(Avvenire) Don Barsotti ha voluto sempre una cosa sola: cercare Dio

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Nella basilica della Santissima Annunziata una grande folla si è stretta intorno alla sua comunità per l’ultimo commosso saluto

L’addio a don Barsotti il «cercatore di Dio»


Ieri a Firenze i funerali del mistico toscano scomparso mercoledì scorso Il cardinale Ennio Antonelli: «La pace e la gioia che irradiava hanno testimoniato che per lui la morte era il compimento della vita»


Da Firenze Andrea Fagioli

 La bara, aperta, sul pavimento di marmo ai piedi dell’altare maggiore della Santissima Annunziata, la basilica mariana fiorentina che don Divo Barsotti aveva scelto per il suo funerale. Lo ha ricordato anche il cardinale Ennio Antonelli durante la Messa esequiale concelebrata ieri con una decina di vescovi tra cui l’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, di Monreale Cataldo Naro, di Biella Gabriele Mana, i toscani Bassetti, Bianchi, Cetoloni, Giovannetti, Maniago, Simoni, Tardelli, Tommasi e numerosi sacerdoti.
«Don Divo Barsotti è una personalità straordinariamente ricca, che non si lascia comprimere nelle brevi dimensioni di un’omelia – ha aggiunto l’arcivescovo di Firenze -. Don Divo è stato sacerdote, mistico, scrittore, teologo, predicatore, consigliere e padre spirituale, fondatore della Comunità dei Figli di Dio, che ora comprende più di 2 mila membri ed è diffusa a livello internazionale. Egli però ha voluto sempre una cosa sola: cercare Dio». Antonelli, al quale è giunto il telegramma del cardinale Angelo Sodano con le «sentite condoglianze» del Papa e la «sua confortatrice benedizione apostolica», ha lasciato «parlare» soprattutto don Barsotti («il nostro amato don Divo») citando molti dei suoi scritti: «Egli soleva dire che la morte non esiste e, se esiste, è solo come una medicina per aprire definitivamente il nostro io all’amore infinito di Dio. Più avanzava negli anni e più si sentiva vivere. La pace e la gioia che in modo crescente irradiava intorno a sé hanno testimoniato splendidamente che per lui la morte era compimento della vita».
L’arcivescovo di Firenze ha sottolineato come don Barsotti, morto mercoledì scorso, insistesse sull’assoluta centralità di Cristo nella vita del cristiano e della Chiesa, animato da amore appassionato e geloso, con un linguaggio vibrante e a volte perfino polemico: «La missione della Chiesa – scriveva – non è la pace delle nazioni, l’unità dei popoli, la giustizia sociale. La missione della Chiesa è, con l’evangelizzazione, l’inserimento di ogni uomo, di tutta l’umanità nel Cristo morto e risorto. È vero tuttavia che questo inserimento, quando è reale, tende a realizzare anche la pace, la giustizia, l’unità».
«La Chiesa è nel mondo, ma non del mondo. Invece spesso si aspira a salvarsi in questo mondo, e magari si preferirebbe anche che il Signore fosse un po’ a servizio dell’uomo. Così si parla molto, nella Chiesa, della mafia, dei debiti, del terzo mondo, degli armamenti, del governo. Ma chi parla di Cristo morto e risorto?».
Ovviamente anche per don Divo l’impegno sociale e politico è necessario; ma è secondario; non deve occupare il centro. «A questo proposito – ha detto ancora Antonelli – ho un ricordo personale che riemerge spesso in me e mi interpella con forza. In una delle mie prime visite a don Divo si parlava, tra le altre cose, dell’impegno sociale e dell’attività caritativa dei cristiani e delle comunità ecclesiali. Don Divo osservò che spesso non sono segno di autentica fede e carità e aggiunse mestamente: “Molti non amano Gesù Cristo”. E vidi due rivoli di lacrime scendere dai suoi occhi e rigare il suo volto. Rimasi intimamente commosso».
Commosso anche il successore di don Barsotti, don Serafino Tognetti, già da tempo a capo della Comunità dei Figli di Dio, che alla fine della Messa, ringraziando i presenti compresi i «due fratelli arrivati dall’Australia», ha ricordato quando il fondatore, pochi mesi prima della morte, lo chiamò e gli disse: «Siediti e scrivi». Era l’ultimo messaggio che Barsotti rivolgeva ai suoi «figli»: «Abbiate fiducia, Dio non mancherà, non vi preoccupate per il numero, l’importante è che siate uniti. Chiedo a tutti voi la fede, una fede semplice, pura, ma grande. Amate la Chiesa. Siate certi e sicuri della vostra vocazione e sappiate difenderla. Raccomando soprattutto ai più anziani di essere esempio, di essere sicuri nella fede. Vi raccomando la concordia e l’obbedienza ai superiori. Io vi lascio apparentemente. Realmente sono con voi più di prima».
Al canto del Cantico di San Sergio e del Magnificat che don Barsotti aveva chiesto a chi avesse avuto notizia della sua morte, la bara ha abbandonata la Basilica tra la folla che ha portato l’estremo saluto all’ultimo mistico del Novecento, a colui che con la sua vita ha dimostrato che «la solitudine del contemplativo – sono parole sue – non è la solitudine di chi ha fuggito il mondo, ma di colui che è entrato nel suo più intimo cuore, nel suo centro più fondo».


Avvenire 22-2-2006