 sul sito di un antico monastero agostiniano, che è ancora oggi un’isola di tranquillità nel cuore della capitale irlandese ed accoglie studenti di molte nazionalità. Il Libro di Kells prende il nome dalla città, situata a una sessantina di chilometri a nord-ovest di Dublino, in cui si erano rifugiati i monaci della comunità di san Colombano nell’isola di Iona nell’806, dopo un’incursione dei Vichinghi. Esso fu prodotto probabilmente nel monastero di Kells, appunto, e contiene i quattro Vangeli in latino; gli amanuensi ornarono lo scritto con originali e minutissimi motivi ad intreccio, fusi con figure umane ed animali. Il testo, esteso su 340 fogli di pergamena, è scritto in eleganti caratteri onciali compositi ed ha i capilettera molto elaborati, formati da animali in lotta, figure umane contorte, pesci e una sorta di lucertole. Il codice comprende anche due sommari, prefazioni ai racconti evangelici e parte di un glossario con l’interpretazione dei nomi propri ebraici. Il Libro di Kells è esposto in una mostra permanente, ospitata all’interno del Trinity College, intitolata «Volgendo l’oscurità in luce», al termine di un percorso didattico, che per mezzo di brevi filmati fa conoscere ai visitatori i processi di lavorazione delle antiche pergamene, le tecniche di scrittura e la tipologia degli inchiostri utilizzati. Si possono ammirare anche due altri importanti codici miniati, il Libro di Armagh e quello
 di Durrow.
Dublino ha certamente moltissime altre cose, meritevoli di essere conosciute dai turisti: basti ricordare la cattedrale di San Patrizio, la più grande chiesa irlandese, sorta vicino ad un pozzo sacro, dove, secondo la tradizione, san Patrizio avrebbe battezzato i convertiti intorno alla metà del V secolo. Ad una prima cappella lignea si sostituì, nel 1192, un grande edificio di pietra, più volte rimaneggiato nei secoli successivi. Dublino è una città ricca anche di musei e chi si interessa di antichità non potrà fare a meno di visitare il Museo Nazionale d’Irlanda in Kildare Street, inaugurato nel 1890. All’interno sono esposti in sette gallerie reperti databili fra il 7000 a.C.
  fino al tardo Medioevo: si può così ripercorrere lo sviluppo della civiltà irlandese, dall’arrivo delle prime popolazioni dell’età mesolitica fino alla metà del Cinquecento. Due sezioni speciali sono, poi, dedicate all’antico Egitto e a ceramiche e vetri di Cipro. Colpisce soprattutto la cospicua collezione di oggetti in oro dell’età del bronzo, spesso ritrovati nelle torbiere irlandesi. Si possono ammirare opere di grande raffinatezza, tenuto conto anche dell’epoca in cui furono lavorate (dal 2200 al 700 a.C.): dischi solari, grandi girocolli, ornamenti per orecchie e capelli, persino una barca in oro. Per favorire la promozione della cultura e la frequenza ai musei, specie da parte dei giovani, l’ingresso del Museo Nazionale (come delle altre istituzioni simili di Dublino) è libero per tutti.
 Danilo Mazzoleni

Avvenire 17-2-2008