Omelia per la DOMENICA VENDIDUESIMA DEL TEMPO ORDINARIO
LETTURE
Prima: Sir 3, 17-18.20.28-29
Seconda: Eb 12, 18-19.22-24
Vangelo: Lc 14, 1.7-14
NESSO TRA LE LETTURE
Il punto di riferimento dei testi liturgici sembra essere chiaramente l’umiltà. È l’atteggiamento dell’uomo di fronte alle ricchezze del mondo materiale o del mondo dello spirito (prima lettura). È e deve essere l’atteggiamento migliore dell’uomo, e particolarmente del cristiano, nelle relazioni con gli altri, nelle diverse situazioni che la vita offre (vangelo). E, soprattutto, deve essere il comportamento proprio dell’uomo di Dio, un comportamento che scopre la propria piccolezza nella magnanimità di Dio (seconda lettura).
MESSAGGIO DOTTRINALE
1. Le giuste relazioni nascono dall’umiltà. È un luogo comune dire che l’uomo è un essere relazionale, e che codeste relazioni sono con i suoi simili, con il mondo che lo circonda e con Dio. Ciò che forse non si vede chiaramente è quali sarebbero le relazioni più autentiche e proprie. La storia dell’umanità offre esempi numerosi di diverse forme di vivere la propria relazionalità. Ci sono coloro che sono stati guidati nel loro comportamento da una relazione di odio e di distruzione. Gli altri sono nemici, e bisogna farla finita con loro. Dio è nemico e si deve " ucciderlo" , come proclamava Nietzsche; la natura, la foresta si deve distruggere per costruire città, spazi umani. Una relazione interamente sbagliata! Esiste anche la relazione di possesso. Possedere le cose per costruire un regno di benessere; possedere gli altri per servirmene a favore della mia grandezza e del mio potere; possedere Dio, per "maneggiarlo" secondo la mia volontà. Nemmeno questa sembra essere del tutto una relazione giusta! Il timore, sarà una buona relazione? Paura di un Dio di imponente grandezza e terribile nei suoi giudizi; paura degli uomini e delle cose, per complesso di inferiorità o per mancanza di senso pratico. No, nemmeno il timore è una relazione adeguata! La vera relazione nasce dall’umiltà e si manifesta come relazione di amore. Poiché sono umile, cioè, poiché riconosco la mia condizione di creatura con la sua immensa piccolezza, vivo in atteggiamento di amore la mia relazione personale con Dio. Tale amore mi induce a percepire la sua grandezza e la sua generosità nei miei confronti, ad aver fiducia in Lui nonostante la mia piccolezza, a ringraziarlo per i suoi doni, prefigurata da codesta città di Sion in cui si enumerano tutti i beni che Dio può concedere all’essere umano (seconda lettura). Poiché sono umile, amo gli altri e non mi considero superiore ad essi, né cerco di dare loro qualcosa per riceverne a mia volta la ricompensa (vangelo). Poiché sono umile, non mi insuperbisco con il potere delle ricchezze che potrò avere né con la grandezza della scienza che posseggo (prima lettura). L’uomo, nel suo essere e nelle sue relazioni, è puro dono di Dio, di che cosa potrà inorgoglirsi? La giusta relazione dell’uomo con Dio, con i suoi simili e con le cose è l’amore, un amore che si fa servizio, rispetto, gratitudine, solidarietà.
2. L’umiltà, virtù gradita a Dio. A Dio creatore non può non esser gradito che l’uomo accetti la sua condizione di creatura e stabilisca le giuste relazioni con Lui e con tutta la creazione, poiché questo è l’umiltà. La mancanza di umiltà, al contrario, rompe l’armonia nell’interiorità dell’uomo e nello stesso universo, e codesta rottura non piace al Creatore. Per questo, leggiamo nel Siracide che "sono gli umili quelli che glorificano Dio" , e nel vangelo che "chi si umilia sarà esaltato" . Perché a Dio piace l’umiltà? Proprio perché l’umile non ha nessuna pretesa di soppiantare Dio, di "essere come Dio" , o, almeno, di ritenersi un superuomo o un supersaggio. Molto bene ci raccomanda il Siracide: "non pretendere ciò che ti sorpassa, non cercare ciò che supera le tue forze" . L’umile è gradito a Dio, perché non lo considera come un rivale, ma come un padre e un amico. L’umile è gradito a Dio, non solo perché si riconosce creatura, ma altresì peccatore, ed indegno della sua condizione di figlio. Proprio per questo, l’umile mantiene verso Dio un atteggiamento di figlio, sì, ma che mendica la sua benevolenza e il suo amoroso perdono. Tutto questo ci fa comprendere meglio ciò che la stessa Scrittura ci assicura: "Dio resiste ai superbi, ma concede il suo favore agli umili" . La differenza tra il superbo e l’umile la potremmo formulare così: "Il superbo cerca di piacere a se stesso, perfino a costo di Dio, mentre l’umile cerca di piacere a Dio, perfino a costo di se stesso" .
SUGGERIMENTI PASTORALI
1. Umiltà, ossia, la verità. Ciò che Gesù Cristo, nel vangelo, cerca di darci, non è una lezione di cortesia e di buona educazione. Gesù va più a fondo, all’essenziale, al substrato intimo della persona. E là, che cosa trova? Trova un cartello che dice: "tutto è dono, tutto è grazia" . L’uomo che non sarà capace di ammetterlo, si trova nella menzogna, si autoinganna e cercherà in molti modi di ingannare anche gli altri. Per esempio, compiacendosi dei suoi successi, parlando dei suoi trionfi, esaltando le sue molte qualità, credendosi e rendendosi importante… Chi sarà capace di ammetterlo, sta nella verità, e sarà profondamente umile. Perché l’umiltà è la verità con cui noi vediamo noi stessi davanti a Dio. Da solo, davanti a Dio l’uomo è polvere, vento, nulla. Per la grazia di Dio è la sua immagine ed è suo figlio. Magari potessimo dire come san Paolo: "Per la grazia di Dio sono ciò che sono, e la grazia di Dio non è stata vana in me" . Quale maniera diversa di vivere quando si vive nella verità! L’uomo umile fa sempre la verità nell’amore: la verità su se stesso, la verità sugli altri e la verità su Dio. Ti consiglio di guardarti nello specchio dell’umiltà per vedere se ti riconosci o se è tale l’impatto contrastante con la realtà che lo specchio non la sopporta e si rompe in mille pezzi. Non posso non affermare che una Chiesa di umili sarà una Chiesa più autentica, più fedele al disegno originale del suo Fondatore. Ciascuno di noi, con la sua umiltà, può contribuire in qualcosa.
2. Attenzione alla falsa umiltà! Abbiamo detto che l’umiltà è la verità, come insegna santa Teresa di Gesù. Esistono, tuttavia, forme apparenti di umiltà. Mancando loro la verità, tali forme non possono essere umiltà autentica. Ricordiamo alcune forme di falsa umiltà. Un chiaro caso è il complesso di inferiorità: "Io non valgo per questo incarico" , "Io non posso fare questo lavoro" , "Io non ho questa qualità" . A volte dietro tali frasi si nasconde una ingente pigrizia. Il più delle volte si nasconde un’astuta superbia che vuole evitare ad ogni costo di svolgere un cattivo ruolo e restare male di fronte agli altri. Umile è chi riconosce le sue qualità, il suo valore, i suoi buoni risultati, ma attribuisce tutto a Dio, come alla sua fonte. Altro esempio di falsa umiltà è non accettare la lode degli altri, rifiutare qualsiasi riconoscimento pubblico, dimostrare indifferenza davanti all’opinione altrui. Nel fondo molte volte è solo una posa per riassaporare di nuovo la lode ascoltata, o perché si torni ad insistere sui buoni risultati ottenuti, o per adulare i tuoi orecchi con la buona opinione di cui godi davanti agli altri. Umile, al contrario, è chi accetta la lode, ma la eleva a Dio; accetta il riconoscimento pubblico per la buona opera o la buona opinione degli altri su di lui, ma scopre in ciò un gesto di carità fraterna ed un’azione misteriosa di Dio. Un ultimo caso è quello di chi crede che tutto gli riesca male, che è nato sotto una cattiva stella, e che non c’è nulla da fare. In un tale individuo la superbia è così grande da renderlo cieco per vedere qualsiasi cosa buona che faccia; ha occhi solo per le cose cattive, o per i limiti e le imperfezioni delle cose buone. L’umile, piuttosto, sa vedere la bontà nelle cose, perfino in quelle che gli riescono male. E dice con san Paolo: "Per quelli che amano Dio tutte le cose contribuiscono al loro bene".