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Gesù è atterrato in Congo. Con due mesi di ritardo

È il tempo che una notizia della Chiesa può impiegare per arrivare da Roma a una regione del centro Africa. La testimonianza di don Raphaël Dila della diocesi di Mbujimayi. Un serio problema di comunicazione, per l’agenda del Vaticano

di Sandro Magister ROMA, 19 luglio 2007 – Al centro dell’Africa c’è la Repubblica Democratica del Congo. E al centro del Congo, nella provincia del Kasai Orientale, c’è la diocesi di Mbujimayi.

Raphaël Dila Ciendela, 44 anni, prete della diocesi di Mbujimayi, ha saputo solo all’inizio di giugno che papa Benedetto XVI aveva pubblicato – quasi due mesi prima, il 16 aprile – un libro intitolato "Gesù di Nazaret":

"L’ho saputo per caso, conversando con un amico prete, rettore del seminario della mia diocesi, che aveva ricevuto il volume da un confratello appena rientrato dall’Europa".

Poi è capitato anche a don Raphaël di recarsi in viaggio in Europa. E così ha potuto vedere per la prima volta con i suoi occhi una copia del volume:

"Era il 21 giugno ed ero da poco arrivato in Italia. Ho visto il libro a casa di un mio amico di Pisa. L’ho finalmente acquistato per me nell’edizione francese, a Bordeaux, l’11 luglio, festa di san Benedetto".

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Il caso di don Raphaël è un esempio lampante di quanto siano incerte le comunicazioni tra la Chiesa di Roma e le Chiese di alcune aree del mondo.

L’esempio è tanto più rivelatore in quanto don Raphaël non vive in un villaggio sperduto della foresta equatoriale, dove la religione cattolica sia a mala pena arrivata.

La Repubblica Democratica del Congo, grande otto volte l’Italia e con una popolazione di circa 55 milioni di abitanti, è il primo paese africano per numero di cattolici, 30 milioni.

Nella diocesi di Mbujimayi i cattolici sono oltre 2 milioni, più della metà della popolazione. Don Raphaël vi ha un incarico di grande responsabilità: è amministratore diocesano delle scuole pubbliche, che in Congo sono sia le private che le statali, dalle materne alle superiori.

Ordinato prete nel 1989, ha insegnato in seminario, è stato parroco, ha presieduto la commissione diocesana per la famiglia. Poi è stato mandato a Roma a continuare gli studi.

Alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino ha conseguito nel 2005 il dottorato in teologia, con una brillante dissertazione pubblicata in un libro dal titolo "Mariage et virginité. Contribution à la compréhension du ‘Bien conjugal’ de Saint Augustin à la lumière du magistère contemporain". All’università statale di Roma "Tor Vergata" ha conseguito un master in filosofia.

Durante questi suoi studi ha prestato servizio nelle parrocchie di Aggius e di Aglientu, in Sardegna, benissimo accolto dalla popolazione.

Oltre al chiluba, la lingua della sua regione, parla correntemente il francese, che in Congo è la lingua ufficiale, e l’italiano. Conosce l’inglese e il tedesco.

Si è fatto una biblioteca personale piccola di mole ma ricca di opere e di autori importanti. Da un anno però i suoi libri restano imballati in Italia, in attesa di una "finestra" di relativa pace in Congo che ne consenta la spedizione a Mbujimayi.

In Italia era un lettore assiduo di www.chiesa, iscritto alla Newsletter.

Ma da quando è tornato in Congo, per lui è ridiventato molto difficile essere costantemente informato sulla vita della Chiesa mondiale.

Nella diocesi di Mbujimayi le linee telefoniche fisse sono pochissime. Per accedere a internet, nelle città ci sono gli internet point. Ma anche qui i collegamenti sono molto aleatori.

Racconta don Raphaël:

"Anzitutto la corrente elettrica va e viene. Quando c’è, spesso manca il segnale d’accesso a internet. Nei rari momenti in cui tutto funziona, agli internet point si forma una coda. Aspetti pazientemente in fila e quando tocca a te può capitare che vada via di nuovo la corrente o cada il segnale. Se torni l’indomani la storia è la stessa".

I telefoni cellulari?

"Sono lo strumento che ci collega al mondo. Ma solo in alcune zone sono utilizzabili. Dove non c’è campo ci vuole il costoso telefono satellitare, che però solo pochissimi possono permettersi".

I giornali?

"Praticamente non esistono. Anche nella capitale Kinshasa, con 7 milioni di abitanti, è impossibile trovare un edicola".

La televisione?

"A Mbujimayi vi sono delle piccole emittenti locali. Ma i loro programmi sono modestissimi e fuori dalle città non c’è la corrente elettrica per captarli. Le grandi tv occidentali, le sole che fornirebbero informazione, esigono l’antenna parabolica, che però è molto costosa".

Le radio?

"Almeno queste arrivano quasi dappertutto. Gli apparecchi funzionano a pila e ci si può sintonizzare su numerose radio locali FM. Per le informazioni ci si collega preferibilmente a radio straniere come Voice of America, BBC, Radio France Internationale, Deutsche Welle. Anche la Radio Vaticana può essere captata in Congo, sulle onde corte".

Vi sono delle radio cattoliche?

"Alcune diocesi se ne sono dotate. Anche la diocesi di Mbujimayi ha una sua radio, che rilancia parte delle trasmissioni della Radio Vaticana e dà informazioni sulla vita della Chiesa, sia in francese che in chiluba".

E i libri?

"A Mbujimayi c’è una sola libreria, tenuta da missionari cattolici. I libri sono in francese. Ma da noi c’è una battuta che dice: ‘Se vuoi nascondere una cosa a un congolese, infilala in un libro. Non lo aprirà mai’. La battuta ha un fondo di verità anche perché i libri sono terribilmente costosi, rapportati ai miseri salari di qui. Così, anche chi desidera leggere non può permettersi di farlo".

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Conclusione della storia. In Vaticano la segreteria di stato, la pontificia commissione per le comunicazioni sociali e gli altri responsabili dei media dovrebbero mettere in cima all’agenda proprio questo problema: con quali mezzi fare arrivare con tempestività le notizie e i documenti da Roma alla diocesi di Mbujimayi e a tutte le altre porzioni di Chiesa che si trovano in una situazione simile, non solo in Africa.

Tanto più che queste porzioni di popolo cattolico non sono la retroguardia della Chiesa. Sono spesso le sue componenti più giovani e vive, di fede più fervente, di più forte espansione missionaria. Sono il suo futuro.