(www.chiesa) Il ritorno della Confessione

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Nuove tendenze: il ritorno al confessionale

I segnali
sono timidi ma costanti. L’ultimo è venuto da Loreto, dove dodicimila
giovani hanno ricevuto il sacramento del perdono, incoraggiati dal
papa. E nei seminari ricompaiono i testi su cui studiare i "casi di
coscienza"

di Sandro Magister

ROMA, 6 settembre 2007 – Nei due giorni dell’incontro tra Benedetto XVI
e i giovani accorsi a Loreto in centinaia di migliaia dall’Italia e da
molti paesi del mondo, è accaduto un fatto inatteso per intensità e
dimensione: un accesso di massa alla confessione sacramentale.

Tra sabato 1 e domenica 2 settembre, nella grande spianata sotto la
cittadina e il santuario della Madonna, 350 sacerdoti hanno confessato
ininterrottamente dalle 2 del pomeriggio fino alle 7 del mattino,
assediati da dodicimila giovani in attesa di perdono.

Ma anche prima della venuta del papa il rito della penitenza ha
fatto parte per numerosi giovani della preparazione all’evento. I
percorsi di pellegrinaggio che convergevano su Loreto comprendevano
quasi tutti la tappa della confessione sacramentale. È stato così
all’Abbazia di Fiastra, divenuta a momenti un immenso confessionale. È
stato così al santuario di Canoscio, sui monti dell’Appennino. Ogni
volta con decine e decine di preti impegnati contemporaneamente ad
amministrare il sacramento.

Non si tratta di una novità assoluta. Anche nelle Giornate Mondiali
della Gioventù tenute a Roma nel 2000 i giovani si confessarono in gran
numero: centoventimila in tre giorni, nell’immenso stadio della Roma
pagana, il Circo Massimo, trasformato in confessionale a cielo aperto.

Ma quella che allora parve una fiammata effimera si è poi rivelata
una tendenza duratura. E in espansione, specie nei santuari e nei
grandi raduni. Certo, in percentuale le quote di chi tra i giovani
cattolici si confessa sono tuttora minime. A Loreto meno del 5 per
cento dei presenti. Ma l’inversione di tendenza è in atto, rispetto
alla quasi scomparsa, anni fa, della pratica del sacramento.

E poi, più che i numeri, parlano i segni. Il vedere che tanti
giovani si confessano per loro libera scelta, dentro un evento
religioso che è sotto l’osservazione di tutti, trasmette il messaggio
che la confessione non è più un sacramento in disuso ma torna ad essere
praticata ed amata.

Benedetto XVI risolutamente incoraggia questa ripresa della
confessione, specie tra i giovani. È stata sua la scelta di dedicare un
intero pomeriggio, il giovedì precedente la scorsa Settimana Santa,
alla celebrazione del sacramento della penitenza in San Pietro,
scendendo lui stesso nella basilica a guidare la celebrazione, a
predicare e a confessare.

Confessione individuale, non collettiva. Perchè, in effetti, fu
questa la prassi che si diffuse spontaneamente all’indomani del
Concilio Vaticano II, soprattutto in Centroeuropa, nel Nordamerica, in
America latina, in Australia: quella di impartire assoluzioni generali
a interi gruppi di fedeli, dopo un loro "mea culpa" altrettanto
collettivo.

Questo non è mai stato l’indirizzo di Roma. L’unica assoluzione
collettiva autorizzata – anche dopo l’aggiornamento del rito nel 1974 –
è in pericolo di morte, ad esempio per un battaglione in guerra, oppure
in assenza drammatica di sacerdoti rispetto al numero dei penitenti
presenti; sempre però con l’obbligo a chi ha beneficiato
dell’assoluzione collettiva di presentarsi "quanto prima, massimo entro
un anno" da un sacerdote, per confessargli individualmente i propri
peccati gravi.

Nonostante ciò, la pratica dell’assoluzione collettiva è continuata
in numerose diocesi del globo. L’intento dichiarato dei suoi promotori,
anche vescovi, era di salvare il sacramento da un abbandono in massa.
Ma il risultato fu proprio di accelerare tale abbandono.

Anche nei seminari e nelle facoltà teologiche la confessione
collettiva ha avuto e ha i suoi fautori. Un teologo moralista che se ne
è fatto paladino è Domiciano Fernandez, spagnolo, claretiano, in un
libro stampato in Italia dall’editrice Queriniana, "Dio ama e perdona
senza condizioni", con la prefazione partecipe del liturgista Rinaldo
Falsini, francescano.

Il calo della pratica di questo sacramento è andato di pari passo,
nei seminari, con l’abbandono di un insegnamento mirato alla
preparazione pratica di buoni confessori. Da alcuni decenni i "casi di
coscienza" hanno cessato di essere materia di studio.

Anche qui, però, vi sono oggi dei segnali di inversione di
tendenza. Questa estate è uscito in Italia, edito da Ares, un libro di
uno stimato teologo moralista, Lino Ciccone, consultore del pontificio
consiglio per la famiglia, dal titolo: "L’inconfessabile e
l’inconfessato. Casi e soluzioni di 30 problemi di coscienza".

Come il titolo fa intuire, nel libro sono elencati 30 "casi di
coscienza", seguiti da altrettante linee di soluzione. I casi, molto
calati nella vita reale, spaziano dall’aborto alla pratica omosessuale,
dal divorzio alla corruzione finanziaria. Il volume è espressamente
scritto per chi si prepara al sacerdozio, come "libro di esercizi" da
affiancare ai testi di morale generale.

Ma vale anche per chi è già sacerdote e già confessa. E ha in animo di confessare di più e meglio.