Femminicidio. Esiste davvero?

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 Uno dei metodi per diffondere l’omosessualismo con la scusa di prevenire la “violenza di genere”.

Premesso che anche uno è troppo, occorre documentarsi e riflettere

 La calunnia del femminicidio

 Il termine “femminicidio” è stato coniato da Maria Marcela Lagarde – una femminista comunista messicana – ed è divenuto popolare per via del  film “Bordertown”, che narrava delle migliaia di donne uccise nella città messicana di Ciudad Juarez.
Secondo la teoria femminista venivano uccise in quanto donne da maschi violenti nell’indifferenza della polizia.

Secondo la realtà, Ciudad Juarez (la vecchia El Paso dei film western, oggi situata sul confine con gli Stati Uniti) è diventata il crocevia mondiale del narcotraffico e la città con più omicidi al mondo, con la polizia impotente a fermare le guerre fra i cartelli della droga.
I becchini fanno gli straordinari tutte le sere, e l’80% dei circa 10 mila omicidi sono stati a danno di uomini.
Molti di questi omicidi vengono compiuti da donne killer, attive soprattutto nel cartello Los Zetas, preferite ai killer uomini perché meno sospettabili. In una retata  nel campo di addestramento per killer di San Cristobal de la Barranca la polizia catturò molte assassine.

Le più note sono Maria del Pilar Narro Lopez, alias “la comandante Bombon” e Maria Jimenez, che catturata dopo decine di omicidi ha confessato:

«noi donne lo facciamo per il denaro. Mi misi ad uccidere diventando sicario a tempo pieno insieme a ragazze così belle e con unghie grandi e affilate come coltelli che ispiravano pensieri inverecondi». [Corriere della Sera, 16/8/2011, “Le donne di Ciudad Juarez: vittime, madri e sicarie”].

Ma l’eroina delle femministe è Diana La Cazadora, l’assassina seriale che ammazza uomini.

Femministe occidentali notarono che “femminicidio” era un termine che colpiva la fantasia e consentiva di calunniare gli uomini.

E così il femminicidio è un fenomeno esploso in Italia dal 2010, ma solo sui media, che hanno diffuso questa parola inventata apposta per odiare gli uomini, per far credere che esista una strage di donne, per chiedere leggi secondo cui la vita di una donna ha più valore della vita di un uomo.

Secondo la propaganda femminista ripresa dalla stampa, l’ONU avrebbe detto che “femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni”.
Questa stupidaggine non la ha detta l’ONU, ma una femminista (Rashida Manjoo) che presiede un comitato femminista (CEDAW)  tollerato dentro l’ONU.
La realtà dei veri dati del vero ONU [2011 Global Study on Homicide, UNODC Homicide Statistics] è che:

  • L’Italia è uno dei paesi al mondo con il più basso tasso di omicidi femminili:  5 per milione all’anno, circa la metà che nei nostri paesi confinanti (9 per milione per anno in Francia, 7 in Svizzera, 13 in Austria…). Fra i grandi paesi, solo Giappone, Irlanda e Grecia hanno tassi minori.
    Una donna italiana ha, in tutta la sua vita, una probabilità dello 0.05% di subire un omicidio. Se non ci fossero altre cause di morte, una donna vivrebbe in media 200mila anni prima di subire un omicidio.
    Per fare un confronto, è la stessa probabilità di morire in un incidente con un trattore: in entrambi i casi circa 150 decessi all’anno [Dati ASPAS 2010].  Nessuno parla di ‘trattoricidio’.
    Il numero di donne che si suicidano (22 per milione per anno) è più del quadruplo di donne vittime di omicidio.
    Nessuno parla di “auto-femminicidio”.
    Unico vero numero da strage è quello dei bambini abortiti (7800 per milione di donne per anno, per un totale di 5 milioni dal 1982 ad oggi nella sola Italia).
  • In Italia il tasso di omicidi maschili è di 16 per milione all’anno, cioè vengono uccisi più di 3 uomini per ogni donna uccisa.
    Sia uomini che donne uccidono in prevalenza uomini: circa 400 ogni anno.
    Le donne assassine uccidono nel 39% dei casi donne, e nel 61% dei casi uomini.
    Gli uomini assassini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini. [Ministero dell’Interno, Rapporto sulla Criminalità, “Gli omicidi volontari”, Tabella IV.18, “Genere della vittima secondo il genere dell’autore di omicidio commesso in Italia tra il 2004 e il 2006”].
    Ricerche criminologiche indicano che il numero di donne assassine è sottostimato in quanto le donne hanno maggiore tendenza a commissionare omicidi e ad uccidere avvelenando.
    Nessuno parla del ‘maschicidio’.
    In Italia il tasso di suicidio di uomini separati è di 284 per milione all’anno [Dati EURES 2009]. Nessuno ne parla, sebbene si tratti di una vera strage di stato: il tasso di suicidi si quadruplica con la separazione, anche a causa delle sentenze  che privano i papà dei loro figli, della loro casa, del loro reddito.
  • Il femminicidio non esiste in nessun paese al mondo: ovunque vengono uccisi più uomini che donne. Gli unici paesi nei quali il tasso di donne uccise è quasi pari al tasso di uomini uccisi sono quelli che hanno adottato politiche femministe (47% di omicidi femminili in Croazia, 41% in Norvegia…) o dove le donne partecipano alla vita pubblica (49% di omicidi femminili in Germania, 48% in Svizzera…).
    Viceversa, il tasso di omicidio di donne è una piccola percentuale del totale di omicidi nei paesi dove molte donne preferiscono il ruolo femminile tradizionale (7% in Grecia, 18% in Irlanda, 23% in Italia…).

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La realtà è l’opposto dell’ideologia femminista, secondo cui esisterebbe un “patriarcato” che opprime ed uccide le donne.

Riassumendo:

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Come mai il fenomeno più piccolo di tutti, gli omicidi di donne, riceve l’attenzione maggiore?

In parte è perché gli omicidi, pur essendo una causa di morte statisticamente marginale, ricevono molta attenzione sui media.  Questo causa una percezione distorta della realtà, similmente a come accade per gli incidenti aerei:  sono eventi così rari che finiscono in prima pagina, mentre gli incidenti stradali sono così frequenti che non fanno notizia. Gli aerei, il mezzo di trasporto più sicuro, vengono così percepiti come pericolosi.  Allo stesso modo gli omicidi più rari, quelli di donne, attirano più attenzione.

Ma soprattutto, grazie a campagne di disinformazione finalizzate a costruire l’allarmismo del femminicidio, gestiste da professioniste che farebbero invidia a Wanna Marchi. Lo scopo è ottenere leggi che discriminano contro gli uomini, che radicano nella legge la falsa ideologia femminista [Convenzione di Istanbul, per ora ratificata da Montenegro, Albania, Turchia, Portogallo e Italia ma non dai paesi seri] ma soprattutto far avere un ruolo istituzionale e finanziamenti pubblici per i centri anti-violenza e per le avvocate femministe:

«Norme per il contrasto al femminicidio.
il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa può intervenire in giudizio …
La gestione delle case e dei centri delle donne è assicurata attraverso convenzioni…
Agli oneri derivanti dalla presente legge, pari a 85 milioni di Euro…» [Decreto-Legge 14 agosto 2013, n. 93 — Gazzetta Ufficiale]

Il decreto legge italiano sul “femminicidio” prevede infatti che le donne non possano ritirare le denunce e che lo stato le rimborsi anche in deroga ai limiti di reddito: il chiaro intento è tutelare le parcelle, non le donne.

È la stessa fondatrice dei centri anti-violenza per sole donne a dire che le femministe li usano per calunniare gli uomini e privare i bambini dei loro papà.

 

fonte: https://violenzafamiliare.wordpress.com/2013/08/19/la-calunnia-del-femminicidio/