Il libro: «Il mio Karol » di Aldo Maria Valli
Potremmo definirlo il racconto di due vite che si intrecciano. Nel 1978 quando l’arcivescovo di Cracovia venne eletto Papa, Aldo Maria Valli aveva vent’anni: era uno studente con la passione per il giornalismo. Il 2 aprile 2005 quando Wojtyla morì, era diventato un affermato professionista dell’informazione, sposo e padre di sei figli. In mezzo ci sono ventisette anni di vita e trentadue viaggi in cui, per così dire, il vaticanista ha accompagnato il Pontefice. Del primo sul volo papale, in Ungheria (settembre 1996), Valli racconta un episodio curioso. Era capitato accanto a Orazio Petrosillo e il vaticanista del «Messaggero» gli diede un singolare consiglio: «Ogni volta che durante il viaggio ti offrono da mangiare, accetta senza fare complimenti, perché non ci sono orari e non sai mai quando potrai mettere qualcosa sotto i denti». Fu proprio in Ungheria che Navarro Valls rivelò che il Papa soffriva di una sindrome extrapiramidale, cioè del morbo di Parkinson. Una ma-lattia che se riuscì a invadere e fiaccare il corpo, non ebbe mai il sopravvento sullo spirito, mai riuscì a indebolire quella straordinaria «missione» di cui Wojtyla stesso aveva parlato nel 1994 dopo il ricovero al Gemelli per la frattura del femore: «Il Papa – disse nell’occasione – deve soffrire perché il mondo veda che c’è un Vangelo superiore, il Vangelo della sofferenza con cui si deve preparare il futuro».
Ma se la malattia è stata fondamentale soprattutto nella seconda parte del suo Pontificato, l’elemento che Giovanni Paolo II ha messo al centro sin dall’inizio è stato la persona umana con i suoi diritti fondamentali. Primo fra tutti il diritto alla vita stessa e alla libertà religiosa. Temi risuonati pressoché in tutti i viaggi del Papa sia in Italia che all’estero e che, ovviamente, ritroviamo nelle pagine di Valli. Capitoli, frammenti di vita che il vaticanista racconta con una professionalità senza sconti e insieme con trasporto ed affetto. «C’è – scrive Gianni Riotta nella prefazione – nella sua prosa, un certa meraviglia, un certo candore, una forma di stupore davanti al destino, provvidenza è la parola che lui preferisce, che lo ha scelto per assistere a una evangelizzazione che non ha pari nella storia ». Nessuna ansia di scoop nelle pagine di Valli o rivendicazione orgogliosa del proprio ruolo. Solo la responsabilità e la bellezza insieme di raccontare un uomo tanto grande e che tanto ha significato per lui. Il volto di Wojtyla, i suoi documenti ne hanno accompagnato la giovinezza e la maturità. «Mi ha parlato mentre ero studente e mentre cercavo il primo lavoro, si è rivolto a noi quando ho conosciuto Serena, quando ci siamo sposati e quando sono venuti al mondo i nostri figli». Parole, che adattate alle singole storie, in tanti possono sottoscrivere.
E come succede per le persone care, ognuno ha il proprio ricordo di Giovanni Paolo II. Quello di Aldo Maria Valli, singolarmente emerge durante la telecronaca dei funerali, ed è legato al colore bianco. «Della neve e del ghiaccio che il Papa amava. C’è una foto di Wojtyla in montagna, nello scenario di un ghiacciaio. È felice di essere lassù – scrive –, sorride con il viso e con gli occhi. Lo ricordo così, il mio Karol».