Invito in extremis, col tono dei momenti cupi
Ci mancava la Massoneria Ora tutto più chiaro
Giorgio Ferrari
In effetti quella “vocina” mancava. Mancava nella cacofonia di strepiti che si sono affastellati nell’ultima ora, e non a caso si è fatta udire ufficialmente solo alla ventiquattresima dell’ultimo giorno. Come per ammonire. Come per far intendere a chi deve intendere. Ultima vox, dunque stemmata, stentorea, un sigillo facile da ricordare, nonostante la prosa convulsa che qui semplifichiamo per pietà del lettore: «Coloro che per rifiuto delle istituzioni da sempre rifiutano di recarsi alle urne non potranno sottrarsi all’appuntamento referendario». Rifiuto, rifiutano, non potranno. Tre negazioni ipostatiche, un sofisma tortuoso per dire – occorre un esegeta per questo compito – che l’ora è grave, che alle urne bisogna andarci comunque e che proprio coloro che fanno atto di astensione abituale, coloro che alle urne non ci si presentano mai, coloro che vanno al mare d’abitudine invece di andare a votare, questa volta vadano, votino, si presentino, si facciano vivi, non lascino l’urna disadorna. Perché – motiva la “vocina” – non recarsi alle urne potrebbe avere «effetti sociali devastanti». Ora tutto è più chiaro. I tasselli si illuminano. I fili di raccordo entrano in tensione. Il cittadino-elettore è avvisato. Effetti sociali devastanti fanno pensare allo sterminio ruandese, alla Great Famine, la carestia della patata che fece quattro milioni di morti di fame nell’Irlanda dell’Ottocento, all’annientamento dei kulaki, alla decapitazione dei diecimila notabili di Bisanzio. Fatti come questi hanno avuto effetti sociali devastanti, non c’è dubbio. Qualche dubbio ci viene invece sul referendum che si va a votare oggi e domani. E soprattutto altri dubbi insorgono pensando a quella “vocina” che si è levata provvidenzialmente a indicare la luce. Si tratta della voce di Morris Ghezzi, Gran Maestro (però onorario) del Grande Oriente d’Italia, il quale esercita il suo diritto di libera espressione del pensiero, come sancito dall’articolo 21 de lla Costituzione. Una Costituzione che non siamo sicuri che i sodali del Gran Maestro avrebbero voluto così com’è scaturita dalle mani piene di voglia di riscatto dei costituenti dopo il crollo del regime. Già, perché quando la “vocina” si fa così sapientemente insinuante, così accomodante («gli astensionisti votino scheda bianca»), il refolo (o il lezzo leggero?) di una fumisteria ben nota ci solletica le nari. Lezzo o refolo che viene da lontano, da duelli e confronti antichi, da mondi architettati e disegnati al tavolo della Ragione, dove la parola di Dio spesso fa ombra a quella dell’Ente supremo e ciò a chi cerca la luce d’Oriente piace assai poco. Non ce ne vogliano dunque i Grandi Maestri (anche Gustavo Raffi della Loggia di Palazzo Giustiniani è per la scheda bianca) se sospettiamo, in perfetta serenità, senza alcuna malizia, che dietro il loro richiamo referendario ci sia dell’altro. Un’antica abitudine, come minimo, o chissà cos’altro ancora. Non ce ne vogliano se le loro “vocine” fin troppo suadenti hanno su di noi l’effetto dell’acqua sul vetro. Di più, ci fanno ulteriormente convinti che l’astensione è l’unica scelta scappucciata.
Avvenire 12-6-2005