«La vita di Chiara Lubich un canto all’amore di Dio»
il messaggio
«Ha precorso il pensiero dei Pontefici»
Pubblichiamo integralmente il messaggio che il Papa ha inviato al segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, in occasione delle esequie di Chiara Lubich, fondatrice dell’Opera di Maria-Movimento dei Focolari. Il cardinale Bertone ha letto il messaggio nel corso del rito funebre in San Paolo fuori le Mura.
Prendo parte spiritualmente alla solenne liturgia con cui la comunità cristiana accompagna Chiara Lubich nel suo commiato da questa terra per entrare nel seno del Padre celeste. Rinnovo con affetto i sentimenti del mio vivo cordoglio ai responsabili e all’intera Opera di Maria-Movimento dei Focolari, come pure a quanti hanno collaborato con questa generosa testimone di Cristo, che si è spesa senza riserve per la diffusione del messaggio evangelico in ogni ambito della società contemporanea, sempre attenta ai «segni dei tempi».
Tanti sono i motivi per rendere grazie al Signore del dono fatto alla Chiesa in questa donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace, fondatrice di una vasta famiglia spirituale che abbraccia campi molteplici di evangelizzazione. Vorrei soprattutto ringraziare Iddio per il servizio che Chiara ha reso alla Chiesa: un servizio silenzioso e incisivo, in sintonia sempre con il magistero della Chiesa: «I Papi – diceva – ci hanno sempre compreso». Questo perché Chiara e l’Opera di Maria hanno cercato di rispondere sempre con docile fedeltà ad ogni loro appello e desiderio.
L’ininterrotto legame con i miei venerati predecessori, dal servo di Dio Pio XII al beato Giovanni XXIII, ai servi di Dio Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II ne è concreta testimonianza.
Guida sicura da cui farsi orientare era per lei il pensiero del Papa. Anzi, guardando le iniziative che ha suscitato, si potrebbe addirittura affermare che aveva quasi la profetica capacità di intuirlo e di attuarlo in anticipo.
La sua eredità passa ora alla sua famiglia spirituale: la Vergine Maria, modello costante di riferimento per Chiara, aiuti ogni focolarino e focolarina a proseguire sullo stesso cammino contribuendo a far sì che, come ebbe a scrivere l’amato Giovanni Paolo II all’indomani del Grande Giubileo dell’Anno 2000, la Chiesa sia sempre più casa e scuola di comunione.
Il Dio della speranza accolga l’anima di questa nostra sorella, conforti e sostenga l’impegno di quanti ne raccolgono il testamento spirituale. Assicuro per questo un particolare ricordo nella preghiera, mentre invio a tutti i presenti al sacro rito la benedizione apostolica.
Dal Vaticano, 18 marzo 2008
Benedetto XVI
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Una «Parola di vita» accende ogni mese 14 milioni di cuori
M olti l’hanno conosciuta così, attraverso quel foglietto «messo a disposizione» dal parroco al fondo della chiesa. Una pagina, una paginetta e mezza di riflessione spirituale, di lectio,
dedicata ogni mese a un versetto della Scrittura, ripetuto più e più volte per poterlo «ruminare», per interiorizzarlo e farlo diventare punto di riferimento negli impegni quotidiani. Uno «stile» che risale alle origini del movimento. La sera, nei rifugi – scrive Igino Giordani, cofondatore dei Focolari, in Erano i tempi di guerra – «si faceva meditazione del Vangelo o sull’Epistola del giorno: e chiunque veniva era invitato a partecipare a quella meditazione che diventava colloquio con Dio». Scoperta «l’unicità e l’universalità delle Parole di Dio – sottolinea la Lubich in Una via nuova – sin dai tempi dei rifugi (antiaerei) venne in noi il desiderio di tradurle in vita ad una ad una».
Da quel modello iniziale Chiara Lubich non si sarebbe mai distaccata. «Abbiamo preso il Vangelo e l’abbiamo letto parola per parola – ripeteva –. E l’abbiamo trovato tutto nuovo. Sprigionava Sapienza da ogni passo. Ogni parola di Gesù era un fascio di luce incandescente: tutto divino!». Logico allora che proprio il Vangelo diventasse la chiave per raggiungere anche chi del movimento non faceva parte. E più in generale per aiutare il giovane triste, l’adulto scoraggiato, l’anziano impaurito, la coppia in difficoltà. Chi, magari da solo nel silenzio di una chiesa, cerca un po’ di conforto nel buio, chiede a quella Parola la risposta che non riesce a trovare.
Il foglietto mensile è nato proprio così, come una specie di carta d’identità del Movimento, con cui comunicare la spiritualità che nel Focolare si respira ogni giorno. All’inizio in realtà (siamo nel 1944) le riflessioni di Chiara venivano diffuse da un periodico dei terziari francescani mentre la stesura attuale risale a qualche anno dopo. Oggi come allora si trattava di parole semplici, pensate per trasmettere la bellezza e insieme la responsabilità di assumere il Vangelo come stella polare. La difficoltà di tradurre in scelta concreta le sue indicazioni, la voglia di ripartire nei momenti di fallimento. Pubblicato inizialmente solo su carta, la «Parola di vita» oggi è diffusa anche tramite radio, tv e internet.
Si calcola che nel mondo raggiunga circa 14 milioni di persone. Chiara Lubich ha firmato le riflessioni sin dall’inizio. Con una breve interruzione nel 2007 quando le condizioni di salute non gliel’hanno permesso. Dall’inizio di quest’anno però aveva ripreso la consuetudine mensile. Ripercorrere le sue ultime lectio equivale allora ad accompagnarla nell’ultimo tratto di esperienza terrena, vissuta, a detta di chi le è stata accanto, con grande serenità, nella consapevolezza della vicinanza di Maria, Madre e conforto. Nessun riferimento nelle tre «Parola di vita » del 2008 al suo stato di salute, ma la consueta riflessione su come tradurre in esperienza quotidiana l’insegnamento di Gesù. Nel mese di gennaio Chiara commenta (e come potrebbe essere altrimenti?) il tema della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani cioè: «Pregate continuamente». Per realizzare l’invito – scrive – può aiutarci «l’offrire a Dio ogni azione, accompagnandola con: ‘Per te, Gesù’; o, nelle difficoltà, ‘Che importa? Amarti importa’. Così tutto trasformeremo in un atto d’amore». A febbraio la «Parola di vita» è stata su Matteo 5,19: «Chi osserverà (questi precetti) e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli» mentre l’ultima
lectio è dedicata al Vangelo di Giovanni (4,34): «Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera ».
Una riflessione per vivere al meglio la Pasqua, con l’invito, l’auspicio, di provare a mettere in pratica «momento per momento ciò che Lui vuole da noi, compiendolo in modo perfetto, come non avessimo altro da fare. Dio infatti, non vuole di più». Come non rilevare la continuità con i giorni delle origini? Come non sottolineare lo stesso orizzonte di allora? Scriveva infatti Chiara nel 1948: «Siamo uniti nel nome del Signore, vivendo la parola di vita che ci fa uno».
E ancora (da Parola di vita edizioni Città Nuova): «Più vado avanti, più vedo la bellezza della parola di vita! È la pillola che concentra in sé tutto ciò che Gesù ha portato sulla terra: il messaggio evangelico».
Avvenire 19-3-2008