(Avvenire) Don Orione: Lavorare con le ”pietre vive”

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PROFILI DI SANTITÀ
Nativo della vicina Pontecurone, il 13enne Luigi bussò alla porta dei Frati francescani Uscito dal convento per motivi di salute, da adulto lo ristrutturò e ne fece la «casa» dei suoi seminaristi

Le «pietre vive» di don Orione dalla sua Voghera al mondo


Nella cittadina pavese il sacerdote, che il Papa domani canonizzerà, impiantò il suo seminario per l’estero
In 40 anni ha formato schiere di missionari


Di Antonio Airò


Don Orione la definiva “la sua città” scrivendo a monsignor Giovanni Biscaldi, arciprete di Voghera. In questa città, “ospitale e gentile”, al confine tra Lombardia e Piemonte, aveva lavorato suo padre «alla selciatura della bella piazza Duomo», avrebbe confidato, nel 1916, a un prete amico, aggiungendo che «a Voghera non è difficile lavorare con pietre vive».
Se giustamente Pontecurone, a pochi chilometri da Voghera, rivendica con orgoglio di aver dato i natali a questo “strano prete”, come lo descrisse con affetto e devozione Ignazio Silone, e se Tortona e la diocesi possono gloriarsi di aver avuto tra i suoi sacerdoti questo straordinario “asino di Dio” – così lui stesso si definiva – Voghera è luogo privilegiato e originale della presenza evangelica di don Orione, segnata dal carisma della carità verso tutti. Presenza che non investe solo la città, ma anche altri centri dell’Oltrepò, da Casei a Fumo, da Montebello a Sant’Alberto di Butrio, la cui secolare abbazia è divenuta luogo di preghiera per gli eremiti ciechi della sua congregazione, come frate Ave Maria per il quale è in corso il processo di beatificazione.
A Voghera, nel 1885, il 13enne Luigi Orione, aveva bussato al convento dei francescani. Il suo bagaglio era tutto in un bauletto caricato su un carrettino trainato da un asino. In tasca aveva solo 5 lire. Ma la fragile salute non aveva retto alle fatiche della vita religiosa, tanto che il medico gli aveva pronosticato, al massimo, un anno di vita. E i francescani, con zelo eccessivo – come ebbe a denunciare fra Nazareno Fabbretti, a Voghera negli anni Sessanta – lo avevano rimandato a Pontecurone.
Mentre, spossato dalla febbre, l’adolescente era nella sua cella, il Giovedì santo 1886 ebbe una visione. «Vidi come il muro in fondo alla stanzetta scomparire e mi apparve come una schiera di giovani preti, tutti con la cotta bianca, bianchissima… candidissima come la neve». Questo sogno, lo stesso don Orione lo spiegò 40 anni dopo, nell’ottobre 1928, durante una familiare conversazione con i suoi ragazzi. «Ora credo che quei preti con la cotta bianca – disse – siete voi che andate a Voghera vestiti con l’abito clericale. Io avevo creduto finora che quei preti volessero significare i preti della Congregazione, ma non riuscivo a capire come fossero tutti giovani preti. Quei giovani preti, miei cari, sono quelli di voi che andranno a stare a Voghera».
Da pochi mesi don Orione aveva, infatti, acquisito l’ex-convento francescano – quello dove aveva bussato – ridotto in condizioni pietose, per farne il seminario per le missioni estere della congregazione, affidato alla protezione di sant’Antonio di Padova. «Il santo dei miracoli – avrebbe scritto a Biscaldi – è il patrono delle nostre missioni, perché volle essere missionario e fu, invero, apostolo di fede attraverso l’Italia e la Francia riconducendo a migliaia le anime sui sentieri della pace e del bene». Don Orione non solo aveva voluto fare dell’ex convento il luogo di formazione e preghiera per i futuri missionari, ma aveva anche accolto il desiderio dell’arciprete di intitolare la chiesa della comunità a san Pietro. «I figli della Provvidenza – scriveva a Biscaldi – professano speciale devozione a san Pietro, l’apostolo della fede grande e del grande amore a Gesù Cristo».
Per 40 anni il seminario ha ospitato generazioni di giovani. Molti sono diventati sacerdoti nella congregazione; tanti testimoniano il carisma del fondatore in diversi Paesi. Ma fin dall’inizio il seminario assunse una dimensione internazionale, per la presenza di allievi provenienti dalla Polonia, dalla Francia e dalla martoriata Armenia. Ora il seminario non c’è più. Ma il legame particolare tra don Orione e Voghera continua nella parrocchia di San Pietro, affidata alla sua congregazione. La folta presenza di vogheresi e oltrepadani alla cerimonia di canonizzazione di domani ne è ulteriore conferma.


Avvenire 15.5.2004