UN PAESE IN GINOCCHIO Filippine, è emergenza per un milione di persone Almeno quaranta le vittime in Vietnam per il passaggio dell’uragano Le autorità avevano avvertito la popolazione, ma ci sono stati problemi nell’evacuazione Da Hong Kong Stefano Vecchia
Ieri il tifone Durian, che tra giovedì e venerdì scorso aveva flagellato le Filippine centro settentrionali, ha raggiunto le coste vietnamite, dove la popolazione era già stata allertata dalle autorità. Tuttavia, sono una quarantina le vittime finora accertate, di cui una decina nella regione del Delta del Mekong.
La decisone di allontanare parte della popolazione dalle aree prevedibilmente attraversate dal tifone (in particolare nel Delta, le cui risaie e riserve di pesca sono al livello del mare), ha suscitato anche proteste per l’evacuazione forzata di diverse abitazioni. Secondo le autorità, l’arrivo di Durian, seppure indebolito notevolmente rispetto al disastroso transito sull’arcipelago filippino, rappresenta un evento eccezionale anche per il Vietnam colpito abitualmente dai tifoni autunnali, sia per le dimensioni, sia per la stagione ormai avanzata. Nonostante le misure precauzionali, i danni sono ingenti e in via di definizione.
In particolare preoccupa la situazione dell’isola di Phu Quay, nel Golfo del Tonchino, 250 chilometri a est di Hochiminville (l’ex Saigon). Sull’isola, dove le comunicazioni si sono interrotte, un migliaio di case sarebbero rimaste danneggiate e oltre 800 barche da pesca sono state trascinate al largo o distrutte. Allarme elevato anche in Malaysia, che già domenica aveva lanciato la massima allerta per le regioni costiere del Borneo e di Sarawak.
Continua ad aggravarsi, intanto il bilancio passaggio di Durian sulle Filippine, in particolare continua a salire il numero delle vittime delle colate di fango e massi vulcanici che ha colpito una vasta regione attorno al vulcano Mayon, nella regione nord-orientale di Bicol. Secondo la protezione civile filippina la conta delle possibili vittime è salita a 1.266: 526 morti accertati e 740 dispersi; i feriti sono un migliaio e il numero delle abitazioni distrutte o danneggiate è arrivato a 230 mila. I danni, aggiunge ancora il comunicato della protezione civile sono stimati in oltre 18 milioni di dollari.
«Non siamo nuovi a questo genere di calamità, e siamo sempre stati in grado di risollevarci più forti di prima», ha detto la presidente filippina Gloria Macapagal Arroyo. «Tuttavia – ha aggiunto -, non dobbiamo lasciare tutto a un caso maligno, quando possiamo sviluppare gli strumenti per prevenire i problemi». La Arroyo ha incaricato il Dipartimento per l’ambiente di avviare un progetto di mappatura di tutte le aree a rischio di catastrofe naturale, inclusa quella del Mayon.
Intanto, insieme alle dimensioni della catastrofe che ha coinvolto un milione di persone, vanno emergendo particolari sconcertanti. Il sindaco di Guinobatan, una delle cittadine seppellite dall’ondata di fango scesa dalle pendici del Mayon, Juan Garcia, ha accusato il Dipartimento dei Lavori pubblici di responsabilità nella morte di 184 vittime accertate nella sua municipalità (altre 300 persone risultano disperse). Come in quasi tutta l’area colpita, la pessima condizione di molte strade, aggravata dalle forti piogge di giovedì, ha impedito agli abitanti di mettersi in salvo e, successivamente ai soccorsi di potere intervenire tempestivamente. Polemica è anche per gli esami di Stato per infermieri nella città di Legaspi che, nonostante la situazione che ha creato non pochi disagi agli studenti, costretti in molti casi ad alloggiare in alberghi semidistrutti o a trascorrere la notte in parchi e centri commerciali, si sono tenuti come programmato.
Arrivano anche notizie da aree solo ieri raggiunte dai primi soccorsi. Come l’isola di Rapu-Rapu, al largo del golfo di Albay. Qui i morti sarebbero almeno 11, ma si continua a scavare tra le macerie dei villaggi di pescatori rasi al suolo dalla forza del vento che ha superato i 200 chilometri orari.
Avvenire 6-12-2006