(Avvenire) Intervista al presidente dei vescovi statunitensi

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Oggi il Papa negli Usa George: ci rinnoverà

L’arcivescovo di Chicago: linfa per le nostre sfide

 DANEW YORK
 ELENA MOLINARI
 
 Inizia da Washington per poi toccare New York il viaggio di Benedetto XVI. II presidente dei vescovi statunitensi: «Difficile annunciare il messaggio di libertà di Gesù a una società che si considera, a torto o a ragione, la società più libera della Terra» 

  Sono state settimane intense per Francis George, arcivescovo di Chicago e presidente della Con­ferenza episcopale statunitense. I dettagli organizzativi legati alla visi­ta di Benedetto XVI, che atterrerà a Washington questa sera alle 22, ora i­taliana, sono stati innumerevoli. Ma il cardinale è stato soprattutto impe­gnato ad aiutare i vescovi e le par­rocchie americane a prepararsi spi­ritualmente a un viaggio pastorale che, spiega, rappresenta un’oppor­tunità unica di rinnovamento per u­na Chiesa che ha di fronte a sé non poche sfide.
Cardinale George, quali sono le sfi­de che la Chiesa cattolica america­na deve affrontare?
 Sono variegate. I cattolici sono una minoranza negli Stati Uniti, folta, ma pur sempre una minoranza. L’immi­grazione dall’America Latina lo ha re­so un gregge ancora più eterogeneo. Ai vescovi spetta il compito di man­tenerne l’unità attorno al messaggio del Vangelo. Ma la stessa proclama­zione della verità di Cristo a una so­cietà come quella americana rap­presenta una sfida. Significa annun­ciare il messaggio di libertà di Cristo a una società che si considera, a tor­to o a ragione, la più libera della Ter­ra. E fare capire ai cristiani che c’è un’enorme differenza fra la libertà in­tessuta nel Vangelo e la libertà sanci­ta dalla Costituzione americana.
 Come riassumerebbe questa diffe­renza?

 La libertà americana è fatta di una serie di diritti inviolabili. Sono fon­damentali e importanti, ma posso­no diventare totalitaristici quando vengono intesi come libertà di scel­ta illimitata. Questo tipo di percezio­ne, individualistica, della libertà, ri­schia di vedere il messaggio del Van­gelo e i principi morali che ne deri­vano come un ostacolo al proprio pieno compimento.
 Può fare un esempio?
 L’esempio più lampante è quello del­la moralità in materia sessuale an­nunciata dalla Chiesa cattolica. Nel­la società americana viene spesso vi­sta come un limite, un ostacolo alla propria libertà di scegliere il com­portamento sessuale che più aggra­da. La sfida di noi pastori è far capi­re che l’etica sessuale insegnata dal­la Chiesa libera dalla egoistica ricer­ca del piacere individuale. Ma ci so­no altri esempi. Nella società ameri­cana, infatti, si assistono a tanti mo­di di violare la santità della vita. Non solo con l’aborto. Anche con la vio­lenza, la pena di morte, la mancan za di un sistema sanitario accessibi­le ai più poveri. Sono tutti campi di sfida per la Chiesa che fa del rispetto della vita un punto di partenza im­prescindibile del suo messaggio e che rifugge i tentativi esterni di politiciz­zare le sue posizioni. 
  A differenza di alcune realtà euro­pee, in America le chiese sono piene,  la fede è palpabile. 
 È vero, negli Stati Uniti la religiosità è molto diffusa. Ma è il risultato di un percorso storico diverso da quello eu­ropeo. Di certo la nostra retorica pub­blica è ben più ricca di riferimenti a Dio di quella comune nella maggior parte dei Paesi dell’Europa occiden­tale. Ma noi non abbiamo la storia di civilizzazione cristiana che pervade il Vecchio mondo. Questo risulta nel fatto che da noi sono riconosciute ben poche festività religiose. Inoltre in America la separazione di fede e ragione, quella stessa che Papa Be­nedetto denuncia come pericolosa, è a mio parere più profonda che in molti altri Paesi occidentali. Anche negli Stati Uniti il secolarismo è dif­fuso, anche se forse in modo meno aggressivo che in Europa. Forse an­che grazie al fatto che le Scritture fan­no parte integrante del dibattito pub­blico, in un modo che non sarebbe permesso dalle consuetudini euro­pee e che credo sia un lascito del­l’importanza che il protestantesimo attribuisce alla lettura e alla inter­pretazione individuale della Bibbia.
 Uno dei discorsi più attesi di Bene­detto XVI è quello di giovedì agli e­ducatori cattolici. Che tipo di co­munità si troverà di fronte?

 Non parlerà solo ai responsabili del­le università cattoliche, ma anche ai rappresentanti di scuole elementari, medie e superiori. Lo ascolterà una comunità variegata, e in cerca di i­spirazione per un compito non faci­le. Ma per loro fortuna questo è un Papa educatore, che conosce le loro difficoltà. Inoltre il Papa parlerà ai giovani seminaristi ed è l’unico in­contro che il Papa ha espressamen­te chiesto di avere. Questo perché de­sidera indicare loro personalmente la bellezza della fede e la libertà che possono trovare in Cristo, indipen­dentemente dalla società in cui vi­vono.
 Come sarà ricevuto il Papa in Ame­rica?

 Con cortesia e calore. Anche chi non è d’accordo con lui mostrerà rispet­to per la sua presenza. Non escludo proteste a margine di qualche even­to, ma ce ne sono sempre in occa­sione di visite importanti, fanno par­te della natura americana. Soprat­tutto però mi aspetto tantissimo en­tusiasmo da parte dei cattolici. An­che se Benedetto XVI non è ancora ben conosciuto qui negli Usa, c’è sempre grande amore per il succes­sore di Pietro. E sono convinto che la gentilezza di Benedetto XVI conqui­sterà facilmente sia i cattolici che i non cattolici.

Avvenire 15-4-2008