Adesso papà Englaro condanna l’eutanasia Se non la decide lui…

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di Gabriele Villa

Prendete la parola coerenza. Ribaltatela, rigiratela, schiacciatela sotto la suola delle vostre scarpe. L’esercizio terapeutico vi aiuterà a interpretare meglio il pensiero di certi tipi da spiaggia di quest’estate a scartamento irregolare. Prendete Beppino Englaro, per esempio. Un uomo tutto d’un pezzo, ma che, ogni tanto, perde un pezzo. Un padre che ha condotto la sua personale battaglia in nome e per conto della figlia Eluana anche se questo «in nome e per conto» resta ancora tutto da dimostrare, perché era indimostrabile, stante che la diretta interessata non poteva esprimere la sua vera volontà. Un uomo che, subito dopo ogni intervista, rimanendo in attesa della successiva, ha detto e ripetuto, puntualmente: «Basta, adesso non parlo più».

L’ultima di Beppino Englaro è che, dimenticandosi proprio della battaglia combattuta e vinta sei mesi fa, da cui ha attinto fama e popolarità, ieri dalle colonne de La Stampa se ne è uscito (naturalmente nel corso nell’ennesima intervista) esprimendo tutto il suo disgusto per l’eutanasia.
Il caso è quello di un uomo che, dopo aver tentato il suicidio, è entrato in coma e un’infermiera, convinta di assecondare la sua volontà, ha pensato di mandarlo all’altro mondo con un’iniezione letale. È la storia di Sandro Lepore, 42 anni, senza fissa dimora che, venerdì scorso, ha tentato il suicidio con una overdose di oppiacei. Per i medici del San Giovanni Bosco di Torino, l’uomo «non aveva alcuna possibilità di sopravvivere e i genitori lo sapevano». Questione di giorni, forse di ore e l’agonia sarebbe finita. Ma qualcuno, un’infermiera del reparto rianimazione che ha già un nome e un cognome perché contro di lei ha sporto denuncia uno dei medici, avrebbe appunto accelerato la conclusione della sofferenza di Sandro Lepore, iniettandogli una dose pesantissima di calmante.
Fin qui la vicenda, dai contorni oscuri, che ora è divenuta un faldone nelle mani del pm, Paolo Scafi. Ebbene, che cosa dice interrogato al riguardo Beppino Englaro? Dice, citiamo testualmente, «che è una storia sconvolgente perché la persona che ha deciso di porre fine alla propria vita non ha fornito, a parte il gesto estremo che ha messo in atto, elementi per stabilire quale fosse la sua effettiva volontà». E, tanto per ribadire il concetto aggiunge: «In assenza di questi elementi nessuno deve permettersi di decidere della vita altrui». Quindi? Quindi, è la conclusione di Englaro, quello dell’infermiera se c’è stato «è stato un gesto di libero arbitrio, perché medici e infermieri sono chiamati deontologicamente e giuridicamente a salvare la vita dei pazienti».
Un attimo di pausa, prego. Forse ci siamo distratti. Forse ciò che è accaduto, anzi che ha voluto proprio lui, Beppino Englaro, sei mesi fa, è un’invenzione dei media. Forse, in quel caso, trovare un’equipe di medici e infermieri che attuasse il famoso e famigerato «protocollo» per accelerare la fine di Eluana, lasciandola morire di fame e di sete, è stato qualcosa di completamente differente da ciò che oggi suscita orrore e sconvolgimento in Beppino Englaro?
Forse quella «dolce morte», in effetti non proprio dolce (arresto cardiaco in seguito a totale disidratazione), di quella giovane donna che era sua figlia, è davvero da considerarsi un caso a parte, motivato e determinato da schiaccianti e copiose prove della volontà di Eluana di voler morire? Forse. Ma forse è anche lecito diffidare e dubitare di persone così «coerenti» come Beppino Englaro. Perché se è questione di vita e di morte, forse è meglio avere le idee chiare prima di spingere qualcuno al di là di un confine che non permette ritorno.

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