Così un uomo saudita ha ammazzato la figlia perché quest’ultima si era convertita al cristianesimo.
Lo ha riferito ieri il quotidiano “Gulf News”, senza però precisare i nomi dei soggetti coinvolti.
L’unico particolare noto è che l’uomo è un membro della Commissione per la promozione della virtù e contro il vizio, l’ente cui è “affiliata” la muttawa, la famigerata polizia religiosa islamica che reprime ogni forma di atto non musulmano in Arabia Saudita.“Gulf News”, giornale edito a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, ha sentito alcune persone (rimaste anonime per motivi di sicurezza) vicine alla vittima che hanno riferito alcuni particolari della vicenda. Il padre avrebbe ucciso la ragazza dopo un’animata discussione di carattere religioso: a far scoppiare la lite sarebbe stato il ritrovamento, effettuato dal fratello, di alcuni articoli scritti dalla ragazza e custoditi nel suo computer personale.
Secondo il sito internet saudita “Al Ukhdoud”, la ragazza uccisa aveva scritto un articolo sotto lo pseudonimo di Rania pochi giorni prima di morire. In questo testo raccontava che la sua famiglia nutriva crescenti sospetti su di lei dopo una discussione avuta con familiari: fu poi proprio il fratello a «denunciare» in casa la sorella per essersi lasciata influenzare da «materiale trovato su Internet» e così cambiare la sua religione.“Gulf News” riporta anche la testimonianza di un amico della vittima, riferita dal sito “Free Copts”, secondo cui il padre della ragazza sarebbe al momento in stato di fermo e indagato per «delitto di onore». Si tratta di un’accusa che, una volta arrivata in tribunale, prevede pene molto blande per chi le subisce, oscillanti tra i sei mesi e i tre anni di reclusione. Intanto, pochi giorni fa il governo di Riad ha espulso 15 cristiani – di cui non si conosce la nazionalità – sorpresi, lo scorso aprile, a pregare in una casa privata nella città di Taif.
L’accusa – riferisce l’Ong americana International Christian Concern – è di «predicare la Bibbia».
Lorenzo Fazzini
Avvenire, 14/8/2008