Cyberbullismo: è proprio così?

Sharing is caring!

CyBERBULLISMO: Ė PROPRIO COSÌ ?
di Andrea Gasperini

Lo scorso 20 settembre la Camera ha varato con alcune modifiche rispetto al testo pervenutole dal Senato (cui è dunque tornato per la definitiva approvazione) un disegno di legge risultante da iniziative di parlamentari PD e M5S poi riunite, recante “disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”. La proposta di legge però suscita più d’una perplessità.

Anzitutto, viene spontaneo chiedersi se ve n’era effettivamente bisogno:  l’art. 1 del progetto –che pone la definizione di bullismo- lo qualifica come “l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, idonee a provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emar-ginazione, attraverso atti o comporta-menti vessatori, pressioni o violenze fisi-che o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni”.

Ebbene, appena pochissimi anni fa, è stato modificato l’art. 612-bis codice penale per consentire la punizione della condotte di c.d. stalking. Il testo attuale di tale articolo punisce, sotto il titolo di ‘atti persecutori’,  “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”: non è davvero difficile rilevare la pressoché perfetta sovrapposizione delle due ipotesi di reato.

Se a questo si aggiunge il fatto che già i giudici riconoscono il bullismo come ipotesi aggravante per l’aumento di pena e che già oggi le medesime condotte sono punite anche se commesse sul web (c.d cyberbullismo), si ha la conferma di quanto una nuova legge in materia sia superflua.

Sta di fatto che essa si pone nella scia di altri analoghi provvedimenti degli ultimi anni dettati da –vere o presunte- ragioni di urgenza: usura, omicidio stradale, femminicidio, riciclaggio ecc. ma dei quali la ragione sta spesso altrove.

Per il riciclaggio, ad esempio, non è difficile individuarla nell’intenzione di monitorare perennemente tutti i patrimoni stabilendo addirittura l’obbligo dei consulenti (commercialisti, avvocati e banche) di denunciare i propri clienti. Tutto questo quando, notoriamente, il fenomeno è confinato a ristrette aree del territorio nazionale.

Per il femminicidio l’intento evidente è quello di assecondare demagogicamente le istanze femministe non paghe del massacro della figura del padre-marito già da decenni operato dalla magistratura nei giudizi di separazione e divorzio.

Per tutti tali provvedimenti poi, è evidente l’intento della sinistra di introdurre nel corpo sociale sempre nuovi elementi di divisione, di odio, di ulteriore controllo statale creando, di volta in volta, sempre nuovi nemici. l’evasore, l’inquinatore, il sessista, l’omofobo.

Beninteso: veri o presunti tali: chi ha letto in noto romanzo 1984 di George Orwell non farà fatica a ritrovarvisi.

Anche nel caso del bullismo (e del cyberbullismo) i reali motivi della proposta di legge non sono difficili da individuare solo che ci si spinga un po’ avanti nell’esame del testo in discussione.

Il primo di essi emerge da una parola che spunta subito nel secondo comma dell’art.1. Ci si da cura infatti di precisare che le discriminazioni che si mira a punire sono quelle per motivi di “lingua, etnia, religione, orientamento sessuale, aspetto fisico, disabilità o altre condizioni personali e sociali della vittima”.

Ebbene, a parte la risibilità di discriminazioni per ragioni di lingua, non si può non notare come manchi quella, assai più rilevante per ragioni politiche sì che gruppi no global e collettivi del più vario genere potranno liberamente tiranneggiare compagni di scuola o di lavoro etichettandoli come razzisti, fascisti ecc.

Compare invece, se non andiamo errati, per la prima volta in un testo di legge penale, la discriminazione per orientamento sessuale. Il ricordo corre dunque al tentativo -allora (2013/2014) fortunatamente abortito- contenuto nel disegno di legge recante come primo firmatario l’on Ivan Scalfarotto (PD) di qualificare come reato (di omofobia) la semplice propaganda di idee contrarie alle cosiddette adozioni o nozze gay.

Non è dunque causale che, al successivo art. 3, si preveda la presenza nell’immancabile tavolo tecnico che dovrà  redigere un piano di azione per la prevenzione del bullismo, di associazioni con esperienza nelle tematiche di genere. E poiché tale tavolo sarà insediato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è lecito ipotizzare che, a deciderne la composizione, sarà l’Unar – Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali che opera appunto nell’ambito del Dipartimento delle pari opportunità di Palazzo Chigi.

Esso infatti, dall’epoca in cui vi sono stati preposti Elsa Fornero e poi l’on. Ivan Scalfarotto, ad onta del nome che evoca problemi razziali, ha avuto la mission di diffondere l’ideologia di genere (c.d. gender). E lo ha fatto, ad esempio, individuando come propri referenti una trentina di associazioni sparse per l’Italia, tutte di marca L.G.B.T., le stesse che presumibilmente ricompariranno ad occuparsi di bullismo.

Del resto, almeno fin dal 2013, la tematica del bullismo al gender ha costituito la chiave per introdurre quest’ultimo nelle scuole dal momento che i corsi di gender sono stati giustificati con il pretesto di combattere il c.d. bullismo omofobico.

Non è poi certamente un caso che, tra i firmatari dei disegni di legge (poi unificati) per la repressione del bullismo figurino sia la senatrice Monica Cirinnà (relatrice della legge sul matrimonio gay) che l’on. Ivan Scalfarotto: nomi che lasciano davvero pochi dubbi.

L’altro radicale motivo di perplessità circa il nuovo disegno di legge è dato dalla pletora di funzioni ed organismi che si vorrebbero creare; come qualcuno ha detto: una vera e propria ridondanza dell’inutile che conferma la combinazione in queste tematiche e nelle stesse persone dei promotori, di istanze del più puro statalismo vetero-marxista ed insieme di quell’anarco-individualismo di stampo radical-libertario che ispira invece i movimenti gay e femministi.

Nel disegno di legge sul bullismo si prevedono infatti: un piano di azione da definire da parte del tavolo tecnico di cui si è detto con periodiche relazioni, immancabili campagne informative, la predisposizione di linee guida da parte del M.I.U.R., la formazione del personale scolastico con un referente per ogni unità scolastica che sarà il coordinatore delle iniziative di prevenzione con l’ausilio della polizia postale; il ruolo attivo degli studenti e degli ex studenti (?) della scuola; l’istituzione di misure di sostegno dei minori; un sistema di governance del Ministero, il finanziamento di bandi per progetti ed azioni integrate sul territorio, l’obbligo per le scuole di formare all’uso consapevole del web quale “elemento trasversale alle discipline curricolari” nonché  continue “attività progettuali” delle scuole stesse, l’elaborazione di progetti da parte dei servizi sociali territoriali ed, infine puntuali informative alla famiglie: e tutta questa terrificante burocrazia –ci si consenta- per qualche (pur indegna) ragazzata che, fino a qualche anno fa, si poteva forse tranquillamente risolvere con due ceffoni del genitore, una sospensione da scuola, il 7 in condotta ed  il rinvio a settembre in tutte le materie.

*****

Se poi invece, vogliamo credere che il bullismo costituisca veramente un problema da affrontare addirittura con un’apposita legge, verrebbe da fare un’altra considerazione. A tale scopo piace ricordare quanto scriveva, in un libro di successo dei primi anni ’60 il cui solo titolo è tutto un programma: “Il suicidio dell’Occidente[1], il sociologo statunitense James Burnham, oramai divenuto esponente di spicco del movimento conservative dopo essere stato in gioventù un accesso trotzkista.

Egli notava come l’arrivo nelle scuole di falangi di psicologi, di funzionari dei servizi sociali e la sottoposizione degli alunni a terapie collettive di socializzazione e di recupero dei soggetti più a rischio, avesse solo provocato un aumento della delinquenza minorile.

Si era allora negli Stati Uniti in cui, l’intera società iniziava a mostrare gli effetti dell’onda lunga del new deal rooseveltiano. Come spesso accade (forse, fortunatamente), in Italia, le mode d’oltreoceano arrivano più tardi:  ecco dunque che, dopo decenni che dalla scuola, sull’onda del ‘68, si sono bandite la morale e la buona educazione e si sono invece riempiti i pomeriggi di riunioni infinite di programmazione, sperimentazione, innovazione didattica ecc., spuntano generazioni di bulli e ciber-bulli.

Ma se le cose stessero veramente così, se cioè il bullismo fosse veramente un fenomeno imponente, ciò nondimeno, la legge con cui lo si vorrebbe affrontare finirebbe solo, crediamo, per aggravarlo

Andrea Gasperini


[1] Ed italiana: I libri del Borghese, 1965