di Mons. Luigi Negri
(vescovo di San Marino-Montefeltro)
Disposizioni in contrasto
Ora, la questione fondamentale sembra esser questa: un autentico impegno ecumenico, e quindi una capacità di realizzare iniziative a carattere interreligioso, è possibile nella misura in cui si riduce, quando non si elimina totalmente, l’impegno missionario della Chiesa. Il dialogo ecumenico e interreligioso sarebbe un’alternativa alla missione normale della Chiesa che, in quanto si presenta come missione, sembra peccare, per moltissimi operatori dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, di atteggiamenti invasivi, non rispettosi degli interlocutori. Quindi si potrebbe dire: o missione o dialogo.
Che è la posizione esplicitamente contraddetta da Giovanni Paolo II nella Ut unum sint e nella Redemptoris missio. L’altra posizione obiettiva è invece quella che vede la capacità ecumenica e di dialogo interreligioso come espressione della vita della missione, come espressione matura e significativa della missione. Non allora «o missione o dialogo», ma: «missione e quindi dialogo» (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 7 dicembre – nel XXV anniversario del decreto conciliare Ad gentes – dell’anno 1990).
La Chiesa non può vivere senza missione, pena la perdita della sua identità. Se il centro del suo cuore e della sua attività non è questa volontà, questo dinamismo fatto di cultura e di carità, il dinamismo per portare Cristo di fronte al cuore di ogni uomo, cadrebbe in contraddizione e si annullerebbe. La missione della Chiesa è riaprire continuamente il dialogo fra Cristo e il cuore dell’uomo.
La Chiesa ha vissuto sempre la sua missione nelle circostanze più diverse della sua vita, nei momenti di gloria (come possono essere stati alcuni momenti della grande civiltà cristiana medioevale) o nell’orrore dei campi di concentramento o dei gulag e dei campi di sterminio, dove aderenti alle diverse confessioni cristiane e aderenti alle diverse religioni hanno sacrificato la propria vita per affermare la bellezza e la verità della fede contro la violenza del potere totalitario. Forse in quegli anni, in quell’essere gomito a gomito di fronte al potere, in quel morire per l’affermazione di Cristo di fronte al potere, sono state scritte le pagine migliori dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso.
La missione è «erga omnes»
Pensare che l’evangelizzazione chiara riduca la libertà dei nostri interlocutori è cedere, totalmente alla mentalità laicista che domina il mondo di oggi, che ritiene la verità oppressiva della libertà.
Per un’autentica coscienza della fede questo risulta inconcepibile: come se ci fosse una via alla salvezza che prescinde dall’avvenimento di Cristo, dall’incontro con Lui, dalla sequela di Lui e dalla conversione a Lui, così come è presente misteriosamente, fino alla fine dei tempi, nella sua Chiesa che è il suo Corpo e il suo Sacramento.
Uno dei maggiori costituzionalisti moderni, ebreo di stretta osservanza, il prof. J.H.H. Weiler, ritiene che l’espressione più significativa del magistero di Giovanni Paolo II in ordine alle questioni dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso sia proprio la Redemptoris missio. È interessante ricordare questa sua affermazione che per certi aspetti sembra risolvere in maniera adeguata tante questioni ancora aperte in campo cattolico: «L’affermazione senza compromessi della verità, quella verità che potrebbe sembrare offensiva, è necessaria proprio per l’unicità della mia identità. Ma, al tempo stesso, è un’affermazione dell’alterità dell’Altro. È un riconoscimento della sua Alterita, della sua identità. In questo senso, è profondamente rispettosa di lui, è precisamente ciò che fa di lui lui e di me me».
Che la Madre del Signore ci consenta di imparare dalla verità delle testimonianze, di cristiani e no, e non da troppi nostri discorsi astratti.