AsiaNews 27/08/2009 10:20
ASIA
Libertà religiosa, strumento di progresso e stabilità
di Bernardo Cervellera
Gli attentati alla libertà religiosa e le violenze contro i cristiani abbracciano quasi tutti i Paesi dell’Asia. I governi occidentali preferiscono criticare solo alcune delle violazioni – ad esempio quelle compiute da musulmani – ma tacciono sugli attacchi contro i cristiani in Vietnam o in Cina. Anticipazione dell’editoriale dal numero di agosto-settembre del mensile AsiaNews
Roma (AsiaNews) – A fine agosto è passato un anno dai pogrom anti-cristiani dei fondamentalisti indù dell’Orissa che hanno causato decine di migliaia di profughi e centinaia di morti. Nell’anniversario di queste violenze la Chiesa in India ha lanciato momenti di preghiera, veglie e incontri culturali per difendere la libertà dei cristiani e per spingere l’India a tornare al Paese multi-religioso e multi-culturale che è sempre stata.
La violenza non è però finita: tempo fa abbiamo dato la triste notizia di p. James Mukalel, sacerdote del Karnataka, ucciso e denudato mentre ritornava dall’aver celebrato una messa. E abbiamo documentato il sanguinoso incidente avvenuto a Gojra (Punjiab, Pakistan), dove una folla inferocita di oltre 3 mila musulmani hanno assaltato la zona cristiana del villaggio. Almeno 8 persone – fra cui 4 donne e un bambino di 7 anni – sono state bruciate vive e 20 altre sono rimaste ferite. Più di 50 case di cristiani sono state bruciate e distrutte e migliaia di fedeli son fuggiti per scampare alle esecuzioni sommarie da parte di giovani estremisti aizzati da partiti politici e mullah. Intanto, sempre in Pakistan, nei distretti della North-West Frontier Province (vicino all’Afghanistan) le violenze dei talebani e l’imposizione della Sharia costringono alla fuga le minoranze non musulmane, fra cui i cristiani.
Se guardiamo a tutta l’Asia vediamo che questo sterminato continente è fra i più colpiti dalla mancanza di libertà religiosa e le prime vittime sono spesso i cristiani.
Attualmente, su 52 Paesi asiatici, almeno 32 limitano in qualche modo la missione dei cristiani: i paesi dell’Islam (dal Medio oriente al Pakistan, all’Indonesia, alla Malaysia) mettono difficoltà a chi vuole convertirsi; India e Sri Lanka spingono sempre di più per leggi anti-conversione; i Paesi dell’Asia centrale – escluso forse il Kazakistan – limitano la libertà religiosa; i Paesi comunisti (Cina, Laos, Vietnam, Nord Corea) soffocano o addirittura perseguitano la Chiesa. Molte volte la discriminazione religiosa non si tramuta in aperto conflitto contro la religione, ma rimane un fenomeno che permea la società ed emerge di tanto in tanto anche in modo cruento. Uno dei casi più recenti è quello del Vietnam dove nelle scorse settimane sacerdoti e fedeli della diocesi di Vinh (Vietnam centrale) hanno subito violenze e arresti. Un sacerdote è stato perfino gettato giù dal secondo piano di un edificio solo perché lui e i fedeli si oppongono al sequestro di una chiesa, il cui terreno il governo vuole usare per fare un villaggio turistico di proprietà (privata) dei membri del Partito comunista.
Con molta puntualità, nel mese di agosto, papa Benedetto XVI ha scelto come intenzione missionaria dell’Apostolato della preghiera, proprio una sulla libertà religiosa: “Perché a quei cristiani che sono discriminati e perseguitati in non pochi Paesi a causa del nome di Cristo siano riconosciuti i diritti umani, l’uguaglianza e la libertà religiosa, sì che possano vivere e professare liberamente la propria fede”.
Fra i cristiani questo appello del papa spinge alla preghiera e alla solidarietà. Non altrettanto si può dire della società e dei governi occidentali. Si ha l’impressione che la libertà religiosa è un tema da dibattere solo se si può utilizzarlo per “fini interni”. Ad esempio, si enfatizza molto la persecuzione islamica contro i cristiani (forse per utilizzarla in una politica anti-immigrati), ma si tace del tutto quella che i cristiani soffrono a causa delle egemonie economiche e politiche del partito comunista in Vietnam o in Cina. In pratica, i partner economici da cui speriamo di avere di più, li guardiamo con molta più “pelosa” clemenza.
Non ci si accorge che la libertà religiosa – e in particolare quella per i cristiani – serve allo sviluppo economico delle nazioni in cui essi sono inseriti. Essi sono insieme riconciliatori dei conflitti sociali e catalizzatori di trasformazioni umane benefiche all’economia, molto di più dei compromessi con qualche dittatura o oligarchia. La stabilità di una società viene dal rispetto della libertà religiosa, più che dagli eserciti e dai controlli polizieschi. Il papa lo ha affermato a piene lettere nella sua ultima enciclica Caritas in veritate che tanti politici dicono di aver letto, ma solo per gettarsela alle spalle.