Il Papa: No alle colonizzazioni ideologiche

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«Questo popolo che era nato, che era cresciuto attorno alla legge del Signore, all’amore del Signore, tramite i suoi dirigenti, fa entrare nuove istituzioni, nuova cultura che fanno piazza pulita di tutto, di tutto: cultura, religione, legge, tutto. Tutto è nuovo»

«Nella prima lettura — ha infatti osservato subito il Pontefice riferendosi al passo tratto dal secondo libro dei Maccabei (6, 18-31) — abbiamo ascoltato il martirio di un uomo che è stato condannato a morire per fedeltà a Dio, alla legge, in una persecuzione: ci sono parecchi motivi di una persecuzione ma possiamo dirne tre principali».

C’è anzitutto «una persecuzione soltanto religiosa: io vado contro la tua fede perché la mia fede dice di no e col potere che ho faccio la persecuzione» ha spiegato Francesco. «Un’altra persecuzione, un altro motivo è un motivo religioso, culturale, storico, politico, religioso-politico» […]
E ancora, «un altro motivo di persecuzione — ha fatto presente il Papa — è puramente culturale: viene una nuova cultura che vuole fare tutto nuovo e fa piazza pulita delle tradizioni, della storia, anche della religione di un popolo: quello che accade nella lettura di oggi, il martirio di Eleàzaro, è proprio di questo stile culturale».

«Ieri è incominciato il racconto di questa persecuzione culturale» ha spiegato Francesco facendo riferimento ai passi biblici proposti dalla liturgia. «Alcuni — ha continuato — vedendo il potere e anche la bellezza magnifica di Antioco Epìfane, anche la cultura che veniva da quella parte, hanno detto: “Andiamo e facciamo alleanza con le nazioni che ci stanno attorno, siamo moderni, questi hanno una modernità più grande, questi sono proprio ‘al giorno’; noi andiamo con le nostre tradizioni, che non servono a niente».

A questo proposito il Pontefice ha voluto ripetere proprio le parole della Scrittura: «Parve buono ai loro occhi questo ragionamento e quindi alcuni del popolo presero l’iniziativa, andarono dal re che diede loro facoltà di introdurre le istituzioni pagane delle nazioni». E così, ha aggiunto Francesco, non chiesero di «introdurre le idee o introdurre gli dei, no: le istituzioni, cioè questo popolo che era nato, che era cresciuto attorno alla legge del Signore, all’amore del Signore, tramite i suoi dirigenti, fa entrare nuove istituzioni, nuova cultura che fanno piazza pulita di tutto, di tutto: cultura, religione, legge, tutto. Tutto è nuovo».

«La “modernità” è una vera colonizzazione culturale, una vera colonizzazione ideologica» ha rilanciato il Papa. E «così vuol imporre al popolo d’Israele questa abitudine unica, tutto si fa così, non c’è libertà per altre cose». Ma «alcuni accettarono perché sembrava buona la cosa: “No, ma è vero, dobbiamo essere come gli altri”». E «questa gente che arrivava alle nuove istituzioni — ha affermato Francesco — caccia via questo, toglie le tradizioni e il popolo incomincia a vivere in modo diverso».

Ecco che proprio «per difendere la storia, per difendere la fedeltà del popolo, per difendere le tradizioni, le vere tradizioni, le buone tradizioni del popolo, si fanno resistenze, alcune resistenze». La prima lettura odierna, ha spiegato il Pontefice, ci dice che «Eleàzaro non vuole: era un uomo dignitoso, molto rispettato e lui non vuole farlo». E come lui «tanti altri, nel libro dei Maccabei si racconta la storia di questi martiri, di questi eroi».

«Così va avanti sempre — ha proseguito — una persecuzione nata da una colonizzazione culturale, da una colonizzazione ideologica, che distrugge, fa tutto uguale, non è capace di tollerare le differenze». In particolare, ha affermato Francesco, «c’è una parola chiave nella lettura di ieri — tratta dal primo libro dei Maccabei — quando incomincia questo racconto: “In quei giorni uscì una radice perversa”», e «cioè Antioco Epìfane». Dunque, ha insistito il Papa, «si toglie la radice del popolo di Israele e entra questa radice, qualificata come perversa perché farà crescere nel popolo di Dio queste abitudini nuove, pagane, mondane e lo farà crescere col potere, col dominio». E «questo è il cammino delle colonizzazioni culturali che finiscono per perseguitare anche i credenti».

Del resto, ha affermato il Pontefice, «non dobbiamo andare troppo lontano per vedere alcuni esempi: pensiamo ai genocidi del secolo scorso, che era una cosa culturale, nuova: “Tutti uguali e questi che non hanno il sangue puro fuori e questi… Tutti uguali, non c’è posto per le differenze, non c’è posto per gli altri, non c’è posto per Dio”».

Ecco «la radice perversa», ha proseguito il Papa. «Davanti a queste colonizzazioni culturali che nascono dalla perversità di una radice ideologica — ha fatto notare — Eleàzaro, lui stesso, si fa radice: è interessante, Eleàzaro muore pensando ai giovani». Difatti, ha detto Francesco, «per tre volte, alla fine del racconto di oggi, si parla dei giovani». Eleàzaro afferma: «Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani un nobile esempio perché sappiano affrontare la morte prontamente e nobilmente». E ancora, «due volte in più parla dei giovani». Insomma «Eleàzaro, il martire, quello che dà la vita, per amore a Dio e alla legge, si fa radice per il futuro: cioè dà vita, fa crescere, fa crescere il popolo e davanti a quella radice perversa che è nata e fa questa colonizzazione ideologica e culturale, c’è quest’altra radice che dà la propria vita per far crescere il futuro».

«È vero, questo che è arrivato dal regno di Antioco era una novità» ha aggiunto il Papa, invitando a domandarci se «le novità sono tutte cattive, tutte». La risposta è «no». Del resto, «il Vangelo è una novità, Gesù è una novità, è la novità di Dio». Dunque «bisogna discernere le novità: questa novità è del Signore, viene dallo Spirito Santo, viene dalla radice di Dio o questa novità viene da una radice perversa?». E così «prima, sì, era peccato, non si poteva uccidere i bambini; ma oggi si può, non c’è tanto problema, è una novità perversa».

Di più: «Ieri le differenze erano chiare, come ha fatto Dio, la creazione si rispettava; ma oggi siamo un po’ moderni: tu fai, tu capisci, le cose non sono tanto differenti e si fa una mescolanza di cose». E «questa è la radice perversa: la novità di Dio mai fa una mescolanza, mai fa un negoziato; è vita, va di fronte, è radice buona, fa crescere, guarda il futuro».

Invece, ha affermato il Papa, «le colonizzazioni ideologiche e culturali guardano soltanto il presente, rinnegano il passato e non guardano il futuro: vivono nel momento, non nel tempo, e per questo non possono prometterci niente». E «con questo atteggiamento di fare tutti uguali e cancellare le differente commettono, fanno il peccato bruttissimo di bestemmia contro il Dio creatore». Perciò, ha ricordato Francesco, «ogni volta che arriva una colonizzazione culturale e ideologica si pecca contro Dio creatore perché si vuole cambiare la creazione come l’ha fatta lui».

Comunque, ha avvertito il Pontefice, «contro questo fatto che lungo la storia è accaduto tante volte c’è soltanto una medicina: la testimonianza, cioè il martirio». Ci sono alcuni, come Eleàzaro» che danno «la testimonianza della vita, pensando al futuro, all’eredità che darò io con il mio esempio. Nella maggioranza la testimonianza di vita: io vivo così, sì, dialogo con quelli che pensano altrimenti, ma la mia testimonianza è così, secondo la legge di Dio, secondo quello che Dio mi ha offerto».

Francesco ha suggerito di guardare l’esempio di Eleàzaro: «In quel momento lui non pensò: “lascio questo denaro a questo, lascio questo”, no, pensò ai giovani, pensò al futuro, pensò all’eredità della propria testimonianza, pensò che quella testimonianza sarebbe stata per i giovani una promessa di fecondità e davanti alla radice perversa lui stesso si fa radice per dare vita agli altri». Perciò, ha concluso il Pontefice, «questo esempio ci aiuti nei momenti forse di confusione davanti alle colonizzazioni culturali e spirituali che ci vengono proposte».

 

PAPA FRANCESCO, MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE, No alle colonizzazioni ideologiche, Martedì, 21 novembre 2017 – da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVII, n.268, 22/11/2017

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