GLI ITALIANI E LA SALUTE
La presidente Silvestro: questo testo verrà discusso in tutti i Collegi provinciali e sarà
approvato nel congresso nazionale del marzo 2009 «L’infermiere opera per il bene del paziente»
Infermieri coerenti: «No all’eutanasia»
Bozza del nuovo Codice deontologico: diritto all’obiezione di coscienza
DA MILANO
ENRICO NEGROTTI
Parte da un ripetuto «no» all’eutanasia e dalla rivendicazione del
diritto all’obiezione di coscienza il processo di aggiornamento del
Codice deontologico degli infermieri, una categoria professionale
cruciale del mondo della sanità, anche se in perenne sofferenza di
organici. La prima bozza del nuovo testo è stata presentata ieri a
Roma dalla presidente dell’Ipasvi (Federazione nazionale Collegi
infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici
d’infanzia), Annalisa Silvestro: «La riflessione che abbiamo aperto
sul codice deontologico serve a dare risposta alla maturazione della
professione e a ridefinire il ruolo degli infermieri». Frutto del
lavoro del comitato centrale dell’Ipasvi, coadiuvato da tre esperti
(l’avvocato Giannantonio Barbieri, il medico legale Daniele
Rodriguez, il bioeticista Antonio G. Spagnolo), la prima revisione del
Codice verrà ora esaminata da tutti gli organi provinciali degli
infermieri, ed è aperto – osserva la presidente Silvestro – al
contributo di stimolo e riflessioni che potranno venire dalla società
civile: «Abbiamo tempo un anno per discuterlo, fino al congresso
nazionale che si svolgerà nel marzo 2009». «Abbiamo lanciato il nuovo
testo – sottolinea il vicepresidente dell’Ipasvi Gennaro Rocco – in un
mondo che è profondamente cambiato per la nostra professione: quando è
nato il Codice attualmente in vigore, nel 1999, eravamo appena entrati
nelle università, adesso ci sono le lauree di cinque anni, i dottorati
e i professori infermieri».
Ispirato al rispetto della volontà del paziente (l’articolo 38 spiega
che si «tiene conto» di quanto espresso in precedenza da un paziente
divenuto incapace di esprimersi), il Codice ribadisce il tradizionale
ruolo di primo interlocutore con il malato ma puntualizza il diritto
del professionista infermiere di vede-
re garantita anche la propria libertà non partecipando ad attività
contrarie alla propria coscienza. «L’infermiere orienta la sua azione
al bene dell’assistito – recita l’articolo 4 –, di cui attiva le
risorse sostenendolo nel raggiungimento della maggiore autonomia
possibile anche quando vi sia disabilità, svantaggio, fragilità». E
all’articolo 8, si osserva che «nel caso di conflitti determinati da
diverse visioni etiche» l’infermiere «si impegna a trovare la
soluzione attraverso il dialogo», ma qualora persistesse una richiesta
«di attività in contrasto con i principi etici della professione e con
i propri valori, si avvale dell’obiezione di coscienza, facendosi
garante delle prestazioni necessarie per l’incolumità e la vita
dell’assistito». Nessun abbandono terapeutico, dunque, ma – ripete
Annalisa Silvestro – la richiesta «di rispettare anche l’etica del
professionista infermiere: del resto questo diritto (previsto
esplicitamente per la legge 194) è già presente nel Codice
deontologico attualmente in vigore». In particolare viene escluso che
l’infermiere possa dare seguito a richieste eutanasiche: «L’infermiere
– è scritto nell’articolo 40 – non partecipa a interventi finalizzati
a provocare la morte, anche se la richiesta proviene dall’assistito».
Un’indicazione che è presente anche nel Codice approvato nel ’99.
Non manca un accenno a un tasto dolente: l’abusivismo della
professione, da denunciare. «È anche una questione di tutela del
cittadino – osserva la presidente –. Se qualcuno va aldilà delle
proprie competenze può anche fare danni».